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Quesito

Salve padre,
sto seguendo un percorso teologico. Nel corso che sto frequentando hanno detto che Gesù è nato in un appartamento umile e Giuseppe era un artigiano medio, ma non povero. Lei cosa dice?
Il mio parroco è rimasto sorpreso e ha riso dell’appartamento umile.
Dice che Luca parla di grotta.  Io ho letto il vangelo, mi sembra che abbia ragione il teologo.
Grazie 


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. per la prima domanda il Vangelo di Luca dice: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7).
Evidentemente la mangiatoia rimanda ad una stalla.
Su questo non vi sono dubbi.
Anche la parola greca fatne usata nel Vangelo ha questo significato.

2. Secondo San Giustino, che viveva in Palestina verso la metà del II secolo (cfr. Dialogo contro Trifone, 78), e anche secondo Origene, che viveva lì verso la metà del secolo seguente (Contro Celso 1,51), questa stalla era una grotta o spelonca, che serviva di rifugio agli animali nelle notti fredde.

3. Padre Marie-Jospeh Lagrange commenta: “A Betlemme essi non poterono trovare posto in quei grandi alberghi che oggi si chiamano Khan, ove gente e bestie si mettono come possono gli uni accanto agli altri. L’ufficio di censimento che funzionava allora a Betlemme attirava molta gente.
Invece Giuseppe e Maria poterono trovare un’ospitalità molto modesta in una di quelle grotte che servivano di abitazione per le persone e di stalla per il bestiame. Erano là forse da qualche giorno, in attesa dell’ora per essere iscritti, quando Maria diede alla luce il suo figlio primogenito” (L’Evangelo di Gesù Cristo, p. 33).

4. Per la seconda domanda: Giuseppe nel Vangelo viene presentato come falegname o meglio “carpentiere” (Mt 13,55; Mc 6,3).
Padre Michele Garnier a proposito della condizione economica e sociale di San Giuseppe scrive: “Se ci si attiene al semplice significato della parola, si può credere che Giuseppe sia stato fabbro, mugnaio, muratore, stagnaio, tintore, e che egli abbia esercitato or l’uno or l’altro di questi diversi mestieri ai quali allora si dedicavano nei villaggi gli artigiani.
Tuttavia le più antiche tradizioni sono unanimi, tanto presso i Padri quanto presso gli apocrifi: egli era Faber lignarius, lavoratore del legno, detto anche falegname o carpentiere.
Senza esitare, Sant’Ilario, San Beda il venerabile, San Pietro Crisologo ci dicono che era fabbro e Sant’Ambrogio e Teofilo di Antiochia ce lo descrivono mentre abbatte alberi e costruisce case: queste diverse attribuzioni non hanno alcunché di contraddittorio. Era impossibile infatti, per un piccolo artigiano d’un villaggio, una specializzazione che non gli sarebbe stata sufficiente; il guadagno di un solo mestiere non gli avrebbe permesso di vivere. Egli si dedicava dunque a lavori di natura diversi, nei quali l’arte del carpentiere e del falegname sembra essere la principale.
Questo mestiere lo obbligava ad essere nello stesso tempo un po’ boscaiolo, fabbro e muratore.
Alcuni autori ammettono a malincuore tali mestieri dicendo che essi sono accompagnati da rumori ed esigono consumo di energie, cose queste poco in armonia con le abitudini di calma e di preghiera della Santa Famiglia. Ma sembra piuttosto strano ed offensivo credere che l’Uomo-Dio, venendo in questo mondo per condividere la condizione degli uomini, abbia preso cura di scegliersi una professione nella quale non ci sarebbe stato alcunché atto a ferire o l’udito o la delicatezza delle mani.
È la stessa incomprensione che spinge altri autori a voler sollevare il livello sociale di Giuseppe. Secondo essi, egli sarebbe stato una specie di impresario o capomastro, con operai ai suoi comandi, insomma una persona ragguardevole di Nazareth.
Questo si chiama arrossire dell’umiltà del Vangelo.
Non esitiamo dunque ad affermare, per quel poco che ci è possibile sapere, che egli fu un piccolo ed oscuro artigiano di villaggio, che guadagnava con fatica la vita, e che quella manifesta oscurità era assolutamente conforme allo spirito del mistero dell’incarnazione al quale Giuseppe stava per prendere parte” (Il silenzio di Giuseppe, pp. 26-27).

5. Se poi si pensa che San Giuseppe, buono e caritatevole com’era, non era esoso nel farsi retribuire e che qualcuno si prendesse addirittura gioco della sua bontà per non retribuirlo, si deve convenire che di fatto viveva nella povertà.

Con gli auguri più belli per il tuo percorso teologico, ti saluto, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo