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Quesito

Caro Padre,
La ringrazio per il servizio eccellente che svolge insieme a tutti i suoi collaboratori, prego per Lei e per tutte le persone che Le sono vicine affinché mai Gesù Vi faccia mancare la Sua Luce.
Le pongo una domanda. Separati, divorziati, divorziati-risposati. Tre situazioni difficili, che purtroppo oggi riguardano sempre più persone.
Leggendo i documenti della Chiesa, in relazione all’ammissibilità ai sacramenti, mentre è chiara la posizione sui divorziati-risposati, non ho ben chiaro se i separati e i divorziati (che non vivono more uxorio), possono liberamente accedere ai sacramenti.
La ringrazio e auguro a voi tutti, un santo 2008 auspicando che mai ci manchi la materna protezione della Nostra Mamma Celeste.
Grazie,
Mimmo


Risposta del sacerdote

Caro Mimmo,
1. sì, separati e i divorziati (che non vivono more uxorio) possono ricevere i sacramenti.
Molti hanno subito la separazione e il divorzio. Perché dovrebbero essere privati dei sacramenti?
Alcuni, senza aver chiesto separazione e divorzio, ne sono stati la causa. Ma se sono pentiti e situazioni oggettive impediscono o sconsigliano di tornare indietro, possono ricevere i sacramenti.

2. Il Direttorio di pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana dice a proposito dei separati:
“La vita concreta della coppia può registrare momenti di incomprensione e di grave difficoltà tali da rendere praticamente impossibile la convivenza coniugale. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della loro coabitazione.
Nella convinzione che il matrimonio comporta una convivenza duratura nel tempo e che la separazione deve essere considerata come estremo rimedio, la comunità cristiana deve fare ogni sforzo per aiutare i coniugi in difficoltà ad evitare il ricorso alla separazione” (DPF 207).
La loro situazione non li preclude dall’ammissione di sacramenti: a modo suo, infatti, la condizione di separati è ancora proclamazione del valore dell’indissolubilità matrimoniale. Ovviamente, proprio la loro partecipazione ai sacramenti li impegna anche ad essere sinceramente pronti al perdono e disponibili a interrogarsi sulla opportunità o meno di riprendere la vita coniugale” (DPF 209).

3. Per i divorziati non risposati il medesimo documento dice:
“La sollecitudine pastorale della Chiesa richiede di prendere in considerazione anche la situazione dei divorziati non risposati. Tuttavia, per quanto possibile, è necessario distinguere tra il caso del coniuge che ha subito il divorzio, l’ha accettato o vi ha fatto ricorso essendovi come costretto per gravi motivi connessi con il bene suo e dei figli, e quello del coniuge che ha chiesto e ottenuto il divorzio avendolo causato con un comportamento morale scorretto.
Si ricordi comunque ad ogni coniuge che solo per gravissimi motivi può adattarsi a subire e accettare il divorzio o a farvi ricorso: in ogni caso, per lui, il divorzio equivale soltanto ad una separazione, che non rompe il vincolo coniugale” (DPF 210).
“Nei confronti di chi ha subito il divorzio, l’ha accettato o vi ha fatto ricorso come costretto da gravi motivi, ma non si lascia coinvolgere in una nuova unione e si impegna nell’adempimento dei propri doveri familiari e delle proprie responsabilità di cristiano, la comunità cristiana esprima piena stima, nella consapevolezza che il suo esempio di fedeltà e di coerenza cristiana è degno di rispetto e assume un particolare valore di testimonianza anche per le altre famiglie…
Circa l’ammissione ai sacramenti, non esistono di per sé ostacoli: se il divorzio civile rimane l’unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale (DPF 211).
Per chi è “moralmente responsabile del divorzio, l’ha chiesto e ottenuto, ma non si è risposato”: “Perché possa accedere ai sacramenti, il coniuge che è moralmente responsabile del divorzio ma non si è risposato deve pentirsi sinceramente e riparare concretamente il male compiuto. In particolare, «deve far consapevole il sacerdote che egli, pur avendo ottenuto il divorzio civile, si considera veramente legato davanti a Dio dal vincolo matrimoniale e che ormai vive da separato per motivi moralmente validi, in specie per l’inopportunità od anche l’impossibilità di una ripresa della convivenza coniugale». In caso contrario, non potrà ricevere né l’assoluzione sacramentale, né la comunione eucaristica” (DPF 212).

Ti ringrazio per la stima e la fiducia.
Ti prometto un particolare ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo