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Quesito
Caro Padre Angelo,
in questo periodo giubilare mi capita spesso di riflettere sulla questione delle indulgenze.
Mi è chiara – credo – la “dinamica” che le riguarda, ed anche il loro fondamento biblico.
Tuttavia, faccio una certa fatica a “digerire” il sistema apparentemente ( e sottolineo "apparentemente") molto meccanico con cui spesso sono "vissute" dai fedeli. In sostanza, oso dire che mi sembra riduttivo subordinare – come sembrano fare in molti – un esito importantissimo come l’entità della nostra (eventuale) permanenza in Purgatorio al puro espletamento di una serie di atti determinati in maniera talmente meccanica, appunto, da dar l’impressione che essi possano poi essere vissuti dimenticandosi che si tratta – almeno per due di questi atti – di Sacramenti e non di semplici elementi collaterali da attuare abitudinariamente per giungere alla sospirata indulgenza plenaria.
Ciò vale per Sacramenti come la Comunione e la Riconciliazione, quindi, ma non solo: anche per pratiche importantissime come il Santo Rosario.
Per dire, mi è capitato di ascoltare persone – soprattutto anziane – così imbevute da questo “meccanicismo” da sminuire l’importanza di un Santo Rosario recitato da soli “perché per l’indulgenza bisogna recitarlo pubblicamente”, come se il Santo Rosario fosse unicamente finalizzato al lucrare l’indulgenza e non fosse Esso stesso, di per sé, un tesoro inestimabile. Questo, naturalmente, è solo un esempio, ce ne sarebbero molti altri a testimoniare questa diffusa visione.
Proprio perché nulla voglio togliere (ci mancherebbe…) all’importanza delle indulgenze, mi chiedo se la risposta al mio dubbio non stia in quelle parole che moltissimi fedeli sembrano dimenticare quando si parla di indulgenze, ovvero quel “ripudio totale per il peccato anche veniale” che è di una tale difficoltà da raggiungere (ed è così trascurato dai fedeli) che – di fatto – le indulgenze poi realmente lucrate sono forse solo una piccolissima parte di quelle che le persone credono di lucrare. E’ così? Mi può chiarire questo punto?
Grazie per la sua risposta, le offro dal mio piccolo una preghiera, stasera, davanti al Santissimo.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. purtroppo quanto hai visto e sentito a proposito delle indulgenze è vero. Molta gente lega l’indulgenza al puro atto materiale.
Mi sono trovato a varcare la porta santa all’inizio dell’anno giubilare accanto ad una persona che in Chiesa va raramente e ha continuato così dopo aver partecipato a quella celebrazione.
2. Ora se l’atto di varcare la porta santa è simbolo di un cambiamento nella propria condotta ed è accompagnato da una sincera confessione sacramentale dei propri peccati e dalla santa Comunione non c’è nulla da dire. Anzi.
Ma se si è compiuto il gesto solo perché è bello, perché si compie di rado, perché c’è tanta gente, senza essere accompagnato dalla volontà di sradicarsi dai peccati, volontà manifestata con la confessione sacramentale, si potrà dire che si è compiuta una buona azione, ma non di aver compiuto l’atto richiesto dal Giubileo.
3. Ora tra tutti gli atti compiuti per prendere l’indulgenza, quello interiore è il principale e fondamentale.
Al punto che per i malati o per altre persone impedite, si dispensa dall’atto esterno (varcare la porta santa). Ma non vi può essere dispensa dalla volontà di sradicarsi dai propri peccati.
Perché è proprio a questo che mira l’indulgenza: a far compiere un nuovo balzo in avanti nella conversione e nella santità di vita.
La Chiesa “premia” e stimola questa volontà con l’induolgenza attingendo dai meriti di Cristo e dei santi.
4. San Tommaso dice che le indulgenze “servono, sia in foro ecclesiastico sia davanti a Dio, a rimettere la pena che rimane dopo la contrizione, l’assoluzione e la confessione dei peccati, anche se non è stata imposta penitenza alcuna.
La ragione di ciò si trova nell’unità del corpo mistico: molte membra del quale superarono, con le loro penitenze, la misura dei loro debiti; inoltre sopportarono con pazienza molte ingiuste tribolazioni, per mezzo delle quali avrebbero potuto espiare tante altre pene, se ne fossero stati meritevoli; e tanta è l’abbondanza dei meriti in tal modo acquisita che supera la quantità dei castighi dovuta a tutti coloro che vivono attualmente” (Supplemento alla Somma Teologica, 25,1).
5. Non basta lo stato di grazia – che pure è fondamentale – per acquisire l’indulgenza, ma è necessaria anche la confessione sacramentale che elimini tutti i peccati.
E si richiede una confessione nella quale non rimanga nessun affetto nei confronti di qualunque peccato.
Diversamente l’indulgenza non sarà plenaria, e cioè non rimetterà tutta la pena.
6. Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di mettere in evidenza questi aspetti anche se la risposta sarà pubblicata quando l’anno della misericordia sarà già terminato. Ma le indulgenze plenarie non sono legate solo all’anno giubilare.
Ve ne sono parecchie legate ad altre pratiche, come a quella del Santo Rosario recitato in un oratorio o in un gruppo o famiglia.
Oratorio, gruppo o famiglia sono determinati dalla Chiesa per incitare a pregare in un luogo sacro, nel quale il raccoglimento è più facile, e in un gruppo o famiglia perché molti sono aiutati a pregare dalla presenza di altri.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo