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Quesito
Carissimo, amato e ammirato Padre,
mi può spiegare il significato del Libro di Giobbe e le sue prove? I tre amici che lo vengono a trovare sono simili ai Farisei?
Grazie per tutto il lavoro che fà e per le Preghiere.
Con affetto
Daniele
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Giobbe è la figura centrale di uno dei libri sapienziali dell’Antico Testamento.
Il personaggio viene subito presentato nei primi versetti con un biglietto da visita molto lusinghiero: “C’era nella terra di Us un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male.
Gli erano nati sette figli e tre figlie; possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù.
Quest’uomo era il più grande fra tutti i figli d’oriente” (Gb 1,1-3).
2. La sua fedeltà è messa alla prova per istigazione di Satana, il quale è persuaso che Giobbe conservi la fede perché tutto gli va bene.
Dio permette che Giobbe venga provato da Satana, che lo spogli di tutti i beni, ad eccezione della vita.
In breve i suoi beni e la sua stessa famiglia conosceranno le peggiori catastrofi. Gli saranno tolti tutti i beni e tutti i figli. Giobbe dirà: “Nudo uscii dal seno di mia madre, ?e nudo vi ritornerò” (Gb 1,20) e ripeterà ad ogni annuncio di rovina o di morte: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, ?sia benedetto il nome del Signore!” (Gb 1,21).
Gli viene lasciata solo la moglie, che non è per nulla fonte di consolazione.
3. Infine “Satana… colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?»” (Gb 2,7-10).
Satana era persuaso che Giobbe, privato di tutto, avrebbe perso la fiducia in Dio.
Invece Giobbe rimane integro.
Ma a questo punto comincia una nuova prova.
Tre suoi amici, secondo la mentalità ebraica del tempo, sono certi che Dio lo abbia colpito a motivo di qualche peccato.
Ma Giobbe si riconosce innocente.
Qui appare per la prima volta nell’Antico Testamento il mistero del dolore innocente, prefigurazione del dolore di Cristo, che avrà carattere espiatorio per i peccati del mondo intero.
4. I tre amici di Giobbe – Elifaz, Bildad, Sofar – hanno una incrollabile convinzione che Dio, il Potentissimo, è sempre giusto e che Giobbe sia punito per qualche peccato nascosto.
Non so se questi amici siano simbolo dei farisei, ma certo sono rappresentanti di una mentalità ancora presente ai tempi di Cristo e che affiora nella domanda posta a Gesù circa il cieco nato: “Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio»” (Gv 9,1-3).
Questi tre amici, che si presentano come saggi, sono stati visti talvolta come antesignani di certi psicologi, che di fronte a talune fragilità dei soggetti sono persuasi in maniera ostinata che per forza ci deve essere stato qualche trauma nella vita passata, forse addirittura nella vita uterina o negli ascendenti.
Giobbe sa che questa conclusione è falsa, ma nello scompiglio del suo stato vede ovunque segni dell’arbitrio di Dio, con cui si lamenta, ma al quale nello stesso tempo s’appella per il giudizio finale.
5. “Quando Giobbe ebbe finito di parlare, quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perchè egli si riteneva giusto” (Gb 32,1).
A questo punto interviene Eliu, un personaggio misterioso, che si accende di sdegno verso i tre amici: “Giovane io sono di anni e voi siete gia canuti; per questo ho esitato per rispetto a manifestare a voi il mio sapere. Pensavo: Parlerà l’età e i canuti insegneranno la sapienza… Non sono i molti anni a dar la sapienza, né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto” (Gb 32,6-7.9).
Egli insiste sul valore purificatore della sofferenza (Gb 32-35) ed esalta la potenza e la sapienza di Dio sicché Giobbe capisce che deve guarire dal suo orgoglio spirituale.
Finalmente Dio in persona appare e pone a Giobbe delle domande incalzanti e sferzanti: “Io t’interrogherò e tu mi istruirai.
Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra? ?Dillo, se hai tanta intelligenza! ?
Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, ?o chi ha teso su di essa la misura? ?
Dove sono fissate le sue basi ?o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino ?e plaudivano tutti i figli di Dio?
Chi ha chiuso tra due porte il mare, ?quando erompeva uscendo dal seno materno, ?quando lo circondavo di nubi per veste ?e per fasce di caligine folta?” (Gb 38,3-9 ss).
E ancora: “Il Signore riprese e disse a Giobbe: ?Il censore vorrà ancora contendere con l’Onnipotente? ?L’accusatore di Dio risponda!”(Gb 40,1-2).
A questo punto Giobbe capisce e si umilia: “Giobbe rivolto al Signore disse: ?Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? ?Mi metto la mano sulla bocca. ?Ho parlato una volta, ma non replicherò. ?ho parlato due volte, ma non continuerò” (Gb 40,3-5).
6. Dio poi rimprovera aspramente i tre amici di Giobbe e dice loro che solo per la preghiera di Giobbe per loro non scatenerà contro di essi la sua ira.
Qui Giobbe è prefigurazione di Cristo. Per la sua preghiera e il suo sacrificio (il sacrificio del giusto) noi siamo stati liberati e veniamo incessantemente liberati da ogni male.
Giobbe, purificato dall’orgoglio spirituale, viene reintegrato in tutti i suoi beni in una misura molto più grande di quella precedente: “Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d’oro.
Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni” (Gb 42,10-17).
7. La Bibbia di Gerusalemme presenta in sintesi il messaggio del libro di Giobbe con queste parole: “Giobbe si solleva con tutta la sua innocenza… Per lui è uno scandalo che tale retribuzione gli venga rifiutata nel presente, e cerca invano il senso della sua prova. Lotta disperatamente per ritrovare Dio che si nasconde e che egli continua a credere buono. E quando Dio interviene, interviene per rivelare la trascendenza del suo essere e dei suoi disegni e per ridurre Giobbe al silenzio.
È questo il messaggio religioso del libro: l’uomo deve persistere nella fede anche quando il suo spirito non ne è appagato. A questo stadio della rivelazione l’autore del libro di Giobbe non poteva andare oltre. Per illuminare il mistero della sofferenza innocente, bisognava attendere di avere la retribuzione dell’aldilà e di conoscere il valore della sofferenza degli uomini unita a quella di Cristo. Alla domanda angosciosa di Giobbe risponderanno due testi di san Paolo: «Le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18) e: «Do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24)”.
Nella speranza di aver esaudito la tua richiesta, ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo