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Patrono d’Italia (c. 1182-1226)
Da Pietro Bernardone, commerciante in stoffe – forse di famiglia nobile – nacque ad Assisi Giovanni, chiamato poi Francesco. Le sue doti d’ingegno, il carattere piacevole, le fiorenti condizioni economiche del padre ne fecero il brillante reuccio di Assisi, il ricercato organizzatore di feste giovanili e di svaghi nelle incantevoli campagne umbre. Poi fu militare, prigioniero, ammalato. Finalmente le parole di Gesù udite nel 1208 da un predicatore: “Non vi procurate né oro né argento né denaro né bisaccia né due tuniche né calzari né bastone” suonano come squillo di guerra nell’animo ormai trasformato di Francesco. Con dodici compagni instaura un nuovo genere di vita imperniato sulla pratica evangelica della povertà a servizio di Cristo Re.
Innocenzo III approva la Regola e dalla chiesetta della Madonna degli Angeli (la Porziuncola) l’Ordine si irradia nel mondo con una rapidità miracolosa. Nel 1211-12 nasce il Second’Ordine (le Clarisse) e nel celebre Capitolo delle stuoie che vede adunati 5000 seguaci, Francesco istituisce il Terz’Ordine della Penitenza (1221). A due anni dalla morte (1226), Gregorio IX canonizzò il Patriarca dei Minori (così aveva voluto che si chiamassero per umiltà i suoi religiosi) e Pio XII, il 18 giugno 1939, alla vigilia della guerra mondiale, proclamò l’Angelo di Assisi Patrono primario dell’Italia insieme a Caterina da Siena.
Francesco e Domenico s’incontrarono forse a Roma nel 1215 o nel 1221, presso il cardinale Ugolino. L’abbraccio dei due Patriarchi divenne un passo obbligato dell’iconografia medioevale ed espresse quella profonda, comune ispirazione evangelica che sta alle radici della loro opera di rinnovamento della Chiesa. Per immemorabile tradizione i nostri ordini festeggiano insieme i santi Fondatori e ripetono l’antica antifona: “Il serafico Francesco e l’apostolico Domenico ci insegnarono la tua legge, o Signore”.
Conoscenza di Dio in sé
Il leit-motiv della conoscenza di Dio in Francesco è la fede nella “creazione”, che, da un lato, manifesta la sua indiscussa certezza nella potenza creatrice divina, e, dall’altro, rivela il limite ontologico della natura umana. Pensiero espresso chiaramente nella Regola non bollata (Rnb): “I frati annuncino agli increduli la parola di Dio, perché credano in Dio onnipotente Padre Figlio e Spirito Santo come creatore di tutte le cose” (Rnb 16, 7); “Temete e onorate, lodate e benedite, ringraziate e adorate il Signore Iddio onnipotente, nella trinità e unità, Padre Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose” (Rnb 21, 2); “Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, Padre santo e giusto, Signore e Re dell’universo, per te stesso ti rendiamo grazie, perché, per la tua santa volontà e mediante l’unico Figlio tuo nello Spirito Santo, hai creato tutte le cose spirituali e materiali, e noi, fatti a immagine e somiglianza tua…” (Rnb 23, 1ss).
Quale il fondamento filosofico di questa conoscenza?
La risposta di Francesco impressiona per semplicità e profondità, ma anche per difficoltà ermeneutica: “Considera, uomo, in quale condizione ti ha innalzato il Signore Iddio: ti creò formandoti a immagine del suo diletto Figlio per il corpo, e a sua immagine per l’anima” (Ammonizione, 5, 1). Come l’immagine tende per sua natura a ritornare alla propria origine, così anche l’essere umano diventa uomo, quando, trascendendo sé stesso, tende a identificarsi con la realtà di cui è immagine.
Conoscenza di Dio nell’uomo
Nell’aspetto della conoscenza di Dio nell’uomo, Francesco rivela anche la sua visione antropologica: “Tanto vale l’uomo quanto vale davanti a Dio, e non di più” (Ammonizione, 19, 3); “Lo Spirito del Signore abita nel cuore dei suoi fedeli” (Ammonizione, 1, 12); “Costruiamo sempre nei nostri cuori una stabile dimora al Signore Iddio onnipotente” (Rnb 22, 27); “Coloro che vivono nella conversione continua e si nutrono con fede dell’Eucaristia, sono benedetti e beati, perché lo Spirito del Signore riposerà su di essi e nei loro cuori costruirà la sua stabile dimora” (Epistola ai Fedeli, I, 3-6); “Lo Spirito del Signore riposerà su di essi e nei loro cuori costruirà la sua stabile dimora” (Epistola ai Fedeli, II, 48). L’idea principale emergente da questi testi è la certezza che Dio abita nel cuore dell’uomo, come dono, del quale l’uomo non può aver alcun motivo per gloriarsi, come lui stesso ricorda: “Anche se fossi così intelligente e sapiente, da possedere ogni scienza ed essere in grado d’interpretare ogni lingua e di penetrare nei misteri celesti, non potresti vantarti di queste qualità” (Ammonizione, 5, 5). Riconoscere questo rapporto creaturale significa essere di Dio, appartenere a Dio, ascoltare Dio e ricambiare tale amore.
IL CULTO
Nella famosa opera Del primato morale e civile degli italiani (1843), V. Gioberti, per celebrare la grandezza di Francesco d’Assisi lo chiama “il più amabile, il più poetico e il più italiano de’ nostri santi”! Solo successivamente, il giornalista Enrico Filiziani, nell’articolo “Per san Francesco d’Assisi”, pubblicato sul giornale La Vera Roma, il 18 gennaio 1903, completò la frase giobertiana in: “il più santo fra gli Italiani, il più Italiano fra i santi”.
Lo storico e scrittore, Enrico Pepe, definiva Francesco “Patrimonio dell’umanità”. Da Pio XII è stato riconosciuto come il “più italiano dei santi e più santo degli italiani” e il 18 giugno 1939, e lo proclamava Patrono principale d’Italia. E Giovanni Paolo II lo eleggeva a “Patrono dell’ecologia” con la Lettera Apostolica Inter sanctos del 29 novembre 1979.
Francesco è uno dei santi più conosciuto nel mondo sia occidentale che orientale, sia dai cattolici che dai non credenti; è anche il più amato dal popolo, specialmente per il suo spirito di umiltà e povertà. Nei luoghi dove trascorse la sua vita sono nati dei santuari. Assisi, dopo Roma, è il luogo più gettonato dal turismo spirituale mondiale.
La festa liturgica è il 4 ottobre.