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Quesito

Gentilissimo,
sono nata cattolica, ho frequentato la parrocchia durante l’adolescenza con passione e fiducia, mi sono sposata perché amavo mio marito, volevo vivere con lui per sempre, ho avuto due figli, tuttora voglio bene a mio marito, ma da poco ci siamo separati. È stato doloroso, è ancora fonte di sofferenza, sono delusa, dispiaciuta, è svanito il mio sogno, sono crollate le mie promesse. L’ho lasciato io perché non ero felice, perché non lo amavo più, perché non eravamo d’accordo su tante cose, perché mi sono innamorata di un altro. Non le voglio nascondere nulla, non ho paura del giudizio, questa è tutta la verità, senza omissioni che potrebbero giustificarmi.
E ora la Chiesa non mi vuole più, sono una peccatrice, perché non amavo più, l’amore non è un oggetto, è un sentimento che deriva da emozioni, e le emozioni non sono ragionevoli né sotto il controllo della ragione. Ho scelto di vivere serena e non moglie depressa e infelice. Avrei dato anche a mio marito l’infelicità, nessuno può vivere con una persona che non lo ama.
La Chiesa mi punta il dito, Gesù lo avrebbe fatto? Di cosa dovrei pentirmi? Di aver seguito il mio cuore, di aver scelto liberamente? La Chiesa mi disapprova. La Chiesa mi nega la comunione. Gesù ha detto: “Prendete e mangiatene tutti”, non ha fatto eccezioni.
Io la comunione non la voglio per forza. La voglio perché Gesù ha invitato tutti a mangiare alla sua mensa. E io sono in mezzo a tutti.
Cordiali saluti.
(nome)


Risposta del sacerdote

Carissima,
dobbiamo mettere in chiaro diverse cose.

1.  La prima: mi dici che, sebbene separata, vuoi ancora bene a tuo marito. Nello stesso tempo mi dici che non lo ami più.
Penso che con quest’ultima espressione tu intenda dire che non provi più per lui attrazione.
Ebbene, quando ci si sposa bisogna mettere nel conto anche quest’eventualità.
Non sempre c’è l’attrazione fisica e non sempre questa rimane. Hai ragione quando mi scrivi che “le emozioni non sono ragionevoli né sotto il controllo della ragione”.
Tuttavia nel giorno del matrimonio tu hai promesso a tuo marito davanti a Dio che lo avresti amato e rispettato nella buona e cattiva sorte per tutti i giorni della tua vita”.
Col matrimonio scatta qualcosa nella nostra vita per cui non si è più come due fidanzati.
Attraverso il consenso coniugale “ci si promette” per sempre “nella buona e cattiva sorte”.
Nel consenso coniugale e cioè nel sì che si pronuncia davanti all’altare avviene il momento più alto del matrimonio: la cessione di se stessi e della propria vita alla persona amata.
Una volta ceduti, non ci si appartiene più. Si è dell’altro per sempre.

2. Ora nella vita di ciascuno di  noi ci possono essere momenti di stanchezza o di crisi.
Ma la consapevolezza di quello che si è fatto nel giorno del matrimonio o dell’ordinazione sacra deve dare la forza per andare avanti ed essere fedeli agli impegni assunti.
Tutti sono soggetti a tentazioni. Ma queste non sono sufficienti per giustificare ogni nostro cedimento.
Hai un marito che hai lasciato a se stesso e che hai defraudato di un diritto per il quale aveva investito tutte le energie della sua vita: quello di averti come sposa e compagna di vita.
Hai due figli che certamente soffrono per la fine della loro famiglia.
Hai un impegno di santificazione matrimoniale dal quale adesso stai derogando. E di questo un giorno dovrai renderne conto a Dio.

3. Onestamente mi hai detto che in questo momento stai amando un altro.
Questo non ti è lecito perché il tuo affetto l’hai promesso esclusivamente per tuo marito.
Quanto hai fatto è un tradimento della promessa matrimoniale e costituisce adulterio.
Non c’è bisogno di appellarsi al Vangelo per dire che si tratta di questo.

4. Mi dici: “Di cosa dovrei pentirmi?”
Devi pentirti dell’adulterio.
Devi pentirti del tradimento,
Devi pentirti della sofferenza causata a tuo marito e di avergli tolto un diritto.
Devi pentirti della sofferenza causata ai tuoi figli privati di una famiglia in cui i loro genitori sono uniti.
Devi pentirti di aver sfasciato una famiglia per essere corsa dietro alla concupiscenza.
Devi pentirti del cattivo esempio che hai dato ai tuoi e a molti altri.

5. Scrivi “La Chiesa mi punta il dito, Gesù lo avrebbe fatto? Di cosa dovrei pentirmi?”.
Mi chiedi se devi pentirti di essere andata dietro al tuo cuore.
Non è sufficiente obbedire al cuore, soprattutto se questo è malato, come avviene quando è in preda alla concupiscenza.
Se il cuore dicesse a una persona di fare pedofilia non vi sarebbe nulla da obiettare perché gliel’ha detto il cuore?
Le decisioni si prendono, sì, con il cuore, ma anzitutto con la mente.
E il Signore ha illuminato la nostra mente con la legge che ha scolpito all’interno della coscienza.
E poiché questa si annebbia a motivo del peccato, Dio ce l’ha messa anche davanti agli occhi con i 10 comandamenti, dove nel sesto si legge: non commettere adulterio.
La tua coscienza in questo momento è annebbiata e forse anche accecata. Per questo non vedi ciò di cui dovresti pentirti.

6. “La Chiesa non ti punta il dito”.
No, la Chiesa è sempre pronta ad accoglierti. La Chiesa è madre ed è desiderosa che tutti i suoi figli si salvino.
Soffre per te e per la tua famiglia e continua a pregare per te.
È dispiaciuta per quello che stai fatto del tuo matrimonio che è indissolubile.
È dispiaciuta per l’umiliazione e la sofferenza che hai dato a tuo marito e ai tuoi figli.

7. La chiesa non ti nega la Comunione. La offre a tutti, purché siano pentiti e confessati dei loro peccati.
Sei tu che ti sei messa in una condizione per cui hai rotto di tua iniziativa la Santa Comunione con Gesù Cristo.
Come non ricordare le parole di Gesù: “(Dio) dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne.
Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio»” (Mc 10,6-12)?

8. A proposito della Comunione la Chiesa ricorda ai fedeli ciò che dice la Sacra Scrittura: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1 Cor 11,27-30).
Come vedi, è per misericordia verso coloro che vanno fuori strada che non può essere data la Santa Comunione.
La Chiesa vuole risparmiare loro alcuni mali gravissimi cui essi si espongono da se stessi mettendosi in balia del comune avversario: “È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1 Cor 11,27-30).

9. Dici: “La Chiesa mi nega la comunione. Gesù ha detto: “Prendete e mangiatene tutti”, non ha fatto eccezioni. Io la comunione non la voglio per forza. La voglio perché Gesù ha invitato tutti a mangiare alla sua mensa. E io sono in mezzo a tutti”.
Sì va bene: Gesù vuole che tutti si nutrano del Suo Corpo e del Suo Sangue. Si è incarnato proprio per portarci a questa altissima comunione.
Ma non ricordi quello che Gesù stesso ha detto nella parabola degli invitati a nozze?
Ha voluto che tutti partecipassero alle nozze.
Sapeva che quanti sarebbero stati chiamati dai crocicchi delle strade non erano pronti. Aveva però approntato il guardaroba per purificarsi e indossare l’abito nuziale. I grandi tra gli antichi orientali provvedevano all’abito di nozze per gli invitati, perché tutti fossero vestiti in maniera degna del banchetto che si consumava.
Ecco il testo: “Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?». Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti»” (Mt 22,8-13).
Per fare la Santa Comunione ti è chiesto dunque di passare dal guardaroba, e cioè confessare i tuoi peccati, farne penitenza e rivestirti dell’abito nuziale della Grazia.
Questo comporta lasciare l’uomo col quale stai consumando il tuo adulterio.
Se non lo fai, corri il rischio di fare la fine di quel tale che ha voluto presentarsi così com’era.
Ma non te lo auguro con tutto il cuore.

Ti ricordo vivamente al Signore e insieme con te ricordo anche tuo marito e i tuoi carissimi figli.
Vi benedico.
Padre Angelo