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Quesito

Buonasera Padre Angelo.
Vorrei chiederle una spiegazione in merito a questo passo della Lettera agli Ebrei: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,8-9).
Cosa significa che Gesù imparò l’obbedienza da ciò che patì?
E l’espressione “reso perfetto”?
Ad una prima interpretazione sembra quasi che Gesù prima non fosse né obbediente né perfetto… ma cosa significa tutto questo in relazione con la sua dolorosa passione?
Grazie
Un caro saluto.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. Hai ragione. Ad una prima lettura si può ricavare l’impressione che Gesù non fosse perfetto e che avesse difficoltà circa l’obbedienza.

2. Quel “reso perfetto” sta significare che Gesù mediante i suoi patimenti ha meritato la glorificazione.
L’ha meritata per sé e l’ha meritata per gli uomini perché con la sua passione, morte e risurrezione è diventato causa e principio di salvezza eterna per tutti quelli che gli obbediscono, praticando la sua legge e osservando i suoi comandamenti.

3. Quanto ho scritto è la sintesi del commento di San Tommaso a questo passo della lettera agli ebrei.
Te lo riporto.
“Quando si dice: “e reso perfetto…”, mostra il frutto della passione, che fu duplice: uno in Cristo e l’altro nelle sue membra”.

4. “In Cristo il frutto fu la glorificazione, perciò dice: “reso perfetto”. Infatti dall’istante del suo concepimento egli fu massimamente perfetto riguardo alla beatitudine dell’anima per il fatto che era portata a Dio; tuttavia aveva la passibilità della natura (vale a dire: era soggetto alla sofferenza).
Ma dopo la passione essa fu dotata di impassibilità” (vale a dire: il suo corpo glorioso non fu più soggetto ad alcuna sofferenza o limite della natura).

5. Continua a San Tommaso: “Infatti questa è la natura del perfetto, di poter generare qualcosa che gli rassomigli. E quindi dice che è perfetto.  Infatti per merito dell’obbedienza egli giunse a questa perfezione, come si legge nel libro dei Proverbi: “l’uomo obbediente canterà vittoria”” (Pr 21,28).

6. “Divenne causa di salvezza, non temporale, ma eterna per tutti coloro che gli obbediscono, come si legge in Isaia: “Israele sarà salvato dal Signore con salvezza perenne” (Is. 45,17)”.

7.  Per quanto riguarda: “Imparò l’obbedienza dalle cose che patì”, ecco che cosa dice ancora San Tommaso.
“Affinché uno conosca che cosa sia l’obbedienza, è necessario che impari ad obbedire in cose difficili, perché chi non impara essere sottomesso obbedendo non impara mai a presiedere comandando bene.
Perciò, sebbene Cristo conoscesse dall’eternità per semplice informazione che cosa sia l’obbedienza, tuttavia egli apprese con l’esperienza l’obbedienza dalle cose che patì, cioè da cose assai difficili, ossia mediante la passione e la morte”.

Con l’augurio di una buona e santa Pasqua, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo