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Quesito
Buongiorno Padre Angelo,
di recente ho letto che diverse persone durante la confessione si vergognano a confessare alcuni peccati sopratutto di carattere impuro.
Alcuni, addirittura, rifiutano di confessarsi per evitare la grande vergogna davanti al sacerdote.
Capita anche a me che a volte, per evitare di confessare un peccato particolare di carattere impuro, di dover percorrere kilometri per trovare un confessionale dove il sacerdote confessa anche attraverso la grata posta nel confessionale, perchè ormai è consuetudine che ci si confessi a viso aperto.
Generalmente mi confesso ogni settimana o quindici giorni, ma se commetto un certo tipo di peccato che per vergogna non dico al mio solito confessore, evito di fare la comunione fino a quando, appunto, non mi rechi in quell’unico posto dove posso confessarmi in maniera più riservata. Capita a volte che anche quest’unico posto confessano seduti su una sedia e per questo motivo evito di confessarmi, non prendendo la comunione anche per due mesi, cosa che invece vorrei fare tutte le settimane. Non trovo giusto questo modo di confessare, non dando la possibilità a chi si confessa di poterlo fare in modo più discreto. Nelle chiese vedo spesso il confessionale vuoto e il sacerdote che confessa magari seduto su una sedia con di fronte la persona che si deve confessare. Sono certo che più persone si confesserebbero se si potesse fare questo tipo di confessione. Mi piacerebbe se la cosa potesse essere messa in risalto e sensibilizzare chi di dovere a far sì che si ritorni, per chi lo desidera, a confessarsi in maniera tradizionale.
Un grazie di cuore per tutto quello che lei e il suo staff fate per tutti noi.
Che Dio vi benedica.
L.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. fai bene ad astenerti dalla Santa Comunione fino a quando non ti sei confessato.
È un dovere di coscienza che deriva da quanto Dio ha detto per bocca di San Paolo: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore” (1Cor 11,27).
2. Per fare la S. Comunione non è sufficiente domandare perdono al Signore col proposito di confessarsi successivamente.
A chi si comporta in questa maniera Sant’Agostino obietta: “Perché allora Cristo ha istituito il sacramento della riconciliazione?”.
E ricorda in proposito la prassi della Chiesa antica dicendo che non era consentito ricevere il corpo del Signore senza prima aver ricevuto l’assoluzione dei peccati da parte della Chiesa.
3. Nulla di più logico dunque.
Ed è proprio per questo che Giovanni Paolo II nell’enciclica sull’Eucaristia ha detto: “Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»1 ” (Ecclesia de Eucharistia 36).
4. Ti do ragione anche sulla necessità di garantire ai fedeli la possibilità di confessarsi alla grata.
La normativa della Chiesa è chiara. Lo dice il Codice di diritto canonico al canone 964:
“§ 1. Il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l’oratorio.
§ 2. Relativamente alla sede per le confessioni, le norme vengano stabilite dalla Conferenza Episcopale, garantendo tuttavia che si trovino sempre in un luogo aperto i confessionali, provvisti di una grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene.
§ 3. Non si ricevano le confessioni fuori del confessionale, se non per giusta causa”.
5. Tuttavia io ti direi di superare due difficoltà.
La prima è quella relativa al confessore e cioè di non accusare presso il confessore ordinario i peccati di cui provi vergogna.
È vero che hai il diritto di recarti da chiunque altro.
Ma non fa parte anche della penitenza e dell’espiazione lo scoprirsi per quello che si è davanti a Dio?
Tanto più che il sacerdote, come diceva il Santo Curato d’Ars, sa già più o meno i peccati che un uomo può compiere e non di rado intuisce, pur tacendo, ciò che il penitente gli nasconde o va a confessare da un altro.
6. Mi dici che a volte ti astieni dalla S. Comunione anche per due mesi perché non trovi un confessore che ti confessi alla grata.
Ti ho già detto che fai bene, anzi che è tuo dovere, astenerti dalla S. Comunione finché non sei riconciliato con il Sacramento della Penitenza.
Tuttavia la vergogna che uno può provare nel confessare i propri peccati a tu per tu col sacerdote senza mediazione di grata è un sacrificio che merita di essere fatto pur di poter fare la Santa Comunione, che “riempie la tua anima di grazia” come ricorda San Tommaso d’Aquino nell’Antifona “O sacrum convivium”).
7. Sempre il nostro San Tommaso (dico “nostro” perché domenicano) scrive: “La vergogna (erubescentia) è concausa nel liberare dalla pena, in quanto la stessa vergogna è una certa pena (s. tommaso, IV Sent., d.17, q. 3, a. 2, sol 3, ad 2).
In tal senso si era espresso già sant’Agostino: “Chi si pente, si penta completamente, e mostri il dolore con le lacrime. Presenti la sua vita a Dio attraverso il sacerdote, prevenga il giudizio di Dio con la confessione. …
La vergogna (erubescentia) stessa infatti ha parte nella remissione….
Per il fatto stesso infatti che uno dice personalmente al sacerdote i propri peccati e vince la vergogna perché ha offeso Dio avviene il perdono della colpa: con la confessione diventa infatti degno di perdono ciò che era colpevole quando fu fatto; e se non è subito del tutto purificato, diviene tuttavia veniale ciò che aveva commesso di mortale. Ha offerto infatti molto della soddisfazione chi, vincendo la vergogna, non ha negato al nunzio di Dio nessuna di quelle cose che ha commesso. (…)
E poiché la vergogna è una grande pena, chi arrossisce per Cristo diventa degno di misericordia” (s. agostino, De vera et falsa paenitentia, 10,25).
Non è bello tutto questo?
Ti ringrazio di avermi offerto la possibilità di ricordare tutte queste cose.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
1 Discorso ai membri della Sacra Penitenzieria Apostolica e ai Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali di Roma (30 gennaio 1981): AAS 73 (1981), 203. Cfr Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XIII, Decretum de ss. Eucharistia, cap. 7 et can. 11: DS 1647, 1661.