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Quesito
Caro Padre,
sono una ragazza di quasi 20 anni, credente e praticante.
Purtroppo però, un po’ per vergogna, un po’ per il carattere introverso e un po’ per altri motivi che non sto qui a spiegare, è dalla Pasqua di quest’anno che non mi confesso.
Vivo da parecchi mesi, ormai, nel peccato cosiddetto "mortale". Ho contravvenuto ad alcune leggi del Signore, a volte, purtroppo, in maniera abbastanza grave.
A proposito di questo, leggendo con grande interesse il suo sito e le risposte che puntualmente dà a quanti le scrivono, ho notato più volte che lei asserisce che "l’anima di colui che non è in grazia di Dio non ne sente la presenza".
Su questo punto mi sentirei di controbattere, affermando proprio il contrario. Non sono in grazia di Dio, ma proprio ultimamente sento un fervore religioso molto più forte di prima. Da poco sento molto più forte di prima il desiderio di pregare, di leggere la Bibbia, di comportarmi secondo Dio. Non escludo assolutamente che presto o tardi tornerò al confessionale, ma ora, obiettivamente, non mi posso ritenere in quello stato di grazia e purezza cui lei si riferisce spesso. Dunque, come può spiegarmi tutto ciò?
Sperando di essere stata chiara e ringraziandola infinitamente per il tempo che mi dedicherà, le prometto una preghiera.
A.
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. si può tornare in grazia anche prima della confessione.
La Chiesa insegna che nel momento in cui avviene il vero pentimento si è già raggiunti dalla grazia di Dio.
È grazia di Dio anche la conversione.
Questo evidentemente non dà il diritto di poter fare la Comunione. Perché nel vero pentimento è incluso il proposito di confessarsi.
2. Ecco che cosa insegna il concilio di Trento: “Sebbene talvolta capiti che questa contrizione sia perfetta per la carità e riconcili l’uomo con Dio prima che si riceva effettivamente il sacramento, tuttavia la stessa riconciliazione non si deve ascrivere alla stessa contrizione senza il desiderio del sacramento che è incluso in essa” (DS 1677).
L’intrinseca ordinazione al sacramento (al “potere delle chiavi”) nasce dal fatto che chi è veramente contrito è animato dalla carità. E poiché la carità comporta un medesimo volere e un medesimo disvolerecon Dio (idem velle e idem nolle), ne viene da sé che uno sia disposto ad accedere volentieri a tutti i mezzi disposti da Dio per essere pienamente riconciliato con lui e con la Chiesa.
È sufficiente il proposito implicito della confessione.
3. Ecco perché un documento della Conferenza episcopale italiana sull’evangelizzazione e il sacramento della penitenza ha potuto affermare: “La contrizione perfetta in virtù dell’amore che produce, dà la giustificazione, ottiene cioè il perdono dei peccati, prima ancora dell’assoluzione sacramentale. È necessario tuttavia, qualora si tratti di colpe gravi, che si abbia il proposito almeno implicito di sottoporle, appena sarà possibile, al confessore nel sacramento” (n. 57).
4. Allora da ciò che mi scrivi potrei dire che – sebbene tu abbia commesso dei peccati mortali – la grazia di Dio ha già raggiunto la tua vita, anche se non ti sei ancora confessata.
Dici infatti che avverti “un fervore religioso molto più forte di prima. Da poco sento molto più forte di prima il desiderio di pregare, di leggere la Bibbia, di comportarmi secondo Dio”.
Inoltre scrive: “Non escludo assolutamente che presto o tardi tornerò al confessionale”.
Il Signore è già venuto ad occupare il tuo cuore e tu gli hai aperto.
Non ti manca che fare l’ultimo passo per ricevere, insieme con la grazia santificante, anche la grazia del sacramento della confessione e poter fare con i sentimenti dovuti la Santa Comunione.
5. Per questo la Chiesa esorta coloro che avessero compiuto un peccato grave a pentirsene subito, al più presto, con un atto di dolore perfetto (contrizione), per non continuare a rimanere privi della grazia di Dio ed essere esposti al peggio.
6. Come ho ricordato più volte, questo ricupero della grazia santificante prima della Confessione non dà il permesso di fare la S. Comunione, sebbene ci si già il proposito di confessarsi in seguito.
Giovanni Paolo II nell’enciclica sull’Eucaristia ha affermato: “Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (Ecclesia de Eucharistia 36).
Ti ringrazio di avermi dato la possibilità di riesprimere queste indicazioni così importanti per la nostra salvezza temporale ed eterna.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo