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Quesito

Buongiorno Padre Angelo,
La ringrazio per questo Suo importante servizio nella rubrica “Un sacerdote risponde” che mi ha più volte dato modo di risolvere dubbi e incertezze sulla Fede. Volevo porLe un paio di domande sul rapporto tra Cristianesimo ed Ebraismo.
1) La prima è una mia perplessità, leggevo una Sua risposta riguardo al giorno in cui il Popolo Ebraico accetterà Gesù Cristo come Signore e Salvatore, per poter così raggiungere la Salvezza.
La Sua risposta è molto interessante, ha citato la Lettera di San Paolo ai Romani (11,25-32) dove viene detto: “l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato […] [Gli ebrei] essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!” E ha spiegato che Dio non dimentica le promesse di Salvezza fatte al Popolo d’Israele, pertanto verrà il tempo in cui riconosceranno Gesù, il vero e unico Salvatore.
A questo punto mi chiedevo, se ho capito bene ciò che Lei ha espresso nella risposta, se il Popolo d’Israele merita la Salvezza per le promesse di Dio e perciò un giorno ci sarà la loro conversione al Cristianesimo, qual è la condizione di un ebreo che muore prima della conversione del Popolo Ebraico?
Questo ebreo, premesso che abbia seguito una vita da eccellente fedele, merita la Vita Eterna in nome delle promesse sopracitate o non la merita poiché in vita avrebbe dovuto riconoscere Gesù come Salvatore?
2) In TV o sui social mi capita di vedere politici, dichiaratamente cattolici, in viaggi istituzionali in Israele che pregano al Muro Occidentale di Gerusalemme; ho visto anche foto di Papi, come Giovanni Paolo II.
È concesso a un cattolico pregare, o comunque avere un attimo di raccoglimento, al Muro Occidentale? Se sì, perché?
Spero di essermi espresso in modo chiaro e che riesca a capire i miei dubbi, Le auguro una buona giornata e prego per Lei e per tutta la community.
Claudio


Risposta del sacerdote

Caro Claudio,
1. la condizione insopprimibile per poter entrare in paradiso è quella di essere rivestiti della grazia santificante.
Poiché Dio vuole che tutti gli uomini si salvino, è cosa certa che a tutti offre la sua grazia, che è una irradiazione della vita di Dio che penetra nell’anima, la purifica, la santifica e porta la presenza personale di Dio, che vi abita come in un tempio.

2. Questa grazia Dio la offre a tutti, buoni e cattivi.
Lo dichiara nella parabola degli invitati alle nozze. Dopo il diniego di questi ultimi, il padrone mandò i suoi servi a chiamare quanti avessero trovato.
Ecco il testo: “Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?». Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti»” (Mt 22,8-14).

3. Da questa parabola emerge che tutti, buoni o cattivi, andarono a munirsi della veste nuziale che il padrone teneva già pronta, perché a quei tempi chi invitava le nozze provvedeva anche al vestito da indossare.
Solo uno non volle passare dal guardaroba e per questo fu messo fuori.

4. Ciò significa che Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, offre a tutti la possibilità della salvezza. La offre anche agli ebrei che non si sono ancora espressamente convertiti a Cristo perché in buona fede ritengono che il Messia non sia ancora venuto.
Perciò non vi è alcuna difficoltà che possano essere salvati tanto più che, come ricorda San Paolo, è “la chiamata e i doni di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29).

5. Il concilio Vaticano II nel decreto Nostra aetate sul rapporto con le altre religioni scrive a proposito degli ebrei: “Tuttavia secondo l’Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e «lo serviranno sotto uno stesso giogo» (Sof 3,9)” (NA 4).

6. Circa la preghiera dei non ebrei presso il muro del pianto.
Anch’io ho avuto l’occasione di visitare Gerusalemme e accostarmi al muro del pianto.
Ho visto tanti ebrei che pregavano secondo il loro tipico costume.
Anche altre persone, segretamente, pregavano.
Io non potevo non pensare alle parole di Gesù quando è alla vista di Gerusalemme pianse: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc 19,42-43).
Ho pregato per gli ebrei e per la loro conversione.
E quando mi è capitato di entrare in una moschea, ho pregato per gli islamici per il medesimo motivo.

7. Nessun luogo ci impedisce di pregare.
San Paolo dice: “Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche” (1 Tm 2,8). 
Penso che corrisponda ad un’esigenza del cuore pregare Nostro Signore là dove nessuno lo prega.

Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo