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Quesito

Gentile Padre Angelo,
Sono M., scrivo da … e ho già avuto occasione di contattarti per altri quesiti.
Sono sposato e ho due figli.
Io sono innamoratissimo di mia moglie e non voglio farle del male. Il problema è che la sua salute si è compromessa e molto probabilmente rapporti sessuali non ne avremo mai più.
Io non voglio né lasciarla, né tanto meno tradirla con altre donne, perché le voglio bene, mi sento a lei legato e comunque, al di là del dettame della religione, il tradimento è cosa che ho sempre ritenuto orribile.
Ma la sessualità è una dimensione importante della vita e reprimerla completamente è uno sforzo notevole. C’è da dire che quando penso al sesso penso sempre e comunque al sesso con lei, non con altre donne. E l’idea di non poterlo vivere con lei mi fa sentire incompleto e amputato.
Ora io dico: non può essere almeno in parte scusabile se qualche volta io dovessi praticare l’autoerotismo e in quel momento pensare a lei?
Questi piccoli sfoghi mi permetterebbero di adempiere al mio dovere – che è anche volontà – di affetto, fedeltà e vicinanza, senza però essere turbato dall’insoddisfazione di quella che è comunque una parte importante della mia esistenza. (…).
Una delle funzioni del matrimonio è riconosciuta come Sedatio Concupiscentiae, ovvero, se le mie reminiscenze di latino non mi ingannano, il placare il desiderio, facendo sì che trovi una soddisfazione lecita e non entri nel turbine del disordine e della dissolutezza.
Sto tanto male, padre. Amo mia moglie, non voglio farle torto! Mentre batto i tasti del computer mi vien quasi da piangere, per la commozione e per la tristezza in cui mi trovo. Anche perché la malattia di mia moglie …. ha forti ripercussioni anche sul suo carattere e sul suo stato emotivo.
Ma al di là di questa digressione, che ha rappresentato per me uno sfogo estemporaneo di uno stato d’animo di tristezza e di disperazione: tornando alla questione autoerotismo, può esso rappresentare un peccato mortale e senza attenuanti anche nella situazione in cui mi trovo?
Se vorrai rispondermi, te ne sarò molto grato.
Un cordiale saluto da
M.

 


 

Risposta del sacerdote

Caro M.,
1. è vero che dopo il peccato originale i rapporti sessuali comportano anche un remedium concupiscentiae.
Ma questo non va inteso nell’ottica di una soddisfazione puramente materiale, quanto piuttosto nel senso che gli impulsi della sessualità vengono messi a servizio della donazione di sé e della procreazione.
Se non è così, rimangono atti impuri, come si dice, e rimangono in contraddizione con quel cammino di santificazione che ognuno di noi è chiamato a percorrere nella vita presente.
La santificazione, vale a dire la comunione crescente con Dio, è l’obiettivo della vita che stiamo vivendo su questa terra ed è così necessaria e indispensabile che nella Sacra Scrittura si legge: “Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore” (Eb 12,14).

2. C’è dunque c’è una castità o purezza di affetti da ravvivare e da far crescere anche nel matrimonio.
Questa castità, come del resto l’esercizio di ogni virtù – si pensi alla pazienza, alla mitezza, alla fortezza – non si edifica da sola, ma richiede una disciplina dei sensi e dello spirito e talvolta anche un combattimento.

3. Sotto questo aspetto l’autoerotismo è quanto di più opposto vi possa essere al vero amore e alla santificazione.
Giovanni Paolo II parlando della paternità responsabile ha detto: “la conoscenza (biologica, e cioè la conoscenza sui ritmi di fecondità e infecondità) deve poi sfociare nell’educazione all’autocontrollo: di qui l’assoluta necessità della virtù della castità e della permanente educazione ad essa.
Secondo la visione cristiana, la castità non significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana: significa piuttosto energia spirituale, che sa difendere l’amore dai pericoli di egoismo e dall’aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione” (Familiaris Consortio, 33).

4. È da sottolineare che qui il Papa sta parlando agli sposi.
E proprio per loro usa queste parole: “di qui l’assoluta necessita della virtù della castità e della permanente educazione ad essa”.
Ne sottolinea l’importanza collegandola alla dignità della persona.
Dice infatti che “l’uomo è appunto persona perché padrone di sé e domina se stesso.
In quanto infatti è padrone di se stesso può donarsi agli altri” (22.8.1984).

5. Già gli antichi avevano detto che nessuno può dare ciò che non ha (nemo dat quod non habet).
Per saper amare in maniera vera, e cioè donare se stessi, è necessario essere padroni di se stessi.
Diversamente si finisce per scambiare per amore la schiavitù della propria concupiscenza.

6. Giovanni Paolo II osserva anche che la castità arricchisce l’amore, facendolo diventare più grande: “Se la castità coniugale (e la castità in genere) si manifesta dapprima come capacità di resistere alla concupiscenza della carne, in seguito essa gradualmente si rivela quale singolare capacità di percepire, amare e attuare quei significati del ‘linguaggio del corpo’, che rimangono del tutto sconosciuti alla concupiscenza stessa e che progressivamente arricchiscono il dialogo sponsale dei coniugi, purificandolo, approfondendolo ed insieme semplificandolo.
Perciò quell’ascesi della continenza, di cui parla l’enciclica (HV 21), non comporta l’impoverimento delle ‘manifestazioni affettive, anzi le rende più intense spiritualmente, e quindi ne comporta l’arricchimento”(24.10.1984).

7. Prima di lui Paolo VI nell’Humanae Vitae aveva detto: “Il dominio dell’istinto, mediante la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente un’ascesi
Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano.
Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità, arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e agevola la soluzione di altri problemi; favorisce l’attenzione verso l’altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo, nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità.
I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed efficace per l’educazione dei figli; la fanciullezza e la gioventù crescono nella giusta stima dei valori umani e nello sviluppo sereno ed armonico delle loro facoltà spirituali e sensibili” (HV 21).

8. Mi fermo qui.
Tu potrai dire che non ho risposto alla tua precisa domanda ma che ho colto l’occasione per parlare della purezza che va coltivata anche tra gli sposi cristiani in vista della santificazione.
Sì, è vero.
Ho voluto parlare proprio di questo perché oggi è diventato comune un certo tipo di linguaggio, come quello di fare attività sessuale.
Come si fa attività sportiva, attività religiosa, così si fa anche attività sessuale. Come se si trattasse di ambiti a se stanti e non vi fosse un orizzonte verso il quale tutti devono convergere: la santificazione.
Per quanto riguarda la risposta tu conosci bene i comandamenti divini.
Quello che i comandamenti divini vietano è una strada che non fa crescere la persona né il suo impegno nella santificazione.

Ti assicuro un ricordo particolare nella preghiera e nella celebrazione della Santa Messa. In questo ricordo è compresa tua moglie e sono compresi anche i tuoi figli.

Ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo