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Quesito

Caro padre Angelo,
ho conosciuto da poco questo sito e lo trovo davvero utile. Le confesso che, pur essendo in cammino e pur avendo incontrato già diverse volte Gesù Cristo, nel profondo del mio cuore c’è ancora una solida diffidenza, forse dovuta alla mia superbia. Così sorgono domande a cui non so rispondere e si pongono tra me e Lui. Le pongo una questione, sperando nella sua risposta. Se l’inferno è eterno, eterna è altresì anche la permanenza delle anime dannate? Queste ultime perdono il loro libero arbitro? Mi pare di capire che secondo la dottrina della Chiesa anche le anime beate non posso più scegliere di sbagliare, ma così parrebbe che la visione beatifica implichi la cessazione del libero arbitro. (Io però se potessi deporrei nelle mani del Signore il mio misero arbitrio, di cui ho paura, non fidandomi più di me, ma solo di Lui). Dunque mi sembra che dall’inferno non si può risalire e dal Paradiso, come dal Purgatorio, non si può riscendere. Se così fosse, separata l’anima dal corpo, essa perderebbe anche la libertà dell’arbitro? E cos’è un anima senza la facoltà di scegliere? In ultimo, caro padre Angelo, le chiedo se con la resurrezione dei corpi la dottrina della chiesa esclude il ritorno del libero arbitro, se, ad esempio, un neoadamo possa ritornare a mangiare il frutto proibito. La ringrazio e mi scuso per la lunghezza dell’intervento. Certo della sua risposta, la ricorderò nella preghiera,
Ferdinando.


Risposta del sacerdote

Caro Ferdinando,
1. ti rispondo con una domanda: quando  due persone si sposano perdono la libertà di sposarsi con un’altra persona?
Si direbbe di sì. E allora viene da concludere: quando ci si sposa si perde la liberta di sposarsi e ci si trova meno liberi.

2. Come certamente avverti, c’è qualcosa che non va nel ragionamento che ti ho presentato.
In realtà quando uno si sposa realizza la propria libertà. Le dà compimento.
Ciò significa che la libertà non è il fine dell’uomo, ma è nell’ordine dei mezzi per poter conseguire il fine.

3. Il fine dell’uomo è la felicità. Tutto quello che l’uomo fa, lo fa per conseguire la felicità.
L’uomo non è libero nei confronti della felicità: la vuole sempre e in ogni momento con tutte le proprie forze e non può non volerla.
È libero nei mezzi che sceglie per conseguirla. Ma la felicità gli si impone. È una necessità della sua natura, un bisogno assoluto delle sue esigenze esistenziali più profonde.

4. Inoltre la nostra volontà è libera, sì, ma non nei confronti del suo oggetto, che è il bene.
Questo lo vuole sempre e irresistibilmente, sia che questo bene sia reale oppure solo apparente. Anche il peccato o il male, quando viene scelto, viene scelto per quel poco di soddisfazione o di bene che offre, anche se di fatto ci si dovrà poi pentire, perché si tratta di un bene falso e cioè solo apparente.
Ciò significa che la nostra volontà non è libera nei confronti della propria natura e non è libera neanche nei confronti del suo fine ultimo.
Sulla scia di Aristotele San Tommaso scrive: “Noi siamo padroni dei nostri atti, in quanto possiamo scegliere questa o quella cosa. Ora la scelta non ha per oggetto il fine, ma "i mezzi che portano al fine", come dice Aristotele. Perciò l’appetizione dell’ultimo fine non rientra tra le cose di cui siamo padroni” (Somma teologica, I, 82, 1, ad 3).

5. La nostra volontà dunque vuole sempre il bene e non può non volerlo.
Di fronte ai beni creati, che sono beni limitati, è capace di soppesarli per quello che hanno e per quello che non hanno. Non si sente costretta dinanzi ad essi, ma libera.
Questo è all’origine della nostra libertà di agire o non agire, di voler questo o volere quell’altro.
È libera dunque nei confronti dei mezzi in vista della felicità piena, ma non è libera nei confronti della felicità piena perché la sua natura è fatta per questo.
Pertanto dinanzi a Dio pienamente posseduto, come avviene in Paradiso, la libertà trova il suo compimento e non il suo annullamento.
E questo nel medesimo modo in cui si dice di una persona che è libera di sposarsi quando vuole o con chi vuole, ma una volta sposata la sua libertà è compiuta, realizzata. Diventa incapace di esprimersi diversamente, perché si è donata totalmente e perdutamente alla persona che ama e in questo trova la propria felicità, il proprio appagamento. Non ne vuole altre.

6. Mi domandi: “E cos’è un’anima senza la facoltà di scegliere?”.
Ti rispondo: finché si trova di qua, in via verso la felicità perfetta, sì, sono d’accordo con te. Che cosa sarebbe un’anima senza la possibilità di scegliere?
Questa libertà, che è sua prerogativa e la rende simile a Dio, è la sua perfezione, ma nello steso tempo ne indica anche il limite. Ricorda che è ancora in via.
Ma quando si tratta dell’anima davanti a Dio e nell’eternità, e cioè in Paradiso, allora le cose cambiano.
Qui la libertà non si annienta, ma realizza il motivo più profondo della sua natura: cercare ciò che rende pienamente felice. Qui la volontà è pienamente contenta di essere fissa nel bene, in ciò che ha cercato e costruito.

7. Al contrario, per chi va all’inferno possiamo dire che la libertà non è colmata, non è saziata. Chi va all’inferno sperimenta il fallimento della propria libertà.
Chi si trova all’inferno avverte il desiderio fortissimo di felicità, ma questa è diventata impossibile per lui perché si è definitivamente fissato in ciò che non sazia, anzi in ciò che tormenta.
Per rovesciare la sua intollerabile situazione dovrebbe avere a disposizione un altro istante, diverso da quello che sta vivendo, ma non ce l’ha perché l’eternità è l’istante che non ha né passato né futuro.
È difficile per noi che siamo nel tempo avere un concetto adeguato di eternità perché d’istinto temporalizziamo anche la vita del Paradiso. Ma qualcosa, e con certezza, riusciamo a comprenderlo.

Nella speranza di averti illuminato, ti ringrazio per il quesito, ti auguro di realizzare pienamente il significato della libertà.
E per questo ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo