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Quesito

Caro Padre Angelo,
vorrei aver chiara una questione: ho alcuni amici che convivono o sono in situazioni “irregolari”, e, nonostante sappiano che, secondo il magistero della Chiesa, non possono fare la comunione eucaristica, senza prima sinceramente pentirsi e confessarsi, quando vogliono, non conoscendo il sacerdote la loro situazione, vanno a prendere lo stesso la Comunione… 
La mia questione è: va bene commettono un sacrilegio, ma l’effetto del sacramento dell’Eucaristia non avviene lo stesso?
Può Dio chiudere questa porta loro in faccia?


Risposta del sacerdote

Carissima, 
1. il sacrilegio che compiono non consiste semplicemente nel disobbedire ad un comando del Signore ma nel profanare l’Eucaristia.
Perché quando è ricevuta indegnamente le viene impedito di essere efficace.

2. È una cosa analoga a quella di chi si trova in una malattia grave e ha appena subito un pesante intervento chirurgico. Non può ingerire cibi. Se li ingerisce, li vomita, sta ancora peggio e può anche morire.
Come si vede chiaramente: non è perché il cibo ingerito non sia efficace, ma perché il corpo è indisposto e non lo può ricevere.

3. La Sacra Scrittura è molto chiara su questo punto: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1 Cor 11,27-30).
Come si vede, non viene annunciata nessuna efficacia, ma solo condanna.
In alcuni casi addirittura malattie, infermità e perfino morte”.

4. Ed è per questo che il santo Papa Giovanni Paolo II ha detto nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia: “«Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione» (Codice di Diritto Canonico, can. 916.
Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (EE 36).

5. Ha detto anche: “A questo dovere richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28).
San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrottaUn tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi»” (Omelie su Isaia 6, 3)” (EE 36).

6. A scanso di equivoci va ricordato che questi castighi ognuno se li dà da se stesso spalancando la porta al suo avversario.
Nell’Antico Testamento si legge: “Chi pecca, danneggia se stesso” (Sir 19,4).
E “Dio non entra in un’anima inquinata dal peccato” (Sap 1,4). Non perché non voglia entrare, ma perché gli è sbarrata la porta.

7. Questi ammonimenti del Signore sono un grande atto di carità nei nostri confronti.
Mentre richiamano a camminare nella via che a lui conduce e ad allontanarsi dal peccato, ci salvano dalle lusinghe di una falsa misericordia, che accumula sulle persone male su male.

Ti benedico, ti ricordo nella preghiera e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo