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Quesito
Padre,
ho letto da qualche parte che in Paradiso i salvati godono per sempre della contemplazione di Dio e della partecipazione alla vita divina e lo stato di felicità è legato ai meriti raggiunti dall’uomo nella vita terrena e comunque ognuno rimane soddisfatto del suo grado di beatitudine, senza desiderio di aumentarla e senza invidia nei confronti degli altri; anzi, ognuno gode non solo della propria beatitudine, ma anche di quella degli altri.
Se è così, dove trovano fondamento queste affermazioni? Nella Sacra Scrittura? Nelle Tradizione? O è sufficiente la loro ragionevolezza?
Detto questo, si può dire che le pene dell’Inferno sono proporzionali alla gravità delle azioni commesse? Mi è sorto questo interrogativo perché guardando in questi giorni le atrocità commesse in Ucraina penso che c’è anche in questo caso una diversità di responsabilità di chi le ordina e di chi le esegue aderendo consapevolmente e volontariamente alla decisione del superiore.
Un cordiale ricordo ed una preghiera per lei e per il suo servizio.
Marino
Risposta del sacerdote
Caro Marino,
1. C’è un fondamento nella Sacra Scrittura per dire che il grado di gloria in paradiso è diverso gli uni dagli altri.
San Paolo scrive: “Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle. Ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti” (1 Cor 15,41-42).
“Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male” (2 Cor 5,10).
2. Gesù, del resto, aveva già detto: “Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni” (Mt 16,27).
La parabola evangelica delle mine, che nella nuova traduzione della conferenza episcopale italiana vengono chiamate monete d’oro, riferisce che ad uno fu dato potere su dieci città (Lc 19,17) e a un altro su cinque (Lc 19,19) indica una diversità nella retribuzione.
Anche le parole di Gesù nell’ultima cena: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore” (Gv 14,2) secondo l’interpretazione dei Santi Padri, stanno a significare che vi sono varie partecipazioni alla sua beatitudine.
3. A questo punto San Tommaso scrive: “Sorge qui il problema, se sia possibile che uno possa essere più beati di un altro. Sembra infatti che non sia possibile perché la beatitudine è il fine, la perfezione. Ma la perfezione non ammette il più è il meno. Dunque la beatitudine non può essere maggiore e minore”.
Ecco la sua risposta: “Una cosa può dirsi perfetta in due modi: in senso assoluto e in senso relativo. Ora, la perfezione della beatitudine in senso assoluto è soltanto Dio; perché lui soltanto conosce e ama se stesso per quanto è conoscibile e amabile (poiché infinitamente conosce e ama la propria verità e bontà). E sotto tale aspetto il sommo bene, oggetto della beatitudine e causa di essa, non può essere maggiore e minore: infatti non esiste che un unico sommo bene che è Dio.
Invece, in senso relativo, cioè in rapporto alle condizioni di tempo, di natura e di grazia, uno può essere più beato di un altro nel conseguimento di questo bene, secondo la capacità di ciascuno. Poiché quanto più un uomo ne è capace, tanto più ne partecipa; in quanto è meglio disposto e ordinato alla sua fruizione.
E alla beatitudine ci si dispone in due modi. Perché la beatitudine consiste in due cose: nella visione di Dio, alla quale ci disponiamo con la purezza (cosicché più uno è distaccato dai beni terreni più perfettamente vedrà Dio); e nel godimento della sua fruizione, e a ciò l’uomo si dispone con l’amore.
Perciò chi ha il cuore più fervente di amore di Dio, godrà maggiormente nella fruizione divina. A proposito della prima disposizione, nel Vangelo si legge: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8)” (Commento al Vangelo di San Giovanni 14,2).
4. Sulla maggiore o minore intensità delle pene abbiamo come fondamento la parola del Signore: “Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” (Lc 12,47-48).
San Giovanni Crisostomo commenta: “non tutte le cose sono giudicate allo stesso modo, ma una conoscenza più grande diventa argomento di una pena più grande; perciò il sacerdote che commette con il suo popolo i suoi stessi peccati, sarà punito molto più severamente”.
Qualcuno si piò domandare: come può essere punito ingiustamente chi non conosce la legge del signore? La risposta è questa: qui si parla dell’ignoranza colpevole, non di quella incolpevole; colpevole, perché pur avendo potuto, non ha voluto conoscerla, sicché la sua pigrizia è diventata causa della sua ignoranza.
5. San Basilio commenta così le medesime parole: “Qui non si parla del numero delle pene, ma della loro diversità: infatti uno può essere degno di una fiamma inestinguibile più languida o più intensa; oppure di un verme che non muore con un morso più o meno forte”.
6. Nessun dubbio dunque sulla diversificazione delle pene.
La Sacra Scrittura dice che ognuno sarà retribuito secondo le sue opere.
San Tommaso: “La gravità del peccato corrisponde alla gravità della pena secondo l’intensità.
Perciò per dei peccati mortali di gravità differente ci saranno dei castighi di intensità differente, ma uguali per la durata” (Supplemento alla somma teologica, 99, 1, ad 2).
7. Sull’esempio concreto che hai portato, hanno responsabilità sia chi comanda le atrocità sia chi le esegue.
Tuttavia, senza scusare in alcun modo le atrocità menzionate, va ricordato che c’è sempre la possibilità del pentimento.
E per quanto i crimini umani possano essere grandi, la misericordia di Dio è ancora più grande e può far breccia nel cuore del più grande criminale portandolo al pentimento, alla conversione e all’espiazione.
Ti ringrazio per la pazienza nell’attendere la risposta.
Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo