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Quesito

Caro padre Angelo,
venendo all’oggetto della mail, purtroppo nella mia classe la maggioranza dei miei compagni (tutti tranne me, una musulmana e una semi-protestante abbastanza confusa) bestemmiano.
Ogni volta che lo fanno a me da fastidio e a volte provo a far notare la mia presenza e di trattenersi almeno in mia presenza, ma non sempre funziona.
Per questo le volevo chiedere se ha dei consigli per convincere i miei compagni a trattenersi dal bestemmiare in mia presenza.
Con l’augurio di una serena continuazione di giornata, prego per lei e per l’Ordine.
Marco


Risposta del sacerdote

Caro Marco,
1. mi dispiace molto per la situazione in cui versano quasi tutti i tuoi compagni di classe.
Mi dispiace per tre motivi soprattutto.
Primo, perché si allontanano sempre di più da Dio, dal loro creatore. Anzi, lo schiaffeggiano.
Il verbo greco blapto, da cui deriva la nostra parola bestemmia, significa colpire.
Lo colpiscono attraverso quelle membra che Egli stesso ha donato loro e sono un segno così grande della sua infinita sapienza e della sua bontà.
Secondo, lo schiaffeggiano e magari si dichiarano atei. Ma verrà il momento in cui sentiranno il bisogno assoluto di Dio perché solo Dio potrà salvarli da certe situazioni e da certi pericoli.
Bestemmiano la Madre di Dio, ma ne avranno sicuramente bisogno.
Con quale coraggio potranno chiedere aiuto?
Terzo, perché senza saperlo si mettono sotto il dominio del demonio.  E come ha ricordato Gesù Cristo, il demonio, quando viene, “viene per rubare, per uccidere e per distruggere” (Gv 10,10). Ed è per questo che già nell’Antico Testamento Dio aveva ammonito con queste parole: “Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano” (Es 20,7).
Pronunciare invano non è ancora una bestemmia. Ma ben più grave è il danno che il demonio viene a fare nella vita di chi si consegna a lui mediante la bestemmia.
Mi dispiace per i tuoi compagni di classe perché si lasciano schiaffeggiare dal loro avversario senza che se ne accorgano.

2. Sicché il primo consiglio che ti do è questo: se avrai occasione di parlare con tranquillità e quasi in privato con qualcuno dei tuoi compagni di classe con i quali sei in maggiore confidenza, potrai riferire queste tre motivazioni partendo dalla terza, passando poi alla seconda e giungendo infine alla prima.
E dirai loro che per mettersi al riparo da questa situazione avversa hanno bisogno di essere confessati e ricuperare la grazia di Dio.

3. La grazia di Dio, infatti, è una siepe che il demonio non riesce a superare. L’ha detto lui stesso all’inizio del libro di Giobbe. Avrebbe voluto colpire e danneggiare Giobbe proprio perché era un uomo retto e amico di Dio. Ma non poteva e lo rinfacciava a Dio con queste parole: “Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra” (Gb 1,10-11).

4. Comprendo il dolore che provi quando senti una bestemmia. Si avverte una stretta al cuore più forte di quello che possiamo provare quando offendono noi.
Il motivo è che viene offeso un bene più grande e più prezioso della nostra stessa vita.
I tuoi compagni che bestemmiano non sanno che ti procurano un simile dolore.
Per cui il secondo consiglio che ti do è quello di ripetere all’interno del tuo cuore le prime parole che Gesù ha proferito appena inchiodato sulla croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
Non si tratta solo di una pia invocazione, ma di ripetere parole che possiedono in se stesse una potenza divina.
Uno dei due ladroni crocifisso con Gesù si è pentito a sentire quelle parole. L’altro purtroppo ha continuato.
Qualora tu non vedessi alcun risultato immediato, continua a proferire quelle parole, fiducioso di quello che ho detto Dio: “Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11).
In questo modo ti rendi ministro della Parola.

5. Un terzo consiglio è questo: mentre alcuni bestemmiano il nome di Dio, tu dall’interno del tuo cuore fa’ il contrario.
Se la bestemmia sprofonda chi la proferisce e nello stesso tempo a motivo di una misteriosa comunione che unisce tutti gli uomini impoverisce in qualche modo la Chiesa e il mondo, tu lodando Dio dall’interno del tuo cuore compi un’opera riparatoria e nello stesso tempo più efficace. Così si realizza quello che dice la Scrittura: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).

6. Infine, ed ecco il quarto consiglio, nel sentire le bestemmie avverti pure la chiamata del Signore a cooperare con lui per la salvezza dei tuoi compagni.
Sono perfettamente corrispondenti al vero le parole di Santa Teresa di Gesù bambino: “Ah, preghiera e sacrificio formano tutta la mia forza, sono le armi invincibili che Gesù mi ha date, toccano le anime ben più che i discorsi, ne ho fatto esperienza spesso” (Storia di un’anima, 315).

7. Non si tratta di fare chissà quali sacrifici. È sufficiente la fedeltà al proprio dovere anche quando ti costa.
Quante volte vorremmo dispensarcene perché il suo compimento comporta qualche sacrificio.
Se sarai puntuale nel compierlo per amore del Signore e per salvare anime nel silenzio e nell’umiltà il Signore subito contraccambierà perché ha detto: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). 
Sì, ha detto: “Il Padre mio lo amerà”. Ora l’amore con il quale Dio ci ama non è mai ozioso, come ricorda San Tommaso, ma è sempre accompagnato da tante opere, da tanti doni.
È anche per ispirarti a ricevere beni così grandi che Dio permette che tu senta tante bestemmie. 
Se gli sarai fedele, sarai compensato da Lui con tante grazie, con tante consolazioni.

Ti ringrazio molto per la preghiera che fai per me e anche per l’Ordine al quale appartengo. Il Signore ti benedirà anche per questo.
Ti auguro un fruttuoso Avvento, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo