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Quesito
Caro Padre,
(…) tempo fa avevo un blocco spirituale, ora sono più sollevato.
Ieri in chiesa da solo ho recitato il santo rosario e mi sono sentito colmato di grazia, sentivo tanta pace, tanto amore e gioia…. poi ho recitato la divina misericordia entrando con la mente nella passione di Gesù, per i miei peccati, e per quelli del mondo… È stato come se fossi entrato nel mondo dell’umiltà e del pianto per i peccati miei e degli altri… Ho chiesto a Gesù, perdono tante volte.. bhè Padre Angelo, ho pianto un pò e lodavo Gesù, continuavo a mettermi in ginocchio, non ero capace di stare in piedi… sentivo il bisogno di stare in ginocchio, lodando Gesù, ringraziarlo, chiedere perdono … ero sicuramente in intimo con lui, ma stavo veramente in un altro mondo!!! mi ha fatto bene perchè chiedo sempre l’umiltà dei miei peccati, debolezze, fragilità, e me la dona ogni giorno.
la ricordo anchio!!!
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. ti ringrazio dell’esperienza di cui hai voluto rendermi partecipe. Quella del pianto per i tuoi peccati.
Credo che questa sia una delle grazie più belle che ci concede il Signore.
Secondo San Tommaso nessuno veramente ama il Signore se non è pentito e non fa penitenza per i suoi peccati.
Sottolineo i due aspetti: se non è pentito e se non fa penitenza.
2. Non c’è vero amore se non si prova dispiacere di aver offeso e di essere stati ingrati verso una persona che ci ha voluto un bene immenso.
Inoltre, il vero pentimento si accompagna con le opere penitenziali, perché uno sente il desiderio di riparare.
3. Ecco il pensiero di San Tommaso quando spiega questa sua affermazione “La carità causa la remissione dei peccati”.
“Lo vediamo chiaramente da quello che avviene tra noi: se uno offende una persona, ma poi la ama intimamente, elimina l’offesa arrecata con la manifestazione di affetto. Così pure Dio perdona i peccati a coloro che lo amano: “La carità copre una quantità di peccati” (1 Pt 4,8).Dice bene: copre, perché essi non sono visti da Dio per essere puniti. Ma Salomone dice che “la carità copre tutti i peccati” (Pr 10,12).Lo dimostra con chiarezza l’esempio della Maddalena: “Le son perdonati i suoi molti peccati” (Lc 7,47); e se ne porta il motivo: Perché ha molto amato.
Qualcuno potrebbe osservare: se basta la carità a cancellare i peccati, non è più necessaria la penitenza. Si deve considerare, però, che nessuno ama sinceramente se non fa sincera penitenza (nullus vere diligit qui non vere poenitet). È evidente che quanto più amiamo una persona, tanto più ci dispiace di offenderla. E anche questo è un effetto della carità” ( s. tommaso, In duo praecepta caritatis et in decem legis praecepta expositio).
3. Ma vorrei soffermarmi anche sul pianto nel quale sei scoppiato al pensiero dei tuoi peccato.
Qui mi piace ricordare un fatto.
Quando il beato Raimondo da Capua fu assegnato a santa Caterina da Siena perché la dirigesse con sicurezza nelle vie di Dio ebbe un attimo di incertezza. Si domandava se tutti i fenomeni che avvenivano in Caterina venissero da Dio o se avessero qualche altra origine.
Chiese allora al Signore di dargli un segno che manifestasse chiaramente che venivano da Lui.
Chiese un segno forte e sicuro dandogli una contrizione speciale dei suoi peccati, quasi come fosse accompagnata da una bolla pontificia che ne certifica l’autenticità.
Il segno consisteva nella grazia di piangere i suoi peccati.
4. Ma qui lascio la parola al Beato Raimondo.
“Mi venne in mente, che se io avessi potuto esser certo di ottenere per le preghiere di Caterina una contrizione dei miei peccati maggiore di quella che generalmente sentivo, questo sarebbe stato il segno non dubbio che tutte le sue azioni procedevano dallo Spirito santo.
Nessuno, infatti, può avere una simile contrizione se non dallo Spirito santo; e benché nessuno conosca se sia degno di grazia, di odio o di amore, pure la contrizione dei peccati, che viene dal cuore, è sempre un gran segno della grazia di Dio.
Tacqui questi pensieri, e mi recai zitto zitto a invitarla di pregare per me efficacemente il Signore, affinché si degnasse di perdonarmi i miei peccati. Nella sua grande carità, lei mi rispose che lo avrebbe fatto volentieri, ed io soggiunsi che non sarei però rimasto quieto, se non avessi avuto una Bolla di questa indulgenza, come si usa nella Curia Romana. Sorridendo mi domandò che genere di Bolla volessi, ed io le dissi che invece di una Bolla, domandavo una grande e straordinaria contrizione dei miei peccati. Mi promise subito che l’avrebbe fatto di certo. Allora capii che aveva indovinato il mio pensiero, e mi partii da lei, se non mi sbaglio, alla penultima ora del giorno.
Il giorno dopo mi ritrovai incomodato per una delle mie solite malattie, e, obbligato a letto, ero assistito da un compagno del mio Ordine, di nome Niccolò, pisano, accetto a Dio, e a me carissimo.
Quando la vergine riseppe la cosa, poiché in quel momento eravamo ospitati non molto lontani da casa sua in un monastero di suore dello stesso Ordine, febbricitante com’era, e incomodata da varie infermità, si alzò da letto, e disse alla compagna: «Andiamo a far visita a frate Raimondo, che è sofferente». Avendole questa osservato che far ciò non era poi necessario, e quand’anche lo fosse stato, lei si ritrovava in condizioni peggiori delle mie, senza esitare e contro il suo solito venne con la compagna a trovarmi, e mi disse: «Che avete». A vederla, mentre prima per la debolezza appena potevo parlare al mio compagno, mi sforzai di risponderle intieramente, e dissi: «Perchè, o signora, siete venuta qui? Voi state peggio di me!». Ma lei cominciò a parlare subito di Dio e della ingratitudine colla quale offendiamo un tanto Benefattore; ed io, consolato e spinto dalla convenienza, mi alzai da letto senza ricordarmi per nulla della promessa che lei mi aveva fatto la sera avanti, e mi misi a sedere su un altro letticciolo lì vicino.
Mentre ella continuava il discorso incominciato, senza interromperlo, si presentò alla mia mente una insolita e chiarissima visione dei miei peccati: vedevo me stesso senza alcun velame davanti al giudizio del giusto Giudice, come quelli che pei loro delitti sono ogni giorno condannati dai giudici di questo mondo; e mi vedevo senza dubbio reo di morte. Vedevo pure la benignità e la clemenza del medesimo Giudice, il quale, nonostante fossi destinato a una giustissima morte per le mie colpe, pure non solo mi liberava dalla morte, ma rivestiva la mia nudità con le sue vesti, mi ricoverava e rifocillava nella sua casa, e scegliendomi per il suo servizio per sola grazia della sua infinita bontà, convertiva la morte in vita, il timore nella speranza, il dolore in gaudio, e l’ignominia in onore.
A queste considerazioni, o, per parlare con più proprietà, a queste chiarissime visioni, si infransero le cateratte del mio cuore di sasso, dilagarono le fonti delle acque e furono scoperte le fondamenta delle mie colpe. Diedi in un pianto dirotto, e così forte, che, lo dico arrossendo, ebbi quasi paura che mi scoppiassero il cuore ed il petto. Ma lei, prudentissima, che era venuta per questo fine appena mi vide in quello stato, tacque, e mi lasciò sfogare in lacrime e in singhiozzi.
Dopo poco, meravigliandomi del caso strano, mentre ancora piangevo mi ricordai della domanda che le avevo fatto la sera avanti, e della promessa di lei; e subito le dissi: «È questa la Bolla che ho chiesto ieri?». Mi rispose: «È questa». E si alzò, e se non mi sbaglio battendomi la mano su la spalla, mi disse: «Ricordatevi delle grazie Dio!». E se ne andò, lasciandomi edificato e contento” (Beato Raimondo, Vita di Santa Caterina, Legenda maior, nn.87-89).
5. Continua così, continua a domandare la grazia di piangere i tuoi peccati e quelli del mondo intero. È una delle grazie più belle.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo