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Gentilissimo Padre Angelo Bellon,
per persona che è allettata a causa della malattia o attaccata al respiratore è giusto dire che espia con la sofferenza l’eventuale male fatto o è errata questa mia affermazione?
Mi può dare gentilmente informazioni in merito per favore?
Per me la vita ha sempre valore ma la condizione di un allettato che non può fare niente né per Dio né per il prossimo mi preme molto.


Carissima,
1. non è giusto dire che una persona allettata e con il respiratore stia espiando i propri peccati.
Vi possono essere anche bambini piccoli in queste condizioni e i bambini non piccoli non hanno peccati.
Ugualmente vi possono essere persone sante la cui vita è un continuo calvario e non si può proprio dire che soffrano per espiare i loro peccati.

2. Come ha detto santamente Giovanni Paolo II la sofferenza serve a sprigionare amore: sprigiona amore in chi soffre perché ne può fare un’offerta e sprigiona amore in chi si dedica.
Tenendo poi presente che il senso di questa vita è quello di preparare grande la nostra eternità e che il grado di partecipazione alla vita di Dio sarà proporzionato al nostro grado di carità, allora comprendiamo bene che quelli che nella vita presente possono essere considerati ultimi, di là invece saranno i primi.
La vita presente è un attimo che sfugge ed è ben poca cosa rispetto alla vita del Paradiso che dura eternamente.

3. È alla luce dell’eternità che si comprende l’autentico significato della vita presente.
Proclamando beati coloro che piangono perché saranno consolati (Mt 5,4) Gesù capovolge i nostri parametri di giudizio.
La grandezza nella vita futura sarà proporzionata al grado di amore raggiunto quaggiù.

4. Allora se la sofferenza serve a sprigionare amore ci accorgiamo subito che i malati sono in una posizione privilegiata per fare un grande guadagno per se stessi e per tutta la Chiesa.
Possono fare della loro sofferenza un dono continuo offerto al Signore.
Mi piace ricordare a questo punto una bella preghiera del Santo Curato d’Ars: “Ti amo, mio Dio, e il mio unico desiderio è di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.
Ti amo, o mio Dio infinitamente amabile, e preferisco morire amandoti, piuttosto che vivere un solo istante senza amarti. (…).
Mio Dio, se la mia lingua non può dire ad ogni istante: ti amo, voglio che il mio cuore te lo ripeta ogni volta che respiro.
Ti amo, mio divino Salvatore, perché sei stato crocifisso per me, e mi tieni quaggiù crocifisso con te.
Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti e sapendo che ti amo.
E man mano che mi avvicino alla fine della mia vita, ti prego di accrescere il mio amore e di perfezionarlo”.

5. Il Signore non ci dà solo la possibilità di amare e di farne un’offerta, ma anche di destinare tale offerta per qualche causa particolare.
Per cui si può offrire la propria sofferenza per le cause più svariate.
Una mamma, ad esempio, può offrire le proprie sofferenze per i figli, per la loro salute fisica e soprattutto per quella spirituale, per la buona riuscita negli studi o nell’esercizio della loro professione…
Ugualmente un studente può trasformare la fedeltà e la fatica dello studio in un atto di amore offerto a Dio per il proprio futuro temporale ed eterno oppure per la conversine dei suoi amici.

6. Ebbene, tra le varie intenzioni che uno può mettere nelle proprie sofferenze c’è anche quella della conversione dei peccatori.
Ad essa è intimamente collegata quella della cooperazione con Cristo per espiare i propri peccati e anche per espiare i peccati altrui secondo la bella indicazione di San Paolo: “Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

7. Se è così, una persona allettata e attaccata al respiratore può fare un grande bene da offrire a Dio e da destinare al prossimo.
Può fare un grande bene perché non cessa di amare e di donare.
E agli occhi di Dio la sua vita può essere più preziosa per la società di quella di molti che, pur attivissimi, vivono privi della grazia di Dio e le cui opere non sono meritorie per l’eternità.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo