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Quesito

Buongiorno padre,
una domanda semplice, ho letto da una sua risposta sul sito che si può essere scomunicati per l’assoluzione del complice del peccato verso il sesto comandamento.
Mi potrebbe spiegare in parole povere cosa vuol dire?
Grazie da Samuele


Risposta del sacerdote

Caro Samuele, 
1. per complice nel sesto comandamento si intende una persona che ha compiuto atti impuri con il sacerdote confessore.

2. I canonisti precisano che questo peccato deve essere grave oggettivamente e soggettivamente, deve essere esterno e pertanto non soltanto compiuto nella mente, deve essere certo e non ancora assolto.

3. La disciplina della Chiesa nel Codice di diritto canonico a proposito del complice stabilisce che “l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo è invalida, eccetto che in pericolo di morte” (Can 977).

4. Non solo, ma prevede anche che chi assolve il proprio complice nel sesto comandamento “incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica” (can 1378,§ 1).
Per scomunica latae sententiae s’intende cheipso facto, sul momento, viene scomunicato. Non c’è bisogno di un processo.
Incorre nella scomunica solo il sacerdote, non è il fedele.

5. Questa scomunica è severissima perché è riservata alla Sede Apostolica.
Ciò significa che per farsela togliere è necessario ricorrere al Papa, e concretamente alla Penitenzieria Apostolica, che fa le veci del Papa.

6. S’intende complice anche uno che ha commesso quel peccato prima di essere sacerdote o di entrare in seminario.
La Sacra Penitenzieria Apostolica con un decreto del 22 gennaio del 1879 ha dichiarato che “il confessore non può assolvere il complice, con il quale da ragazzo ha compiuto atti impuri prima del sacerdozio, a meno che non sia moralmente certo che è già stato assolto da qualche altro confessore dal peccato di complicità”.

7. Per complice s’intende sia un uomo che una donna, sia un adolescente che un impubere, purché sia capace di compiere un peccato mortale.

8. Viene precisato anche che non è necessario che il peccato sia un’azione di lussuria tra il sacerdote e il complice, ma può essere complice anche chi ha programmato atti compiuti con altri.
Anche in questo caso dunque il sacerdote non può assolvere la persona con cui ha programmato l’azione illecita, sebbene con essa non ci sia stato nulla.

9. Come si è detto, qualora il sacerdote assolvesse il complice, l’assoluzione èinvalida perché la Chiesa toglie al sacerdote complice il potere di confessare colui con il quale ha commesso un peccato turpe.
È valida solo se gliela dà in punto di morte, perché la Chiesa desidera una sola cosa: la salvezza eterna di tutti, anche dei più grandi peccatori.

Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. 
Padre Angelo