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Quesito

Caro Padre Angelo,
leggo quasi quotidianamente la Sua rubrica “Un sacerdote risponde” e trovo che spesso da risposte a domande che sono anche mie. In riferimento a “Botta e risposta su questioni ed errori che separano gli evangelici dai cattolici”, ed in particolare alla domanda “Come mai i preti cattolici non si possono sposare?” Lei risponde “Solo i preti della Chiesa cattolica latina devono essere celibi, quelli della Chiesa cattolica orientale possono essere anche sposati.”. Mi permetto di porLe alcune domande.
Se la Chiesa “trova molte convenienze dottrinali e pastorali” nel celibato dei sacerdoti, perchè queste convenienze dovrebbero essere riservate ai soli sacerdoti della Chiesa cattolica latina? Perchè le Chiese orientali, o le diocesi di rito greco albanese nel sud Italia non potrebbero giovarsi di queste “convenienze”? E, mi scusi, quali sono?
Sempre sul celibato dei sacerdoti. Un prete è, e deve essere, una figura di riferimento. Spesso mi trovo a confrontarmi con colleghi ed amici, anch’essi mariti e padri, sulle esperienze di vita coniugale, sull’educazione dei figli e così via. Questi sono ovviamente argomenti dei quali non posso discutere con un sacerdote che ne è completamente allo scuro, che non ha vissuto sulla propria pelle. O quando ho provato a farlo non ho ricevuto risposte esaustive, ma sempre vaghe, come di un avvocato che abbia studiato il codice senza mai aver affrontato un processo. Non sarebbe altrettanto conveniente che un sacerdote viva le stesse esperienze che i suoi parrocchiani si trovano a fronteggiare quotidianamente?
L’ultima domanda. Ho letto che il voto di castità è riservato ai soli monaci e frati mentre non viene richiesto ai sacerdoti per i quali vale il solo celibato. Ma la Chiesa condanna i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, così come più volte Lei stesso ha sottolineato. Quindi se un sacerdote deve essere celibe, dovrebbe anche essere casto. Sbaglio?
La ringrazio per l’attenzione che mi ha concesso.
Carlo


Risposta del sacerdote

Caro Carlo, 1. Il celibato dei sacerdoti è una realtà antichissima.
Scrive il biblista Ignace de la Potterie: “C’è un accordo generale tra gli studiosi per dire che l’obbligo del celibato o almeno della continenza è diventato legge canonica fin dal IV secolo…
Ma è importante osservare che i legislatori del IV o V secolo affermavano che questa disposizione canonica era fondata su una tradizione apostolica. Diceva per esempio il Concilio di Cartagine (del 390): Conviene che quelli che sono al servizio dei divini misteri siano perfettamente continenti affinché ciò che hanno insegnato gli apostoli e ha mantenuto l’antichità stessa, lo osserviamo anche noi” (I. DE LA POTTERIE, Il fondamento biblico del celibato sacerdotale, in Solo per amore. Riflessioni sul celibato sacerdotale, pp. 14-13).
Se già gli apostoli lo richiedono, come dice il Concilio di Cartagine, significa che dei motivi ci sono. E sono evidenti per tutti al punto che ci si dovrebbe porre la domanda non sul celibato dei preti, ma perché vengono ordinati preti degli sposati.

2. Le convenienze o motivazioni teologiche che si portano a favore del celibato sono le seguenti:
– l’ordine sacro imprime nel fedele un sigillo (carattere) che trasforma ontologicamente il sacerdote, lo conforma a Cristo e instaura una particolare relazione con lui. Il sacerdote è a disposizione totale di Cristo, gli appartiene. “Ne costituì Dodici che stessero con lui” (Mc 3,14).
– tenendo presente il particolare posto che il sacerdozio occupa nella Chiesa, sembra del tutto coerente che colui che rappresenta Cristo Sacerdote che si offre al Padre per dare la vita per la Chiesa, ripeta anche la condizione celibataria di Cristo. Il sacerdote pertanto vive per la Chiesa, facendo di se stesso un’offerta viva a Dio per i propri fedeli.
– è conveniente che il sacerdote, che predica con autorità il Vangelo, sia anche il primo farne proprie le indicazioni esistenziali più radicali. Come potrebbe il sacerdote esortare gli altri a lasciare tutto per seguire Cristo povero, casto e obbediente se lui per primo non ne desse testimonianza?
– vi sono infine altre motivazioni derivate, come la maggiore disponibilità per i fratelli, la maggiore libertà d’azione e la dedizione totale a Dio tipica delle persone che vivono nella verginità. Dice San Paolo: “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore” (1 Cor 7,32) e stare “uniti al Signore senza distrazioni” (1 Cor 7,35). Non ti sei mai chiesto come mai le chiese ortodosse non abbiano mai avuto zelo missionario? L’evangelizzazione dell’Africa e dell’Africa non ha impegnato purtroppo le chiese ortodosse.

3. Mi chiedi perché le chiese orientali non si avvalgono delle convenienze del celibato.
Se tu ascoltassi i vescovi delle Chiese orientali ti direbbero che il celibato è una realtà preziosissima e la invidiano alla Chiesa latina. Per questo esortano al celibato, anche se non lo impongono per rispettare una tradizione che si è imposta.
Come sai, le chiese orientali si avvalgono di queste convenienze tanto che i vescovi sono assunti solo tra i sacerdoti celibi.

4. Mi dici che il prete non ha le esperienze dei padri di famiglia, per cui le sue risposte ai problemi degli uomini sono come quelle di un avvocato che abbia studiato il codice senza mai aver affrontato un processo.
L’obiezione non tiene un granché perché dovremmo dire che una psicologa non può rispondere in maniera adeguata ai problemi dei maschi perché lei è donna. Ugualmente un esperto di psicologia non potrebbe dare risposta adeguate a pazienti donne perché non ha il vissuto femminile.
Tu mi porti una tua esperienza personale. Ti sei rivolto ad un prete e hai ricevuto risposte evasive.
Può darsi che quel prete, da uomo prudente, prima di dare consigli, si sia detto: “qui è necessario essere cauti, questa persona non la conosco. Prima di dare una risposta non perfettamente adeguata è meglio rimanere sulle generali”.
Se avessi continuato ad avere una frequentazione con quel sacerdote, forse avresti ricevuto risposte più puntuali.
Potrei anche dirti che il sacerdote, sebbene non abbia una famiglia, tuttavia è vissuto in famiglia, spesso vive nella sua stessa famiglia, sente i problemi dei suoi fedeli come se fossero suoi. Ha davanti a sé i problemi non di una sola famiglia, ma di tante famiglie e talvolta di generazioni di famiglie. Allora forse cambieresti parere e diresti che è un esperto di umanità.
Molti sacerdoti delle chiese orientali hanno moglie e figli. Non mi risulta che siano più esperti dei sacerdoti celibi. Anzi ti posso dire che la gente va più volentieri dai sacerdoti celibi che da quelli sposati.
Senza dire che se un sacerdote sposato avesse moglie e figli con problemi vari, uno potrebbe dire al sacerdote: insegni prima ai suoi, e poi venga a insegnare a noi.
Ma qui andiamo forse fuori tema. Perché dimentichiamo che il sacerdote è essenzialmente uomo di Dio. Sicché deve aver con Lui una familiarità simile a quella di Mosè.

5. Il voto di castità non è legato solo ai monaci e ai frati, ma anche ai religiosi, alle religiose e ai laici consacrati.
Il prete non fa propriamente voto di castità, ma promessa di celibato.
Praticamente l’impegno è lo stesso. Anche il prete è tenuto ad essere casto, e tanto più perché è prete.
Ma il vincolo nei consacrati è maggiore, tant’è che quando un sacerdote religioso chiede la dispensa per tornare allo stato laicale, deve ottenere dal Sommo Pontefice una duplice dispensa: dagli obblighi dell’ordine sacro e dai voti. Mentre il prete chiede solo quella dall’ordine sacro.
E il Sommo Pontefice può dare l’una, ma non l’altra, e, dando l’una può commutare l’altra con qualche pratica penitenziale.

Ti ringrazio, Carlo, per tutte queste domande. Sono contento che tu segua il sito e ti riconosca in tante problematiche suscitate.
Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo