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Quesito
Buon pomeriggio padre Bellon,
È un giovane ragazzo di vent’anni che parla.
Sono al primo anno universitario e ho una vita – tutto sommato – piena di impegni, ma cerco di dare, sempre, il meglio di me stesso, in famiglia e e con le altre persone che fanno parte della mia quotidianità.
Credo in Dio molto profondamente e ogni giorno cerco di servirlo come meglio posso.
Ho sogni ed ambizioni per il mio futuro, ma anche altrettanti tante preoccupazioni e timori.
Qualche giorno fa, durante la lettura serale del Vangelo, mi sono imbattuto in un passo di Luca che diceva: «Non preoccupatevi per la vita. […] Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta.»
Le vorrei porgere, allora, una domanda alla quale può risultare difficile rispondere.
Come riesco o come faccio a condurre la mia vita fidandomi totalmente in Dio e ad avere meno paura della vita e di ciò che devo fare?
Vorrei, davvero, essere capace di questo, ma non è facile.
Grazie mille per il suo tempo e per la sua disponibilità!
Sia lodato Gesù Cristo!
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. mi compiaccio innanzitutto per l’impegno a dare il meglio di te in famiglia, con le altre persone e in definitiva con la Chiesa.
Mi compiaccio anche della lettura serale del Vangelo. Se tu sapessi quanto il Signore attende questo momento per essere la tua luce, il tuo conforto, il tuo inseparabile compagno di viaggio, per riempirti di Sé e della comunione con i Santi.
È una fortuna ancora più grande di quella provata dal giovane Tobia che nel suo viaggio era accompagnato addirittura da un angelo, da Raffaele.
2. Vengo adesso alla tua domanda, prendendola non soltanto in riferimento alle decisioni concrete, ma all’insieme della tua vita
3. Ebbene, nell’abbandonarsi alla volontà di Dio è necessario fare alcune appropriate distinzioni perché alcuni eventi non sono legati alla nostra volontà, mentre altri sì
Per quelli che non sono legati alla nostra volontà come ad esempio gli eventi atmosferici, malattie incurabili, ecc…, si può cercare di prevenirli oppure di renderli meno pesanti e insopportabili. Ma tante volte non c’è da fare altro che abbandonarsi alle disposizioni della Divina Provvidenza, rassegnarsi e fare dei nostri disagi un’offerta a Dio gradita per il bene di molti.
3. Tante prove sono permesse nella nostra vita per lo stesso motivo per cui sono state permesse ad Abramo e cioè per diventare amici di Dio, come disse Giuditta: “Ricordatevi del nostro padre Abramo, che passando per tante prove divenne amico di Dio”.
Così la pratica dell’abbandono alle disposizioni divine senza lamentarci e offrendo tutto come atto di amore al Signore diventa un potente mezzo di santificazione che attira tante grazie su di noi e su molti.
4. Altri eventi possono venire dalla cattiveria degli uomini come ad esempio le ingiustizie, le umiliazioni, le calunnie.
Anche qui bisogna fare delle distinzioni come ci insegna San Tommaso: “Come è necessaria la pazienza delle cose compiute contro di noi, così è necessaria delle parole contrarie che ci riguardano. Ora, l’obbligo di sopportare le azioni ingiuriose da considerarsi quale predisposizione d’animo, come dice Sant’Agostino, spiegando quel precetto del Signore: “se uno ti percuote sulla guancia porgi, porgigli anche l’altra”; cioè nel senso che uno deve essere disposto a farlo, se necessario.
Ma nessuno è tenuto a farlo sempre realmente, poiché neppure il Signore lo fece; ma dopo di aver ricevuto uno schiaffo, come narra San Giovanni, disse: “perché mi percuoti?”.
Quindi a proposito delle parole offensive vale lo stesso criterio. Infatti siamo tenuti ad avere l’animo preparato a sopportare gli insulti quando ciò si richiede.
Ma in certi casi è necessario respingere l’ingiuria: e specialmente per due motivi. Primo, per il bene di chi insulta: cioè per reprimerne l’audacia, ossia perché non osi ripetere tali azioni. Nei Proverbi, infatti, si legge: “Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza, finché non si creda saggio ai suoi occhi” (Pr 26,5).
Secondo per il bene di altre persone, il bene delle quali viene compromesso degli insulti fatti a noi. Ecco perché San Gregorio insegna: “Coloro la cui vita deve servire ad esempio, se possono, devono partecipare i loro detrattori; affinché coloro che possono ascoltarli non ne siano distolti, rimanendo servizi, senza curarsi di vivere onestamente” (Somma teologica, II-II, 72, 3).
Per cui dobbiamo giudicare davanti a Dio se sia più giusto sopportare semplicemente o se, insieme alla sopportazione, sia conveniente e anche doveroso ammonire e rimproverare il nostro prossimo.
5. Quando si tratta di sopportare mali che sono stati causati dalle nostre imprudenze o dalle nostre sbagliate audacie dobbiamo soltanto umiliarci davanti a noi stessi, davanti al nostro prossimo e davanti a Dio e dire insieme con il salmista: “Bene per me se sono stato umiliato, perché impari i tuoi decreti” (Sal 119,71) e anche: “Signore, io so che i tuoi giudizi sono giusti e con ragione mi hai umiliato” (Sal 119,75).
6. In ogni caso, dobbiamo prendere le varie prove della vita con spirito di fede persuasi che Dio non si sbaglia neanche nelle sue permissioni, perché “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28).
Tante volte bisogna dire come Giobbe, privato dei suoi beni e dei suoi figli: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore” (Gb 1,21).
7. Ci sono altri eventi invece che sono legati alla nostra buona volontà perché il Signore, creandoci ad immagine e somiglianza sua, ha voluto che noi diventassimo provvidenti a noi stessi.
Si tratta allora di conoscere bene se stessi, le proprie potenzialità, le circostanze in cui siamo chiamati a vivere e prendere davanti a Dio decisioni importanti e fondamentali per la nostra vita.
Questo vale in particolare per l’indirizzi di studio, di lavoro, per la scelta matrimoniale o vocazionale.
Per un cristiano queste decisioni vanno attuate tenendo presente l’obiettivo supremo della nostra vita che è quello della nostra santificazione.
Lo spirito con cui vanno prese queste decisioni e quello ricordata da San Paolo: “Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre” (Col 3,17).
Concretamente l’abbandono alla volontà di Dio si esprime qui nella fedeltà al proprio dovere e nella perseveranza sino alla fine.
Usando il tuo linguaggio: nel dare il meglio di sé sempre e dovunque, persuasi che tutte le nostre azioni, comprese quelle del sano divertimento, della distensione e del recupero delle energie, davanti a Dio o sono buone o sono cattive, o cooperano per la nostra santificazione oppure ci allontanano da lui.
Questo è il terreno dove in gran parte si gioca la nostra santità.
8. La preghiera e la meditazione sono momenti importanti e imprescindibili per la nostra vita.
Ma la santità e lo spirito soprannaturale che si attingono nei colloqui silenziosi, personali e comunitari con il Signore vanno poi portati nel quotidiano per rendere ogni nostra azione una donazione concreta di noi stessi a Dio e al prossimo.
In questo esercizio fedele della carità realizziamo l’abbandono fiducioso e continuo della nostra vita a Dio e possiamo dire insieme con Davide: “Ma io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio, mi abbandono alla fedeltà di Dio in eterno e per sempre” (Sal 52,10).
Ti ringrazio della pazienza che hai avuto nell’attendere la mia risposta. Mi hai scritto più di un anno fa.
Il Signore ti ricompensi e ti benedica.
Anch’io ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo