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Quesito
Buongiorno padre,
le mando anche questo scritto per conoscere appena può, la sua interpretazione.
Grazie mille.
Dal libro di Giobbe (Gb 3,1-3.11-17.20-23)
“Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno. Prese a dire: «Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un maschio!”.
Perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito dal grembo?
Perché due ginocchia mi hanno accolto, e due mammelle mi allattarono?
Così, ora giacerei e avrei pace, dormirei e troverei riposo con i re e i governanti della terra, che ricostruiscono per sé le rovine, e con i prìncipi, che posseggono oro
e riempiono le case d’argento.
Oppure, come aborto nascosto, più non sarei, o come i bambini che non hanno visto la luce. Là i malvagi cessano di agitarsi, e chi è sfinito trova riposo.
Perché dare la luce a un infelice e la vita a chi ha amarezza nel cuore, a quelli che aspettano la morte e non viene, che la cercano più di un tesoro, che godono fino a esultare e gioiscono quando trovano una tomba, a un uomo, la cui via è nascosta e che Dio ha sbarrato da ogni parte?».
La parte in grassetto mi ci sono sentito considerato poiché in passato mi è sempre sembrato così.
Grazie.
Alessandro
Risposta del sacerdote
Caro Alessandro,
1. Giobbe ha appena ricevuto la visita dei suoi tre amici. Vedendolo da lontano, non lo riconobbero perché era tutto una piaga. Mandarono allora alte grida, piansero, si stracciarono le vesti e gettarono polvere sopra la loro testa. Sedettero con lui per terra sette giorni e sette notti senza dire una parola perché vedevano che il suo dolore era veemente.
Allora Giobbe apre la bocca e si sfoga. Sembra aver perso la sua calma proverbiale. Il dolore, così a lungo soffocato, scoppia e con accenti di eloquenza amara e incomparabile si lamenta del suo soffrire.
Il biblista Marco Sales annota: “L’acerbità del dolore gli fa mandare grida di angoscia, ma le sue maledizioni e le sue implicazioni sono espressioni enfatiche usate in oriente per manifestare la grandezza della sofferenza. Più che altro sono il gemito della natura. Giobbe è un uomo giusto, che pur sentendo in tutta la loro vivezza i dolori sente ancora più forte la propria innocenza, e non si lascia scuotere dalla fiducia illimitata nella giustizia di Dio”.
2. Non va dimenticato che la sofferenza di Giobbe aveva origine preternaturale, e cioè dal diavolo, il quale dopo aver fatto un giro per il mondo e vedendo la sua prosperità e la sua fedeltà a Dio dice a Dio: “Certo, ti è fedele perché tu lo proteggi e lo arricchisce di molti beni. Ma se tu cominciassi a togliergli qualcosa vedresti come ti maledirebbe in faccia.
Dio concede a Satana di colpire Giobbe, ma non di togliergli la vita.
A Giobbe verrà tolto veramente tutto. Gli vengono tolti i raccolti dei campi, il bestiame, i servi, tutti i figli. Infine gli viene tolta anche la salute.
In tutto questo Giobbe non maledice Dio, ma si limita a dire: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore. Se dalle sue mani abbiamo ricevuto il bene perché non dobbiamo riceverne anche il male? (Gb 2,10).
3. Quando dà sfogo al suo dolore Giobbe maledice il giorno in cui è nato e la notte in cui è stato concepito. In oriente si dava molta enfasi al giorno della nascita di un grande. Era considerato come il sorgere di una benedizione per tutti.
Giobbe tutto al contrario dice che il suo giorno natalizio non merita di essere ricordato, anzi sarebbe stato meglio che non fosse mai esistito.
4. Giobbe prosegue elencando quattro occasioni che sarebbero state propizie per lui per morire: sarebbe stato meglio morire nel seno della madre, morire appena natoo appena accolto dalle ginocchia del padre (presso gli antichi orientali era un gesto con cui si riconosceva il figlio) oppure quando veniva allattato dalla madre.
Con la morte avrebbe riposato come in un sonno dolce e non avrebbe più sofferto.
5. Si trova invece a dovere vivere e soffrire. Non ha davanti a sé una via d’uscita. Gli pare che Dio lo abbia imprigionato da ogni parte.
Egli ignora i disegni della Provvidenza e si trova come smarrito.
6. È la situazione in cui si trovano molti infelici, oppressi da ogni tipo di sofferenza sensibile e spirituale. Non ne conoscono il perché.
Giobbe, che è giusto e pertanto innocente, non comprendere il significato della sofferenza.
Gli antichi ebrei pensavano che, se si pativa, era per espiare qualche colpa commessa.
Quando Dio risponderà a Giobbe, questi si metterà una mano alla bocca, pentito di aver parlato.
7. In quella situazione Giobbe è prefigurazione di Cristo.
Gesù è l’innocente per antonomasia che soffre sulla croce ed espia i peccati dell’umanità.
In Cristo la sofferenza sprigiona amore e suscita amore.
San Francesco d’Assisi e Santa Caterina de’ Ricci, contemplando Gesù in croce di Cristo, hanno desiderato schiodarlo per mettersi al suo posto. E proprio in quel momento hanno ricevuto sensibilmente l’abbraccio di Cristo che ha staccato una mano dalla croce per stringere questi santi al suo petto e ricolmarli di un amore celeste e soprannaturale.
Come vedi, l’affermazione di Giobbe non riguarda il tuo caso. Tu cerchi con ansia quale sia la tua vocazione.
Con l’augurio di trovare la tua strada per servire il Signore ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo