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Quesito
Caro Padre Angelo,
mi chiamo Tommaso, ho 20 anni e da alcuni mesi mi sono riavvicinato alla fede. Le pongo varie questioni, credo a carattere teologico, riguardanti più temi.
Mi scuso per non aver avuto il tempo e la disposizione per cercare le risposte nell’abbondante archivio, la ringrazio per il bellissimo lavoro che svolge e le faccio l’impegnativa richiesta di pregare sentitamente per me circa il dono della costanza nella fede, nell’amore e nel rispetto di Dio.
Di seguito: La sofferenza di Gesù.
Mi sono chiesto (con evidente ignoranza) se la Passione di Gesù, in termini esclusivi di sofferenza, sia paragonabile alla sofferenza degli altri condannati in quel tempo, secondo le usanze, oppure vi sia stato anche un patimento spirituale incomparabilmente maggiore e che solo Egli, Dio fatto uomo, avrebbe potuto sopportare. Nell’ingenuità di questa domanda mi rifaccio al concetto di sofferenza spirituale, enormemente più profonda rispetto a quella terrena, che caratterizza, ad esempio, i dannati e le anime purganti. Desumo questa incomparabilità dalle testimonianze di alcuni mistici a cui, in linee generali, non so quanto lei creda e di cui io stesso non sono in grado di valutare più a fondo l’attendibilità.
Quindi, sintetizzando, la Passione di Gesù è stata caratterizzata in maniera elettiva da una sofferenza spirituale proporzionata solo a Lui, o gli uomini, attraverso scherno, flagellazione, crocifissione e via dicendo hanno vissuto o potrebbero rivivere pienamente i medesimi tormenti?
Ancora grazie per l’importante aiuto e la Mamma nostra vi protegga.
Tommaso
Risposta del sacerdote
Carissimo Tommaso,
1. la sofferenza di Cristo è unica ed è stata così grande che per noi è impossibile immaginarla.
2. Per mostrare la grandezza, per quanto è possibile, si può partire da una profezia di Geremia: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore” (Lam 1,12).
Gesù con la sua mente umana vedeva direttamente nella mente di Dio. Godeva cioè della visione beatifica e vedeva direttamente nella mente di Dio in maniera incomparabilmente superiore a quella di cui vedono attualmente tutti gli abitanti del Paradiso.
3. Vedeva pertanto tutti i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi.
E, vedendo direttamente nella mente di Dio, ne comprendeva la gravità, quella gravità per cui in croce disse: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
Lui, sì, sapeva quello che gli uomini facevano a Dio e quello che facevano a se stessi e agli altri.
4. Nella stesso tempo Gesù vedeva tutte le sofferenze di tutti gli uomini di tutti i tempi. E dinanzi a queste sofferenze non rimaneva impassibile, perché se San Paolo disse “Chi è che soffre che anch’io non soffra?” (2 Cor 11,29) che cosa non si dovrà dire di Gesù?
Gesù è stato solidale con le sofferenze di tutti, perché le vedeva tutte distintamente e di tutte ne sentiva un forte dolore, come se le soffrisse lui.
Proprio per questo doppio motivo Geremia, profetando, poteva dire: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore” (Lam 1,12).
5. S. Tommaso dice che “Cristo soffriva non solo per la perdita della vita corporale, ma anche per i peccati di tutti (perché li vedeva tutti). E il suo dolore superò tutto il dolore di qualsiasi penitente (Qui dolor in Christo excessit omnem dolorem cuiuslibet contriti). Sia perché derivava da una maggiore carità e sapienza, le quali direttamente accrescono il dolore, sia perché soffriva simultaneamente per i peccati di tutti, secondo le parole del profeta: Egli veramente ha preso su di sé i nostri dolori (Is 53,4)” (S. Tommaso, Somma teologica, III, 46, 6, ad 4).
6. Questo dolore era presente nella sua anima fin dal primo istante della sua esistenza. Per questo Tommaso da Kempis dice che “tutta la vita di Cristo fu croce e martirio: tota vita Christi crux fuit et martirium” (Imitazione di Cristo, II, 12).
7. Ci si può domandare come Cristo abbia potuto soffrire così tanto e non essere schiantato dal dolore fin dall’inizio.
La spiegazione che viene data è in qualche modo la seguente: come Cristo ha trattenuto nella parte superiore della sua anima il gaudio che derivava dalla visione beatifica, altrimenti la gloria divina che possedeva avrebbe invaso anche il corpo e l’avrebbe reso subito impassibile trasferendolo in paradiso, così per un meccanismo analogo ha trattenuto nella parte inferiore della sua anima l’oceano di dolore che provava. Se non l’avesse trattenuto, il suo corpo ne sarebbe stato subito schiantato e sarebbe morto.
8. Come per un’ora soltanto Gesù ha voluto mostrare a tre apostoli la gloria che brillava nella parte superiore della sua anima (l’evento della trasfigurazione), così per un’ora ha voluto mostrare il dolore che aveva dentro di sé: l’ora dell’agonia nel Getsemani.
San Marco dice che Gesù cadeva per terra sulla sua faccia. Un dolore così grande non era sopportabile. Se fosse ridondato sul suo corpo, non avrebbe potuto sopravvivere, predicare, agire, compiere miracoli…
9. Gli evangelisti, come avrai notato, non indugiano mai nella descrizione delle sofferenze esterne di Gesù, che furono pur grandi.
Immensamente più grandi furono le sue sofferenze interne.
Sembra quasi che lo Spirito Santo, che è l’Autore principale dei testi sacri, abbia voluto passare in sordina i dolori fisici perché portarci a contemplare altri dolori.
In quei dolori c’era ognuno di noi distintamente, con la propria storia di peccati e di sofferenze. Tutte queste storie di dolori e di peccati Gesù le ha avute attualmente sempre presenti e lo hanno accompagnato anche nelle ore umanamente più liete.
Dei nostri stessi dolori ha sofferto più lui che noi. Perché noi prima delle esperienze dolorose siamo vissuti nella serenità, Cristo invece le ha viste e tenute presenti dal primo istante della sua esistenza fino alla croce.
Per questo l’autore dell’Imitazione di Cristo ha affermato che “tutta la vita di Cristo fu croce e martirio: tota vita Christi crux fuit et martirium” (Imitazione di Cristo, II, 12).
Alle nostre sofferenze, unite alle sue, ha voluto dare un potere immenso di redenzione.
10. La contemplazione del volto sofferente di Gesù ci accompagni sempre, soprattutto nella contemplazione dei misteri del Rosario, non solo in quelli dolorosi, ma anche in tutti gli altri.
È una contemplazione che ci fa bene, ci aiuta a stare più uniti a Lui, a partecipare maggiormente al compimento della redenzione e a tenerci lontano dal peccato.
Sono molto contento che il Signore ti abbia riavvicinato a Sé. Ti sei accostato alla Sorgente inesauribile, sempre nuova, di Luce e di Vita: “Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
Ti ringrazio per la domanda, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo