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Quesito

Buongiorno. Ho fatto la Confessione, ma il sacerdote non ha detto la formula di assoluzione completa. Ha concluso dicendo “vai in pace nel nome del … ecc.”
Io gli ho detto alla fine che avevo letto che fosse necessario pronunciare “io ti assolvo” e lui ha detto di averlo detto dentro di sé e di stare tranquilli che è responsabilità del celebrante. È valida comunque la Confessione? Mi sono un pò preoccupato.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. i sacramenti sono essenzialmente dei segni sacri.
In quanto segni sono composti di elementi materiali e di parole che ne specificano il significato.

2. Ad esempio, nel battesimo l’elemento materiale è costituito dall’acqua. Anzi, dall’acqua infusa sul capo del battezzando.
Le parole che manifestano il significato di quel gesto sono quelle prescritte dalla Chiesa. In questo caso si tratta delle parole stesse indicate da Nostro Signore quando comandò di andare ad evangelizzare e a battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Per la validità del sacramento la Chiesa nella sua disciplina determina le seguenti parole: “N. (nome) Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

3. La Scrittura stessa ricorda questi due elementi a proposito del battesimo: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola” (Ef 5,25-26).
Sant’Agostino dice che nei sacramenti “si aggiunge la parola all’elemento materiale e si realizza il sacramento” (accedit verbum ad elementum et fit sacramentum”; Commento al Vangelo di Giovanni, 80).

4. Pertanto se mancano le parole, il gesto compiuto rimane amorfo e il sacramento non viene celebrato.
Non è sufficiente che il sacerdote dica queste parole nel suo interno.
Perché se celebri il battesimo è necessario che le parole vengano esternate. Diversamente non c’è il segno, non c’è il sacramento.
La stessa cosa vale per l’eucarestia. Non è sufficiente che il sacerdote dica le parole nel suo cuore. Queste parole c’erano anche nell’interno di Gesù prima che le proferisse, ma non attuava la consacrazione.
La consacrazione avvenne solo quando prese il pane e sul pane proferì le parole consacratorie.

5. Lo stesso discorso vale anche per il sacramento della penitenza o della riconciliazione.
Le parole che il sacerdote ti ha detto: “Vai in pace nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” sono parole di una benedizione, ma non le parole di una assoluzione.
Ciò significa che il sacerdote non ti ha assolto, anche se questa era la sua volontà. Non basta la volontà per produrre il segno sacramentale: sono necessari anche i segni materiali e le parole.

6. Il sacerdote ti ha detto che non devi preoccuparti perché è responsabilità sua. Neanche questo è sufficiente: accettando di celebrare il sacramento sacerdote si impegna con il penitente a celebrarlo come è prescritto dalla Chiesa. È un suo dovere. Ed è un diritto del penitente che venga celebrato così.
La conclusione è questa: se hai accusato dei peccati gravi, questi non sono stati assolti. Pertanto vanno confessati di nuovo.

7. È responsabilità sua, ha detto. Sì, aver esposto il sacramento all’invalidità è responsabilità sua, è una profanazione, un sacrilegio.
Non è un peccato veniale.
Tutto sarebbe stato più bello se in atteggiamento di umiltà si fosse comportato come ministro della Chiesa e avesse celebrato il sacramento come si deve.

Mi spiace per l’accaduto.
Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo