Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro padre,
Ho 27 anni e, avendo un dubbio di natura teologica, ho pensato di fruire di questo servizio e scriverle la mia domanda.
Ho difficoltà ad accettare il magistero della Chiesa perché leggendo le S. Scritture noto molti punti in disaccordo con la dottrina della Chiesa. Ne cito solo due. Quanto al sacramento della confessione, Gesù in Matteo 9,1ss. rimette i peccati al paralitico senza la confessione VERBALE dei suoi peccati: perché la Chiesa, invece, insegna che è NECESSARIA la confessione verbale, altrimenti l’assoluzione non è valida?
La ringrazio anticipatamente,
G.


Risposta del sacerdote

Caro G.,
1. per quanto riguarda la prima questione la soluzione è molto semplice: Gesù conosceva i peccati e i sentimenti interiori del paralitico, mentre nelle confessioni sacramentali il sacerdote non conosce tutto questo.
L’accusa dei peccati è necessaria proprio per far conoscere al sacerdote la materia della confessione e le disposizioni circa i propri peccati.
Diversamente emetterebbe un giudizio di assoluzione o ritenzione dei peccati senza sapere ciò che assolve o non assolve. Quale giudice di questo mondo si comporta in questo modo?
Ti posso dire che io, nei confronti di alcuni fedeli che si confessano molto spesso, talvolta mi accontento che dicano: “Padre ho i soliti peccati da accusare, quelli che lei conosce già”.
Mi pare che questo sia già sufficiente ai fini dell’assoluzione. Loro fanno capire la materia da cui vogliono essere assolti e io so che cosa faccio nel dare l’assoluzione e gli eventuali avvertimenti per la loro vita cristiana.
Tu dici anche che senza l’accusa, l’assoluzione non è valida. Questo non è vero. A quanti ammalati, che pure capiscono e non possono parlare per le loro condizioni di salute, la chiesa dà l’assoluzione senza accusa?
E a quanti, anche in passato, ha dato l’assoluzione collettiva sotto i bombardamenti a motivo del pericolo prossimo di morte. E l’assoluzione era valida, se c’era il pentimento.
Ma questo pentimento deve essere sempre accompagnato dal proposito almeno implicito di confessare i propri peccati, perché l’accusa dei peccati è di diritto divino, come emerge chiaramente dalle parole di Gesù: “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23).
Il Concilio di Trento ha insegnato che “dalla istituzione già spiegata del Sacramento della Penitenza, la Chiesa universale ha sempre inteso che è stata istituita dal Signore anche l’accusa integra dei peccati, e che questa è necessaria per diritto divino a quanti sono caduti in peccato dopo il Battesimo, perché Nostro Signore Gesù Cristo mentre stava per ascendere dalla terra al cielo, lasciò i sacerdoti suoi vicari come presidi e giudici, ai quali siano deferiti tutti i crimini mortali, perché pronuncino in virtù del potere delle chiavi la sentenza di remissione o di retenzione dei peccati. Consta infatti che i sacerdoti non potrebbero né esercitare questo potere giudiziale senza conoscere la causa né osservare l’equità nell’imporre le pene se i fedeli stessi non dichiarassero prima i loro peccati non solo in genere ma anche in specie e singolarmente” (sess. 14,5).

Ti saluto, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo