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Quesito

Gentile padre,
un Sacerdote nel dare la Santa Comunione come fa a conoscere se una persona non si confessa da molto tempo ed è privo della grazia di Dio?
Quali accorgimenti ci sono per permettere al ministro di non dare l’Eucarestia? Il fedele deve dirlo o fare finta di niente?
Il ministro non potrà mai conoscere lo stato spirituale del fedele. Grazie.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. non ci sono accorgimenti per permettere a sacerdoti di sapere se chi chiede la comunione da tanto che non si confessa o è privo della grazia di Dio.
Il sacerdote è tenuto a dare la Santa Comunione a tutti quelli che si presentano, anche a quelli che sono privi della grazia di Dio, a meno che non siano peccatori manifesti oppure ne abbiano la proibizione dal diritto. È sottinteso che non può darla neanche ai non cristiani.
Qualora negasse la Santa Comunione diffamerebbero pubblicamente una persona e compirebbe un peccato molto grave.

2. San Tommaso dice che “ai peccatori che sono manifesti per l’evidenza dei fatti, come i pubblici usurai e i rapinatori, o per la sentenza di un tribunale ecclesiastico o civile, non si deve dare la Santa Comunione neanche se la chiedono” (Somma Teologica, III, 80, 6), a meno che non consti della loro emendazione e abbiano riparato lo scandalo pubblico.
Il rifiuto al peccatore manifesto è motivato dal fatto che se egli chiede privatamente e gli si conferisce il sacramento, ci si rende cooperatori del suo peccato; e se chiede pubblicamente e glielo si conferisce, si reca scandalo alla comunità.
Il rifiuto, invece, non comporterebbe disonore a colui che la chiede, avendolo già acquisito e manifesto per il peccato pubblico.

3. Scrive infatti San Tommaso: “Ebbene, ai peccatori manifesti non si deve dare la Santa Comunione, neanche se la chiedono. Scrive in proposito San Cipriano: “Per la tua gentilezza hai creduto di dovermi chiedere il parere sugli istrioni e su quello stregone che, stabilitosi in mezzo a voi, continua ancora nel suo vergognoso mestiere: se a costoro si debba dare la Comunione come agli altri cristiani. Credo che disdica e alla maestà divina e alla disciplina evangelica lasciar contaminare la santità e l’onore della Chiesa da contagi così turpi e infami”” (Ib.).

4. Se invece uno è privo della grazia di Dio e non è peccatore manifesto né ha ricevuto la proibizione di ricevere i sacramenti, se chiede la Santa Comunione il sacerdote o il ministro gliela deve dare. 
Il rifiuto infatti comporterebbe diffamazione per il soggetto e scandalo per la comunità cristiana che non è a conoscenza dei motivi del diniego.

5. Scrive ancora San Tommaso: “Se i peccatori non sono notori ma occulti, non si può negare la santa comunione quando la chiedono. Perché, essendo ogni cristiano ammesso alla mensa del Signore per il fatto che è battezzato, non gli si può togliere il suo diritto se non per una ragione manifesta. Per questo, commentando le parole di San Paolo, “Se uno tra voi, chiamandosi fratello, ecc.”, Sant’Agostino afferma: “Noi non possiamo escludere nessuno dalla comunione, se non nel caso che abbia spontaneamente confessato la sua colpa, o sia stato processato e condannato da un tribunale ecclesiastico o civile”” (Ib.).

6. Certo, chi fa la Santa Comunione in peccato mortale compie un sacrilegio.
Tuttavia se il sacerdote la negasse, mentre la gente è ignara che chi la chiede è privo della grazia di Dio, compirebbe un peccato ancora più grave.
Scrive San Tommaso: “Sebbene per un peccatore occulto sia peggio peccare mortalmente ricevendo il corpo di Cristo che essere infamato, tuttavia per il sacerdote che lo amministra è peggio peccare mortalmente infamando ingiustamente un peccatore occulto, che permettergli di peccare mortalmente; perché nessuno deve commettere un peccato mortale per evitare la colpa di un altro. Perciò S. Agostino ha scritto: “È una compensazione pericolosissima commettere noi qualche cosa di male allo scopo che un altro non faccia un male più grave”. 
Il peccatore occulto però da parte sua è tenuto a preferire l’infamia alla comunione sacrilega” (Ib., ad 2)).

7. Tuttavia “il sacerdote che è al corrente della colpa, può ammonire privatamente il peccatore occulto oppure avvertire genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la Chiesa” (Ib., III, 80, 6).

Ti ringrazio del quesito, ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo