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Quesito
Caro padre Angelo,
durante un corso formativo catechistico l’insegnante sosteneva che nella Scrittura, a volte Dio, descritto in modo antropomorfico, sembra pentirsi di aver creato l’uomo.
È possibile che io sia ignorante e superbo ma non riesco a ricordarmi dove e quando accade questo.
O forse ho, col “permesso delle interpretazioni” magisteriali, sempre letto in maniera sempre filiale e sentito la tenerezza paterna sempre, anche nei passaggi più duri.
Può illuminarmi e dirmi se sono fuori strada?
Grazie mille, ogni bene. Caro padre Angelo,
durante un corso formativo catechistico l’insegnante sosteneva che nella Scrittura, a volte Dio, descritto in modo antropomorfico, sembra pentirsi di aver creato l’uomo.
È possibile che io sia ignorante e superbo ma non riesco a ricordarmi dove e quando accade questo.
O forse ho, col “permesso delle interpretazioni” magisteriali, sempre letto in maniera sempre filiale e sentito la tenerezza paterna sempre, anche nei passaggi più duri.
Può illuminarmi e dirmi se sono fuori strada?
Grazie mille, ogni bene,
Gianluca
Risposta del sacerdote
Caro Gianluca,
1. effettivamente nella Sacra Scrittura si trovano espressioni in cui si legge che Dio si pentì.
Una prima volta la si trova nella Genesi ai tempi di Noè: “Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo” (Gn 6,5-6).
La si trova anche a proposito di Saul: “Mi pento di aver fatto regnare Saul, perché si è allontanato da me e non ha rispettato la mia parola” (1 Sam 15,11); “Samuele piangeva per Saul, perché il Signore si era pentito di aver fatto regnare Saul su Israele” (1 Sam 15,35).
Ugualmente la si legge in Geremia in riferimento alla casa di Israele: “Io mi pento del bene che avevo promesso di farle” (Ger 18,10); “Forse ti ascolteranno e ciascuno abbandonerà la propria condotta perversa; in tal caso mi pentirò di tutto il male che pensavo di fare loro per la malvagità delle loro azioni” (Ger 26,3).
2. È chiaro che Dio non si pente come se avesse sbagliato nel fare qualche cosa o nel prendere decisioni.
D’istinto un buon cristiano comprende subito il significato di queste parole: si tratta di un male troppo grave per l’offesa fatta Dio.
Tu, anziché scandalizzarti, hai avvertito giustamente in queste parole un tratto della tenerezza paterna di Dio. Potrei dire un dolore immensamente grande.
Questo corrisponde a quanto hanno inteso da sempre gli ebrei e anche i semplici cristiani.
3. Tuttavia in un corso di formazione per catechisti l’insegnante ha fatto bene a sottolineare il carattere antropomorfico del linguaggio, prevenendo così una possibile obiezione che potrebbe essere posto hai catechisti.
Le domande dei ragazzi talvolta sono così semplici e spontanee che mettono in imbarazzo il catechista, il quale giustamente deve essere preparato per dare una risposta esatta.
4. La Bibbia di Gerusalemme commenta molto bene le parole in questione scrivendo: “Questo pentimento di Dio esprime in modo umano l’esigenza della sua santità che non può sopportare il peccato”.
E facendo riferimento a quanto si legge in 1 Sam 15,29: “D’altra parte Colui che è la gloria d’Israele non mente né può pentirsi, perché egli non è uomo per pentirsi”, conclude che la stessa Sacra Scrittura scarta “un’interpretazione troppo letterale”.
5. Quest’espressione significa anche che commettendo il peccato ci si priva da se stessi di beni preziosi di cui Dio ci ha favorito.
Il pentimento di Dio indica dunque qualcosa di drammatico per l’uomo che si sta rovinando con le sue proprie mani.
Con l’augurio che a noi non capiti mai una simile disgrazia, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo