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Quesito

Caro Padre Angelo,
Oggi la mia professoressa di greco ha detto di riflettere sul rapporto Gesù-Dioniso, seminando il sospetto che il Cristianesimo abbia copiato da lì.
So bene che non è vero, tuttavia alcuni miei compagni di classe già agnostici sono stati ulteriormente turbati.
Come posso smontare in modo preciso tali falsità?


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. Dioniso o Bacco è il Dio del vino e rappresenta il piacere. In particolare il piacere sensibile.
Così è passato nella storia e così lo presenta ad esempio Friedrich Nietzsche.
Gesù Cristo non è venuto a presentare agli uomini l’ideale del piacere, ma della felicità.

2. Tra piacere e felicità c’è una grossa differenza.
Il piacere soddisfa il corpo e le emozioni.
La felicità soddisfa l’anima, e cioè la sfera spirituale dell’uomo.

3. Inoltre il piacere dà una soddisfazione effimera, momentanea.
La felicità, essenzialmente legata a beni spirituali e incorruttibili, dà una soddisfazione permanente.

4. Questa è stata la sensazione provata da Sant’Ignazio di Loyola, che nella sua giovinezza era stato un cavaliere e corteggiatore di dame.
All’età di trent’anni, durante la battaglia di Pamplona, gli fu fracassata una gamba.
Dovette stare per tanto tempo immobile per i ripetuti interventi e anche per tenere la gamba in trazione.
Chiese dei libri di cavalleria per passare il tempo.
Ma nel castello dove era ricoverato c’erano solo due libri: una vita di Gesù Cristo scritta da un certosino, un certo Landolfo di Sassonia, e un libro che presentava la vita di molti Santi, scritta dal domenicano Jacopo da Varagine (Varazze).
Leggendo quest’ultimo libro cominciò ad avvertire una diversità di sensazioni.
Quando pensava a corteggiare le dame, si immaginava tutta la scena e viveva un momento di effervescenza. Terminata l’immaginazione, cessava anche l’emozione.
Invece quando leggeva le imprese dei Santi, si accorgeva che il loro pensiero lo accompagnava e avvertiva una gioia e un desiderio persistente. 

5. Ecco che cosa egli stesso scrive parlando in maniera impersonale di un certo pellegrino, che di fatto era lui: “C’era una differenza: pensando alle cose del mondo provava molto piacere, ma quando, per stanchezza, le abbandonava si sentiva vuoto e deluso. 
Invece, andare a Gerusalemme a piedi nudi, non cibarsi che di erbe, praticare tutte le austerità che aveva conosciute abituali ai santi, erano pensieri che non solo lo consolavano mentre vi si soffermava, ma anche dopo averli abbandonati lo lasciavano soddisfatto e pieno di gioia”. 

6. Ecco la differenza tra Dioniso e Gesù Cristo: Dioniso sazia il corpo per un istante, lasciando poi il vuoto.
Gesù Cristo invece sazia l’anima in maniera piena.

7. Gesù non condanna i piaceri. È lui, in quanto Dio e creatore, che li ha annessi a determinate attività utili e necessarie per la vita umana. Anche in riferimento a questo ha dichiarato lecito ogni cibo (cfr. Mc 7,19).
Ciò che riprova invece è l’abuso dei piaceri che annebbia la mente e spegne il gusto delle cose spirituali.
Quale suo portavoce San Paolo dice: “Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne” (Rm 13,14). Anzi, talvolta deve anche dire: “Tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato” (1 Cor 9,27).
Come si vede, siamo agli antipodi di Dioniso o di Bacco.

8. Ma c’è un ulteriore differenza, più grande e abissale.
L’unione con i beni che soddisfano il corpo è perlopiù epidermica, momentanea. In ogni caso attinge i sensi.
 Gesù Cristo invece presenta se stesso come “pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51) e dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56). Gesù assicura una permanenza dentro l’anima.
E di fatto solo lui può penetrare “personalmente” nell’essenza della nostra anima e abitarvi in maniera permanente.

9. Questa è l’esperienza che fanno i credenti in Cristo che vivono in grazia di Dio.
Avvertono l’unione con Lui da cuore a cuore. 
È un’unione molto più forte di quella che si attua mediante l’affetto delle persone care, nessuna delle quali può entrare direttamente con la propria persona dentro il nostro cuore.  Vi entra moralmente mediante l’affetto. Ma con la sua persona sta fuori.
Dio invece viene personalmente.
Per questo San Tommaso d’Aquino, che ne faceva in maniera permanente l’esperienza, diceva: “solo Dio sazia” e “tutto quello che meno di Dio non sazia”.

10. Chi non ricorda di essere vissuto per qualche tempo in grazia di Dio non sa di che cosa stiamo parlando.
Era per questo che Rudolf Otto all’inizio del suo libro “Il sacro” invitava chi non avesse mai vissuto questa esperienza di non andare più innanzi a leggere il suo scritto (cfr. p. 19). Sarebbe stato come descrivere la diversità dei colori ad un cieco nato.
Tu invece lo sai. Sei cristiano, credente, praticante e soprattutto in grazia di Dio, con la sua presenza personale dentro il cuore.
A motivo di questa presenza anche tu puoi dire insieme con San Tommaso che “solo Dio sazia” e “tutto quello che meno di Dio non sazia”.

Con l’augurio di essere sempre così, assicuro la mia preghiera per te e anche per i tuoi compagni di classe, soprattutto per quelli che ne hanno più bisogno, e vi benedico.
Padre Angelo