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Quesito

Caro Padre Angelo,
riflettendo oggi coi miei figli sull’obbligo di andare a messa (come citato al 2180 del CCC) ho elaborato un nuovo concetto di questa “obbligatorietà”.
Vorrei sapere da parte sua se questo mio modo di vedere le cose è forse forviante o se è un modo corretto e consono di vedere le cose nella prospettiva dell’Amore Infinito del nostro Dio nei nostri confronti.
Dato che in questa vita tutto è finito, tutto ha una scadenza e tutto perisce, è corretto, dinnanzi a tale evidenza, pensare che anche la nostra anima abbia una data di scadenza di sette giorni così che questo obbligo di andare a messa sia piuttosto una necessità di ri-vivificare la nostra anima e farla rivivere per altri sette giorni per dono della Misericordia di Dio?
È corretto sostenere che tra i frutti speciali della Messa dedicati ai partecipanti attivi vi sia tale frutto particolare? Cioè di ri-vificare l’anima?
Grazie per il suo operato, la saluto cordialmente e la benedico.
Mauro


Risposta del sacerdote

Caro Mauro,
1. sì, è corretto perché come abbiamo bisogno di recuperare energie fisiche, così abbiamo bisogno di recuperare le energie spirituali.
Le energie fisiche le recuperiamo con ritmi ciclici che ci portano diverse volte al giorno a nutrirci a determinate scadenze e a riposare. Nel riposo è compreso anche il gioco, che è particolarmente importante per i ragazzi.

2. Tuttavia la ciclicità settimanale per l’Eucaristia non indica l’ottimo, ma è il minimo che si deve fare.
I primi cristiani si preoccupavano di recuperare le energie spirituali ogni giorno: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42). E: “Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo” (At 2,46-47).

3. Questo è il motivo che porta tante persone alla Messa quotidiana, all’ascolto della parola di Dio leggendo la Sacra Scrittura, alla preghiera e all’adorazione.
Quando è vero nutrimento, questa fame cresce sempre di più.

4. L’Eucaristia produce analogamente tutti i benefici del nutrimento corporale.
Scrive il domenicano Reginaldo Garrigou-Lagrange: “In primo luogo l’Eucaristia sostiene. Chi nell’ordine naturale non si nutre o si nutre male, deperisce; lo stesso avviene a colui che rifiuta il pane eucaristico che ci offre il Signore come il miglior nutrimento per l’anima nostra. E perché privarci senza ragione di questo pane soprasostanziale (Mt 6,11) che è il pane quotidiano dell’anima nostra?
Come il pane materiale ristora l’organismo, riparando le perdite subite per il lavoro e la fatica, così l’Eucaristia ripara il deperimento di forza, conseguenza della nostra negligenza. Come dice il Concilio di Trento, essa ci libera dai peccati veniali, ci rende il fervore che queste colpe ci avevano fatto perdere, e ci preserva dal peccato mortale.
Il nutrimento ordinario accresce inoltre la vita del corpo nel fanciullo che deve diventare uomo. Ora dal punto di vista spirituale dobbiamo sempre crescere nell’amore di Dio e del prossimo sino alla morte… Per l’effettuazione di questo accrescimento, il pane eucaristico ci porta sempre nuove grazie… la fede diviene ogni giorno più illuminata e più viva; la speranza più ferma, la carità più pura e più ardente. Poco per volta, dalla rassegnazione nella sofferenza, giungono alla stima e all’amore della Croce. Per mezzo della Comunione, crescono insieme colla carità tutte le virtù… Finalmente, come il pane materiale è gradevole al gusto, così il pane eucaristico è dolce all’anima fedele, che vi attinge un ristoro e spesso un benessere spirituale più o meno sentito” (R. Garrigou-Lagrange, Le tre età della vita interiore, II, pp. 180-181). 

5. Scrive san Tommaso: “Questo sacramento conferisce spiritualmente la grazia assieme alla virtù della carità. Per cui il Damasceno paragona questo sacramento al carbone acceso visto da Isaia (6,6): “Come il carbone non è legno soltanto, ma legno unito al fuoco, così anche il pane della comunione non è pane sol- tanto, ma pane unito alla divinità”.
Ora, come osserva San Gregorio, “l’amore di Dio non rimane ozioso, opera bensì grandi cose, se c’è”.
Perciò con questo sacramento, per quanto dipende dalla sua efficacia, l’abito della grazia e delle virtù non viene soltanto conferito, ma anche posto in attività, conforme alle parole di San Paolo: “La carità di Cristo ci sospinge” (2 Cor 5,14).Ecco perché per la potenza di questo sacramento, l’anima è spiritualmente si ristora per il fatto che è spiritualmente gaia e, in un certo modo, inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo quanto è detto nel Cantico (5,1): Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore”293.Somma teologica, III, 79, 1, ad 2.

6. Mi soffermo sull’affermazione di San Gregorio: “L’amore di Dio non rimane ozioso, opera bensì grandi cose, se c’è”. Significa che nella comunione il Signore ci dona molte grazie.
San Tommaso dice che l’anima è riempita di grazia.
Se ci si ferma nel silenzio, nel raccoglimento e nell’adorazione si sente che l’anima viene colmata di grazia, della presenza di Dio che la sorgente di ogni grazia e della presenza di Gesù Cristo che è la sorgente di ogni benedizione.

Con l’augurio che i tuoi figli assaporino queste realtà di ordine soprannaturale che sono un anticipo di paradiso, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Con te ricordo nella preghiera e benedico anche i tuoi carissimi figli
Padre Angelo