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Quesito

Riportiamo alcuni quesiti proposti da Alessandro

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Caro Padre Angelo,

Potrebbe spiegarmi in cosa consistono i c.d. riti cinesi che per 2 secoli e più opposero ferocemente domenicani a gesuiti?
E’ verò che nel 1939 il servo di Dio Pio XII pose fine alla querelle riconoscendoli?
Le pongo questa domanda perchè l’attuale vescovo scismatico di Pechino (mi ricordo che di nome si chiama Michele ma dimentico il cognome, credo che sia anche il vice presidente dell’associazione patriottica) qualche anno fa, in un’intervista, lasciò intendere che la questione dei riti cinesi era ancora aperta perchè Roma (Vaticano) non li voleva riconoscere.
Con viva cordialità in Jesu et Maria.
Alessandro
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Caro Padre Angelo,
potrebbe spiegare ai navigatori del sito e a me in cosa consiste il “rito zairese” della Messa?
Ne sentii parlare una sola volta, nel 1992, da un gesuita italiano missionario nell’ex Zaire e disse che era stato approvato “ad experimentum” dalla S. Sede ed era stato proposto dal card. Malula, primate di quel Paese.
Per quanto mi consta, in tutta la Chiesa c.d. Occidentale dovrebbe essere l’unico rito che si differenzia sia da quello romano che dall’ambrosiano.
Con viva cordialità in Jesu et Maria.

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Risposta del sacerdote

Caro Alessandro,
ho girato le tue domande ad un esperto di liturgia, Mons. Ruggero Dalla Mutta, docente di teologia liturgica nella facoltà teologica dell’Italia settentrionale, sezione di Genova, il quale mi ha inviato la risposta che ti allego:

“Ho studiato le due questioni, per le quali – specie per la seconda – non è facile trovare il materiale, ed eccoti le risposte sintetiche.

1. “Riti Cinesi”.
La questione inizia alla fine del ‘‘500 col p. M. Ricci: essa consiste nella controversia sui nomi santi – i nomi cinesi da usarsi per indicare Dio, lo Spirito e l’Anima – e l’adattamento dei cattolici cinesi agli atti tradizionali di venerazione verso Confucio e verso gli antenati. Inizialmente i gesuiti accettarono i riti ritenuti cerimonie puramente civili, di cortesia e di gratitudine verso Confucio e gli antenati ma in seguito i domenicani, dal 1631, e i Francescani, dal 1633 li disapprovarono e li proibirono vedendovi consuetudini superstiziose e basandosi sull’atteggiamento del popolo durante quei riti. Nel 1645 su sollecitazione dei Domenicani e dei Francescani ci fu un decreto negativo della Congregazione romana di Propaganda Fide. Nel 1656 invece su istanza dei Gesuiti ci fu un decreto del S. Uffizio che permetteva i Riti. Nel 1669 un altro decreto del S. Uffizio chiarì e stabilì che si dovevano osservare tutti e due i decreti “secondo i quesiti e le circostanze”. Nel 1704 sotto Clemente XI fu emanato un rigoroso decreto contro i Riti. Nel 1715 Clemente XI con la costituzione “Ex die illa” confermò in forma solenne i decreti anteriori. Nel 1721 il Legato pontificio A. Mezzabarba in applicazione della costituzione fece otto permissioni di compromesso. Ma nel 1742 Benedetto XIV con la Costituzione “ Ex quo singulari” pronunciò la sentenza definitiva disapprovando e annullando le permissioni del Mezzabarba e confermando le proibizioni della “Ex die illa” di Clemente XI. La decisine negativa fu confermata dall’Istruzione di Propaganda fide del 1753 e da vari Decreti del S. Uffizio. Solo con Pio XII e l’Istruzione di Propaganda fide dell’8.12.1939, cambiate le condizioni e la situazione, ci fu un nuovo regolamento alla questione dei riti cinesi, con norme tolleranti sia pure con precauzioni, per l’adattamento dei cattolici a tali cerimonie in onore di Confucio e degli Antenati considerate come puramente civili. In particolare si considera che “le antiche controversie sui riti cinesi sono ormai cessate”. Le ultime direttive di applicazione di Propaganda fide sui Riti cinesi sono del 1941. In esse si proibisce di redigere l’elenco di cerimonie permesse e vietate per non ricadere nelle antiche controversie; i vescovi possono dare regole e norme ma tenuto conto che si è in un tempo transitorio non specifichino troppo e permettano ai sacerdoti e ai cristiani, nei casi particolari, di “comportarsi secondo la propria coscienza”. Non risultano altre normative posteriori e la questione sembra ferma a questo punto. Si consideri anche che con l’avvento del regime comunista in Cina la situazione è profondamente cambiata e si direbbe che anche per ciò la questione dei Riti abbia perso di rilievo”.

2. Il “Rito zairese
Si tratta solo del Rito della Messa (“Ordinario”; parti invariabili della Messa) con le Premesse, il Calendario e “Messe proprie aggiunte” approvato dalla S. Sede il 30 aprile 1988 e concesso alla conferenza Episcopale Zairese. Il Decreto di approvazione, con un breve articolo di introduzione, una Presentazione generale e alcuni testi del Rito della Messa (il tutto in francese) sono pubblicati nella Rivista della Congregazione per il Culto divino, Notitiae del 1988, n. 26, p. 454-472. Non si tratta affatto di un rito occidentale non romano come quello Ambrosiano e quello Ispanico (alcune chiese di Toledo) ma solo di un “Rito della Messa” (“Ordinario”) romano adattato per l’Africa. Anche nel Decreto di approvazione è menzionato il principio per cui nell’adattamento della Liturgia romana va sempre salvata “la sostanziale unita del Rito romano”.
Una brevissima descrizione delle particolarità. Nei riti di introduzione c’è la “riunione” con l’intera comunità, senza Atto penitenziale; il Gloria o un canto di gioia; nella Liturgia della parola l’Intronizzazione del Vangelo; quindi (e secondo l’opportunità, dopo il Credo) l’Atto penitenziale e il Rito della pace; nella Liturgia eucaristica una Presentazione dei doni molto rilevata; il Prefazio interrotto da risposte del popolo; particolari gesti dei partecipanti: innalzamento delle mani, croci delle braccia sul petto”.

Colgo l’occasione per porgerti i più cordiali auguri di buon proseguimento dell’anno.
Ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo