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Quesito
Caro padre Angelo,
sono …, la pediatra che ha scoperto la purezza coniugale dopo anni di matrimonio e … figli. La ringrazio per l’incoraggiante risposta che mi ha dato (ricevuta il 21/12). E’ passato un anno dalla scorsa Pasqua, da quella Confessione che mi è rimasta dentro. Questa storia però non riesco a concluderla, mi sembra di dover dire ancora qualcosa, non so perchè. (…).
Sono sempre stata caratterialmente chiusa e silenziosa, con un’intensa interiorità e facilità alla preghiera. In particolare ricordo l’estate della maturità, quando affascinata dalla medicina e dal mistero della vita, avverto come una vocazione. Chiedo ed offro me stessa: diventare medico per servire gli altri, il matrimonio perché attratta dalla famiglia e dalla maternità. Quella preghiera mi mette le ali ai piedi: studio con gioia ed entusiasmo per l’esame di ammissione a medicina ed affido a Lui, l’altro “abito bianco” (“.. pensa Tu a trovarmi la persona giusta”). Dovendomi allontanare da casa per gli studi universitari, scelgo il Cenacolo Domenicano a … e l’impronta rimane religiosa (siamo seguite con conferenze, Messe e possibilità di confessioni). Poi incontro il mio attuale marito: di nuovo ho la stessa sensazione, di gioia intensa, di “ali ai piedi”. Dura poco però, cediamo presto alla genitalità; perdo trasparenza, lascio il collegio con la scusa di volere più indipendenza. Non c’è convivenza continua, ma avviene ciò che non dovrebbe avvenire.
Il pensiero di Dio diventa sfumato, comincio a pensare che la mia spiritualità derivasse da un vuoto affettivo che ora avevo colmato. La sessualità mi lascia sempre un retrogusto amaro, che interpreto come esito di tabù, di un’educazione un po’antiquata e, rassicurata dal comportamento degli altri, non avverto pienamente un senso di peccato. Continuo ad andare a Messa, all’Eucarestia, c’è anche qualche confessione, ma alla sessualità non penso minimamente, la considero accettabile. Nel matrimonio continua il nostro zoppicare (nella contraccezione), ma arrivano i bimbi, siamo felici (a parte il retrogusto persistente, nonostante tutto). La fede diventa un po’ un’abitudine, non perdiamo mai la Messa, ma manca l’intensità di un tempo, prevale il dubbio. Fino a quella volta, quando avviene l’errore (fallimento del metodo contraccettivo).
Presa dalle mille difficoltà del momento, tento una preghiera disperata, ma avverto una netta chiusura che interpreto come assenza: Dio non esiste, devo arrangiarmi. Ricorro quindi alla pillola del giorno dopo (pgd). Da quel momento la mia sessualità progressivamente si chiude, sento di essere andata oltre. Quest’aspetto della mia vita viene come congelato. Non è più un retrogusto, ma una progressiva avversione: tra di noi c’è solo più qualche breve atto impuro che fa sentire me usata e lui rifiutato. Poco per volta anche il nostro amore viene coinvolto: il dialogo si riduce, c’è insofferenza; a me sembra l’inizio di una crisi.
Sento la necessità della Confessione, ma più volte la rimando dalla Pasqua al Natale.
A Pasqua dello scorso anno, un sacerdote estraneo alla parrocchia collabora alle confessioni. Tento ancora una preghiera: “se davvero è importante che parli di ‘sta pgd, fa in modo che mi aiuti ..”. E così avviene. Rassegnata ad evitare ancora il discorso, comincio da cose banali, ma il sacerdote mi interrompe dicendo: “..Dimmi se c’è qualcosa, anche nel tuo passato, che ti impedisce di vivere pienamente questa Pasqua”.
Forse dice così a tutti, ma io vengo scossa da un brivido. Al termine mi alzo turbata, ma per la prima volta comprendo cos’è la Confessione. Non si tratta semplicemente di raccontare ad un altro i fatti propri, c’è qualcosa di molto di più, qualcosa (o Qualcuno) che trascende questo semplice rapporto umano.
A questo punto dentro di me succede il finimondo: è come se solo in quel momento prendessi veramente coscienza della gravità del fatto! Dapprima rifiuto, spero nel malinteso, cerco tutta la possibile letteratura scientifica in merito.. ma qualcosa dentro di me è così intenso. È come un morso, un nodo.. è il cuore che si “sbriciola”. Cerco raccoglimento, leggo e ..ricomincio a pregare. In questa fase trovo il sito e comprendo che la pgd, non è che la punta dell’iceberg. Sono talmente scossa emotivamente, che decido di buttarmi, di tentare questo grande cambiamento. Prima di tutto provo ad abbandonarmi, senza riserve, nel dono totale di me stessa.
E scopro, dopo tutti questi anni, di non aver capito nulla della sessualità!
Improvvisamente l’avversione, il retrogusto che da anni tento di vincere, scompare.
E’ così grande la differenza nel vissuto degli atti coniugali, che anche mio marito, serenamente razionale, ne viene coinvolto ed accetta, nonostante un’iniziale perplessità, questo improvviso cambiamento.
E si riapre il dialogo e la tenerezza fra noi.
Tutto ciò per lei è scontato, ma io solo ora mi rendo conto che si tratta dell’applicazione pratica, passo per passo, sia nella fase di discesa, che nel difficile tentativo di risalita, di tutto quanto la Chiesa afferma sulla sessualità umana. Dalla semplice analisi delle mie sensazioni, sono indotta a pensare che forse è proprio vero che essa tocca l’intimo nucleo della persona e che viverla male, come dice lei, spegne il gusto di Dio, il desiderio di sentirLo vicino, di finalizzare a Lui le proprie azioni.
Bruciare le tappe nel fidanzamento, fa perdere la trasparenza, il desiderio puro di conoscersi nel profondo dei pensieri e dei valori, privando il matrimonio di un’importante novità. E’ proprio vero che la contraccezione offusca il fascino ed il rispetto per la vita nascente, che diventa un rischio da evitare, un errore da correggere a tutti i costi. Nel nostro caso ha contribuito ad allontanarci, creando disagio ed incomprensione.
E’ quasi un anno che seguiamo il metodo naturale, e mese dopo mese, per me è una continua sorpresa. Non si tratta semplicemente di contare i giorni in un calendario, attendendo in castità il semaforo verde. Non è una via alternativa di contraccezione, ma un cambiamento che coinvolge il modo di pensare e di vivere.
E’ la sessualità vissuta da “dentro”: dal cuore, nel rispetto della sua sacralità. Sì, la sessualità è sacra e meravigliosa: è Dio che incontra l’uomo, accogliendone la collaborazione! E il tabù non esiste, o forse si chiama coscienza. E’ consapevolezza di esistere per gli altri: passare dall’usare o lasciarsi usare, al donarsi completamente. Questo dono tra coniugi, dovrebbe estendersi oltre il rapporto di coppia, all’aspetto genitoriale. Tutti noi pensiamo di amare i nostri figli, ma non è così scontato. Spesso l’egoismo ostacola il ruolo educativo: educare vuol dire superare noi stessi per loro. E’ difficile trovare un giusto equilibrio tra Sì e NO. Dire SI è più facile, ma non sempre è per amore. Il NO, quello vero, che non nasce dal disappunto o dall’esasperazione, ma da un dono grande per il bene di chi lo riceve, richiede tempo e pazienza, guardarsi negli occhi, accettare un rifiuto… Solo ora mi accorgo di quanto poco siamo genitori e di quanto siamo noi stessi immaturi, a volte più dei bambini. Non vorrei darle l’impressione di un idillio, che assolutamente non è; anzi è molto difficile tentare di ristrutturare le basi di una casa già costruita. Per ora mi limito tristemente ad osservare che come genitori lasciamo molto a desiderare e mi rammarico di tutto il tempo perso, col timore che sia impossibile recuperarlo. Mi pare però, di avere una maggiore stabilità emotiva e un po’ di sicurezza in più: come se l’attesa, il rispetto e l’accoglienza reciproca, giocassero un ruolo educativo su noi stessi. O forse, semplicemente, è la ritrovata complicità che ci fa scoprire di essere genitori insieme.
Prima tutto era sempre più pesante per me: i figli insopportabili, il marito ingombrante, i pazienti noiosi… Vivere diventa faticoso, quando perdi l’orientamento. Adesso mi sembra di avere, se non le “ali ai piedi”di una volta, almeno un po’ di forza in più. Purtroppo mi pare che comprendere tutto questo oggi sia molto difficile: io non ci sarei mai arrivata, se non al prezzo di un errore grave e del dolore ad esso conseguito.
Vorrei porle ancora due domande personali.
1-: Pur avvertendo, mista al dispiacere per gli errori, la gioia di sentire di nuovo Lui come causa e fine di ogni mia giornata, mi sento divisa tra sensazioni contrastanti, pensando che in fondo molte persone vivono benissimo la convivenza, la contraccezione.. e sono equilibrate, aperte agli altri molto più di me. (…).
2- Il Rosario è un’altra cosa di cui la ringrazio: prima lo trovavo noioso, ora è una specie di “cappuccino” spirituale, con cui iniziare la giornata. Quando mi è possibile mi piace fermarmi circa ½ ora in chiesa, che al mattino è deserta, per recitarlo. Il mio problema però è il telefono (la nostra reperibilità telefonica copre circa 12 ore): dapprima lo ignoravo, perdendomi volentieri nei misteri; poi, vedendo le chiamate perse, ho deciso di tenergli un occhio, rispondendo se necessario (ovviamente a bassa voce e solo se la Chiesa è deserta). Così succede per esempio, che tra l’Annunciazione e la Visitazione, passino un’influenza, una varicella,.. piccoli e grandi problemi quotidiani. Questo a volte mi induce a portare nel rosario (per chiedere aiuto e consiglio) alcuni miei pazientini e le loro famiglie, con risultati per me rassicuranti. Da un lato ciò mi sembra bello, sento che la preghiera mi dà una marcia in più.. ma è pur vero che sono in chiesa e.. non va bene, vero?
Con gratitudine la ricordo nelle mie maldestre preghiere e continuo ad aver bisogno delle sue (soprattutto per mio marito che continua a farsi trascinare, anche se più serenamente ora)!
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. sono contento di quanto mi hai scritto.
La tua non è semplicemente conoscenza di come stanno le cose, ma esperienza.
Dal momento che la tua testimonianza è un po’ ampia, cercherò di essere succinto io.
L’affermazione che merita soprattutto di essere sottolineata è quella in cui a proposito dei metodi naturali dici: “Non si tratta semplicemente di contare i giorni in un calendario, attendendo in castità il semaforo verde. Non è una via alternativa di contraccezione, ma un cambiamento che coinvolge il modo di pensare e di vivere.
E’ la sessualità vissuta da “dentro”: dal cuore, nel rispetto della sua sacralità. Sì, la sessualità è sacra e meravigliosa: è Dio che incontra l’uomo, accogliendone la collaborazione! E il tabù non esiste, o forse si chiama coscienza.
E’ consapevolezza di esistere per gli altri: passare dall’usare o lasciarsi usare, al donarsi completamente. Questo dono tra coniugi, dovrebbe estendersi oltre il rapporto di coppia, all’aspetto genitoriale”.
2. Posso capire i dubbi che talvolta ti assalgono.
Tante persone che fanno contraccezione forse non avvertono di essere fuori strada, ma non fanno neanche l’esperienza che stai facendo tu.
Dio invece ha fatto breccia nuovamente nella vostra famiglia.
Seguendo le sue vie, la tua vita ha acquisito il sapore di una ventata di primavera, proprio a motivo della freschezza e della purezza del dono.
Questa tua nuova esperienza è una realtà e non un sogno, profondamente diversa da quella precedente.
3. Il Rosario per te è diventato una boccata d’aria, un respiro, un’esigenza dell’anima.
È diventato anche un’esigenza della tua professione.
Sì, è bello lavorare sapendo che la nostra opera è indispensabile, ma è ancor più indispensabile la nostra preghiera perché per mezzo di essa interviene anche la mano di Dio.
Ti ringrazio per la tua testimonianza, che rincuorerà molti, e anche per le preghiere che mi hai promesso.
Da parte mia, assicuro le mie per te, per tuo marito e per i tuoi carissimi figli.
Vi benedico tutti.
Padre Angelo