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Quesito
Francesco chiede quali siano le condizioni per essere ascoltati nella preghiera.
Ha letto che “il Signore ascolta sempre la nostra preghiera, anche se essa è distratta o soffocata dalle spine del male”. E chiede cosa possono significare tali espressioni.
Vuole sapere inoltre se la preghiera è ascoltata anche se chi si appresta a pregare è talmente confuso da non riuscire a pronunciare (a parole o anche solo in mente) le parole della preghiera; se chi si appresta a pregare, pur volendo pregare devotamente, sa in anticipo che non ci riuscirà per distrazioni.
Risposta del sacerdote
Caro Francesco,
1. va detto subito che il Signore ascolta tutte le nostre preghiere poiché non è mai distratto o sovra pensiero.
Un altro paio di maniche è vedere se le esaudisce. Lui come buon medico, sa ciò che giova di più alla nostra salute eterna.
La preghiera è soffocata dalle spine del male quando esce dal cuore di un peccatore, oppure quando pur non essendo espressa con le labbra, è presente nell’angoscia di una persona tormentata dal peccato, per il quale avverte disagio e orrore.
2. Vedo che ti poni questioni interessanti sulla preghiera, ma che rasentano lo scrupolo e ti pongono ansietà.
Il rapporto col Signore in qualche modo è come il rapporto che hai con un’altra persona: quando interloquisci con un altro non stai a porti tanti problemi. La parola segue naturalmente il pensiero.
E così ugualmente con Dio.
Tuttavia Dio non lo vediamo e per questo è più facile la distrazione.
Ma il Signore sa che siamo soggetti alle distrazioni.
Per questo, dal momento che conosce le nostre necessità prima ancora che gliele presentiamo, si accontenta della buona volontà iniziale. Il resto lo prende come perseveranza nell’amore.
Pertanto non sta a guardare se siamo così confusi da non riuscire a precisare bene cosa vogliamo dire.
Al di là di ogni precisione di tipo tecnico (non si è pronunciata bene la parola, c’è la distrazione, si sa in anticipo che si andrà distratti), il Signore vuole un cuore sgombro da ogni risentimento, pieno di amore per Lui e per il prossimo.
È questo il recipiente insostituibile per ricevere le sue grazie. Il resto è importante, sì, ma non la cosa più importante.
Mi permetto di riportarti quanto ho scritto nel piccolo trattato sulla preghiera e pubblicato nel nostro sito nei primi mesi dell’anno.
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2. Gesù insegna a pregare
Gli apostoli, vedendo Gesù che prega, sentono un fascino che li porta a dire: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). E Gesù li accontenta.
Il CCC ricorda cinque insegnamenti.
La prima cosa da fare per pregare bene4 è la conversione del cuore, che si esprime nella riconciliazione con i fratelli5, nell’amore per i nemici, nella preghiera per i persecutori (Mt 5,44-45), nel pregare il Padre “nel segreto” (Mt 6,6), nella purezza del cuore, e cioè nella ricerca del Regno di Dio6, in una preghiera dove non si sprecano parole, perché il Padre sa già ciò di cui i suoi figli hanno bisogno (Mt 6,7-8).
La seconda cosa da fare7 consiste nel pregare con fede, e cioè aderendo alla volontà di Dio. “La fede è un’adesione filiale a Dio, al di là di quanto sentiamo e comprendiamo” (CCC 2609). “Egli può chiederci di cercare e di bussare (Mt 7,7-11), perché egli stesso è la porta e il cammino (Mt 7,13-14)” (CCC 2609).
La preghiera fatta con fede non si limita a dire “Signore, Signore”, ma è disposta a fare la volontà del Padre (Mt 7,21) e “a compiere la sua opera” (Gv 4,34). Gesù vuole portare i discepoli a collaborare con Dio8.
In terzo luogo insegna a pregare con audacia filiale: “Come Gesù prega il Padre e rende grazie prima di ricevere i suoi doni, così egli ci insegna questa audacia filiale: ‘‘Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto’ (Mc 11,24). Tale è la forza della preghiera: ‘‘Tutto è possibile per chi crede’ (Mc 9,23), con una fede che non dubita9. Quanto Gesù è rattristato dall’incredulità (Mc 6,6) dei discepoli e dalla poca fede dei compaesani, tanto si mostra pieno di ammirazione davanti alla fede davvero grande del centurione romano (Mt 8,10) e della cananea (Mt 15,28)” (CCC 2610).
L’audacia filiale si esprime anche nella perseveranza o insistenza: “Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto….Se dunque voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11,9.12; “darà cose buone a quelli che gliele domandano” Mt 7,11).
Così pure si esprime nella pazienza, come quella della vedova importuna: “Si deve pregare sempre, senza stancarsi, con la pazienza della fede” (CCC 2613).
L’audacia filiale comporta anche l’umiltà nel pregare. Il pubblicano prega dicendo: “O Dio abbi pietà di me, peccatore” (Lc 18,13). “La Chiesa non cessa di fare sua questa preghiera: Kyrie eleison” (CCC 2613).
In quarto luogo la preghiera è intimamente connessa con la vigilanza. È vigilanza nell’attesa di colui che è e che viene, ed è vigilanza perché è preghiera fatta in comunione con Gesù che prega. Tale vigilanza è una sorta di combattimento, “ed è vegliando nella preghiera che non si entra in tentazione” (CCC 2612).
Il quinto insegnamento concerne il pregare nel suo nome (Gv 14,13), e cioè radicando la nostra preghiera nella sua. È una preghiera che ci “fa dimorare con lui nel Padre, che in lui ci ama fino a prendere dimora in noi. In questa nuova Alleanza, la certezza di essere esauditi nelle nostre suppliche è fondata sulla preghiera di Gesù” (CCC 2614). “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24).
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Ti saluto e ti benedico, augurandoti un buon proseguimento nella letizia della Pasqua.
Padre Angelo