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Quesito

Gentile Padre Angelo,
Le scrivo per avere un Suo autorevole parere in merito ad una questione, che ad alcuni potrebbe sembrare di dettaglio, dettata da una curiosità una mal posta o, peggio, dalla pretesa di potere comprendere (nel senso etimologico del termine) il Mistero di Dio. Al contrario, essa nasce da un desiderio di un’immedesimazione reale e sempre più autentica con il Signore, come quello espresso dall’espressione di una preghiera in cui S. Anselmo, rivolgendosi a Dio, diceva: “Tu che mi fai chiedere, concedi!”.
La questione sarebbe questa:
Posto che Dio fosse Trinità prima dell’Incarnazione e nascita (nel tempo) di Gesù, cosa comporta in Dio tale Incarnazione e nascita (e potremmo dire anche sviluppo nella vita terrena di Gesù)? Implica un mutamento cui Dio andrebbe incontro? Ma come potrebbe, del resto, se in sé perfetto e dunque immutabile? Più prosaicamente, forse, ed insistendo sulle conseguenze si potrebbe dire: dov’era il corpo di Gesù prima della sua Incarnazione? Era già vero uomo e vero Dio? Ma come potrebbe essere, senza che Gesù fosse nato nel tempo?
Ciò porterebbe dunque a chiedere di conseguenza: come potrebbe l’Incarnazione e nascita nel tempo di Gesù non comportare contemporaneamente un mutamento dell’essenza divina?
La stessa cosa, poi, potrebbe forse porsi anche in senso inverso, per così dire: dopo la Resurrezione di Cristo, mi pare di poter dire che qualcosa di “sostanziale” (benché forse usato in maniera impropria) muti in Lui: Egli risorge in anima e corpo (sicuramente “trasfigurato” come corpo glorioso). Di nuovo, non comporterebbe questo l’esigenza di porre in Dio un principio di mutamento e dunque di imperfezione? Non sono sicuro di quanto sto per dire, ma mi pare si possa affermare che la natura corporea di Cristo non gli fosse accidentale — benché sottoposta ad una necessità condizionata, una necessità la cui validità dipende dalla previa scelta di Dio di incarnarsi: una volta che Dio ha deciso di diventare uomo, il fatto di essersi incarnato non Gli è più accidentale.
Non so se ha già risposto altrove a questioni analoghe, che possono essermi sfuggite. Nel caso, Le chiedo perdono in anticipo.
Spero che capisca che queste domande, come dichiarato in apertura, non nascono da un vezzo intellettuale (benché l’abito possa ingannare), ma da una sincera passione per la fede e la sua ragionevolezza (che non vuol dire certamente “misurabilità”). 
Un caro saluto,
Giacomo


Risposta del sacerdote

Caro Giacomo,
1. è necessario innanzitutto riconoscere che il nostro modo di parlare incespica e fatica quando parla di Dio e delle sue azioni, perché facilmente trasferiamo il nostro modo di vedere e di comprendere che è intrinsecamente legato allo spazio e il tempo a Dio stesso, che è nell’eternità, e pertanto al di fuori dello spazio e del tempo.
Diciamo ad esempio “quando Dio ha creato il mondo” e senza accorgercene introduciamo in Dio un prima e un poi.
E pensiamo alle sue azioni come quando pensiamo ad una persona agisce, che prima progetta l’azione, poi la comanda, poi la guida passando così in continuazione dalla potenza all’atto.

2. In Dio non avviene questo perché egli è, come già riconosceva il grande filosofo Aristotele, il motore immobile.
In Dio non vi è il divenire perché divenire è la stessa cosa che acquisire qualcosa che prima non si aveva.
Dio invece è atto puro, perfezione somma.
Nel suo agire non passa dalla potenza all’atto.
Ne segue che non è passato dalla potenza all’atto neanche con il suo atto di creazione.

3. Che cosa è avvenuto in quel momento?
È avvenuto che il mondo che prima esisteva ab aeterno nella mente di Dio, ha cominciato ad esistere anche fuori del pensiero di Dio,
In quel momento non è mutato Dio.
Sono mutate invece le creature, che prima esistevano in Dio e in quel momento hanno cominciato anche ad esistere in se stesse.
Hanno iniziato ad esistere in un determinato tempo, in una successione di momenti determinati e voluti da Dio ab aeterno.

4. Fin qui tutto sembra chiaro, sempre ricordando che incespichiamo quando parliamo dell’agire di Dio.
In ogni caso rimane assodato che Dio è immutabile.

5. Le cose cominciano a presentare difficoltà quando si passa a parlare dell’incarnazione e della risurrezione di Nostro Signore, perché la natura umana di Cristo inserisce nella sua Persona divina.
Essendovi dunque mutamento nella natura umana di Cristo, verrebbe da concludere logicamente che vi sia stato un mutamento nella sua Persona divina, e cioè in Dio.

6. Ci viene in aiuto San Tommaso, il quale nella Somma teologica, III, 2, 4 ricorda che “la persona di Cristo può essere considerata sotto due aspetti.
Primo, per quello che è in se stessa. E sotto tale aspetto è assolutamente semplice, come anche la natura del Verbo”.
 In altri termini nella persona e nella natura divina di Cristo non vi è alcun movimento, alcun passaggio.
“Secondo, per la sua caratteristica di persona in quanto è sussistente in una determinata natura.
Ma in questo senso la persona di Cristo sussiste in due nature”. 
Con ciò si comprende che il cambiamento avviene nella natura umana assunta dal Verbo, e non già nella sua natura divina.

7. Ne segue ad esempio che possiamo dire che Dio ha patito.
Precisando però che ha patito nella natura umana assunta dal Verbo, ma non nella sua natura divina.

8. Infine una precisazione: quando hai scritto il quesito ti sei espresso così: “Posto che Dio fosse Trinità prima dell’Incarnazione e nascita (nel tempo) di Gesù”. Sembra un’affermazione ipotetica.
Sarebbe stato più corretto dire: “Posto che Dio è Trinità prima dell’incarnazione e della nascita di Gesù”.
Come vedi, soprattutto in teologia dogmatica è necessario essere precisi nel linguaggio. Una leggera sfumatura può dare origine ad un’eresia.

Ti ringrazio del quesito e mi complimento per il tuo desiderio di conoscere più a fondo il mistero di Dio.
Augurandoti ogni bene, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo