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Quesito
Caro padre Angelo,
sto provando a mettere ordine nella mia vita spirituale con l’aiuto di un sacerdote dal quale vado mensilmente per la confessione e la direzione spirituale. Tuttavia non ho la confidenza sufficiente per domandargli certe cose.
Dopo l’ultimo taglio cesareo il medico mi ha detto che nel caso di una nuova gravidanza potrei correre pericolo di vita per cui mi ha consigliato di chiudere le tube.
Prima di farlo ho voluto chiedere consiglio ad un sacerdote, che non è il mio confessore. Questi mi ha rassicurato sulla liceità del mio atto visto che lo farei per evitare di perdere la vita in una eventuale gravidanza.
La prego di aiutami a fare chiarezza perchè sono parecchio confusa: non vorrei rodermi per colpe che non esistono né fare la Comunione in peccato mortale.
Grazie e buona giornata
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. mi trovo a disagio nel risponderti a motivo del giudizio del sacerdote che hai contattato (sul legamento delle tube) che è difforme dal magistero della Chiesa.
2. Ti riporto un documento ad hoc del Magistero, che tu stessa puoi trovare cliccando in Congregazione per la dottrina della fede 31 luglio 1993, che risponde ad alcune domande circa il cosiddetto isolamento uterino.
Ecco le domande e le risposte con la relativa spiegazione della Congregazione:
D. 1. Quando l’utero (ad esempio durante un parto o un intervento cesareo) viene così seriamente danneggiato che se ne rende medicamente indicata l’asportazione (isterectomia) anche totale per scongiurare un grave pericolo attuale contro la vita o la salute della madre, è lecito eseguire tale procedura nonostante che per la donna ne seguirà una sterilità permanente?
R. Sì.
D. 2. Quando l’utero (ad esempio a causa di precedenti interventi di taglio cesareo) si trova in uno stato tale che, pur non costituendo in sé un rischio attuale per la vita o la salute della donna, non sia prevedibilmente più in grado di portare a termine una gravidanza futura senza pericolo per la madre, pericolo che in alcuni casi potrebbe risultare anche grave, è lecito asportarlo (isterectomia), al fine di prevenire un tale eventuale pericolo futuro derivante dal concepimento?
R. No.
D. 3. Nella medesima situazione di cui sopra al n. 2, è lecito sostituire l’isterectomia con la legatura delle tube (procedimento chiamato anche "isolamento uterino"), tenendo conto che si raggiunge il medesimo scopo preventivo dei rischi di un’eventuale gravidanza, con una procedura molto più semplice per il medico e meno gravosa per la donna e che, inoltre, in alcuni casi la sterilità così procurata può essere reversibile?
R. No.
Spiegazione
Nel primo caso, l’intervento di isterectomia è lecito in quanto ha carattere direttamente terapeutico, benché si preveda che ne conseguirà una sterilità permanente. Infatti è la condizione patologica dell’utero (per esempio, un’emorragia che non si può tamponare con altri mezzi) che ne rende medicamente indicata l’asportazione. Quest’ultima ha pertanto come fine proprio quello di scongiurare un grave pericolo attuale per la donna, indipendentemente da un’eventuale futura gravidanza.
Diverso, dal punto di vista morale, si presenta il caso di procedimenti di isterectomia e di "isolamento uterino" nelle circostanze descritte nei numeri 2 e 3; essi rientrano nella fattispecie morale della sterilizzazione diretta, la quale, nel documento Quaecumque sterilizatio (AAS LXVIII 1976, 738-740, n. 1), viene definita come un’azione che «ha per unico effetto immediato di rendere la facoltà generativa incapace di procreare». «Perciò – continua lo stesso documento – nonostante ogni soggettiva buona intenzione di coloro i cui interventi sono ispirati alla cura o alla prevenzione di una malattia fisica o mentale, prevista o temuta come risultato di una gravidanza, siffatta sterilizzazione rimane assolutamente proibita secondo la dottrina della Chiesa».
In realtà, l’utero come descritto nel n. 2 non costituisce in sé e per sé nessun pericolo attuale per la donna. Infatti la proposta di sostituire all’isterectomia l’"isolamento uterino" nelle stesse condizioni mostra precisamente che l’utero non è in sé un problema patologico per la donna. Pertanto le procedure sopra descritte non hanno un carattere propriamente terapeutico, ma sono realizzate per rendere sterili i futuri atti sessuali fertili, liberamente compiuti. Il fine di evitare i rischi per la madre, derivanti da una eventuale gravidanza, viene quindi perseguito con il mezzo di una sterilizzazione diretta, in se stessa sempre moralmente illecita, mentre altre vie moralmente lecite restano aperte alla scelta libera.
L’opinione contraria, che considera le suddette pratiche di cui ai numeri 2 e 3 come sterilizzazione indiretta, lecita a certe condizioni, non può quindi ritenersi valida e non può essere seguita nella prassi degli ospedali cattolici”.
(Il documento firmato dal card. Ratzinger, prefetto della Congregazione, è stato approvato da Giovanni Paolo II che ne ha ordinato la pubblicazione).
3. Il documento parla di altri mezzi moralmente leciti.
Questi metodi hanno a che fare soprattutto con il ricorso ai ritmi naturali di fertilità e di infertilità, perseguendo così le vie di Dio, senza alterare il disegno divino sulla sessualità.
4. E se uno non si sentisse di intraprendere questo percorso a motivo dell’età che va avanti o per altri motivi?
La mia risposta è quella indicata da Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae: “E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (HV 25).
5. In tal modo ci si rimette in carreggiata, evitando così di mettersi in una strada che porterebbe ad alterare in maniera permanente il disegno divino sulla sessualità.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo