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Quesito
Gentile Padre Angelo,
rendendo grazie a Dio per la sua presenza sul web, che tanto mi ha aiutato in diversi momenti della vita, le pongo una domanda che mi fa molto soffrire:
dopo un lungo percorso, Deo volente, dopo la laurea, farò il mio ingresso in un monastero di stretta clausura della mia città.
Purtroppo sono figlia unica e, nonostante la grande gioia che mi pervade al pensiero che la Madre Superiora ha finalmente accettato di accogliermi in monastero e che, se è volontà di Dio, sarò monaca come il mio cuore desidera da anni, provo tanto dolore al pensiero che un giorno, quando i miei genitori non saranno più in grado di gestirsi da soli, io non mi potrò prender cura di loro e loro moriranno soli, senza nemmeno il conforto della mia presenza.
I soldi per affidarli alla cura di una badante o ad una clinica ci sono, ma non le nascondo che, a volte, mi sento egoista, proprio come i miei genitori mi considerano.
D’altro canto, però, è il Signore a dare a ciascuno di noi una particolare vocazione e la mia, fino a prova contraria, consiste nella vita monastica. Il Signore è onnipotente e onnisciente e non posso pensare che abbia tralasciato questo “particolare”(!). Inoltre è sempre il Signore a dire: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me".
Purtroppo i miei genitori non hanno fede e non riescono a capire che anche loro sono chiamati a mettere Lui al centro e non…me!
Sia il mio padre spirituale sia la Madre mi dicono di affidarmi alla Divina Provvidenza, di non angustiarmi, ma questo pensiero, per me, è come un tarlo…
Attendo con fiducia una sua parola di conforto e la ringrazio in antico.
La ricordo nella preghiera.
Lettera firmata
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. mi compiaccio per la chiamata a scegliere la parte migliore che il Signore ti ha riservato.
È un tratto di speciale benevolenza.
Farai un grande bene per tutta la Chiesa, per la salvezza delle anime, in primis per quelle dei tuoi genitori.
Santa Bernadette Soubirous aveva detto a una novizia della sua congregazione che piangeva per la morte del papà: “Si consoli sorella, i genitori dei religiosi non vanno all’inferno”.
2. Avendo fatto il dovuto discernimento e giunta alla certezza morale della tua chiamata alla vita monastica, fai bene a seguire la via che il Signore ti ha indicato.
In questo discernimento chi di dovere ha tenuto certamente nel debito conto la tua condizione di figlia unica e della prevedibile necessità dei tuoi genitori.
Intanto è già una buona cosa che tu entri in un monastero della tua città.
Se vi saranno doveri di carità da esercitare nei confronti dei genitori, la Regola della vita monastica non te li impedirà. Anzi li esigerà. Perché tutto deve essere subordinato alla carità.
A suo tempo non solo tu, ma anche i tuoi genitori, ringrazierete la Divina Provvidenza per i suoi mirabili disegni.
I tuoi genitori ti avranno sempre vicina e tu di fatto sarai loro vicina.
3. A motivo dell’affetto per la persona amata, si disposti a lasciare i genitori, benché si sia nella condizione di figli unici.
San Tommaso d’Aquino dice che anzitutto per questo motivo il matrimonio è la forma più alta di amicizia: perché gli sposi lasciano quanto da un punto di vista naturale hanno di più caro, e cioè la presenza dei loro genitori.
Per te si tratta ugualmente di un altro matrimonio, ben più alto, più felice e più fecondo.
So di una ragazza, figlia unica, che si è sposata con un americano e si è stabilita negli Stati Uniti.
Vi sono dunque situazioni ben più complicate della tua.
So di altri figli unici che sono morti anzi tempo, lasciando soli genitori.
Ma tu non li lasci soli.
4. Mi piace ricordare quanto Jacopo Benincasa disse ai familiari che tormentavano Santa Caterina da Siena perché non voleva sposarsi, ma stare unita al Signore: “Nessuno dia più noia alla mia dolcissima figliuola; nessuno ardisca in alcun modo di impedirla; lasciate che serva come le piace al suo Sposo, e che preghi incessantemente per noi. Mai potremmo acquistare una parentela simile a questa; né dobbiamo lamentarci, se invece di un uomo mortale riceviamo un Dio ed un Uomo immortale” (B. Raimondo da Capua, Legenda maior, Vita di S. Caterina, n. 55).
Sottolineo l’espressione: Mai potremmo acquistare una parentela simile a questa, che va bene in particolare per i tuoi genitori e anche per i tuoi parenti.
Per mezzo della tua consacrazione al Signore i tuoi genitori in qualche modo s’imparentano anche loro in maniera più stretta con lui ricevendone grandi benefici già di qua.
Il centuplo già di qua e la vita eterna che il Signore ha promesso a coloro che lo seguono, non arricchisce solo te, ma arricchisce anche loro.
Sarai per sempre per i tuoi carissimi genitori una benedizione permanente.
5. Mi dici che nonostante le raccomandazioni di affidarti alla Divina Provvidenza questo pensiero di rode come un tarlo.
Ebbene, trasforma questo tarlo come un’occasione permanente per metterti nelle mani di Dio.
Ripeti con Gesù in croce: “Padre, nelle tue mani metto la mia vita”.
Parafrasando puoi dire: “Padre, nelle tue mani metto la vita e il futuro dei miei genitori”.
Oppure puoi fare come il nostro p. Marie Joseph Lagrange, il fondatore dell’Ècole biblique di Gerusalemme: “Signora, nelle tue mani affido la mia vita”.
Ti ringrazio per la preghiera promessa.
Quando sarai in monastero ricordati ancora di tutti noi, soprattutto di quelli che ne hanno più bisogno.
Assicuro la mia preghiera per te e per i tuoi genitori.
Ti benedico.
Padre Angelo