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Quesito
Pace padre,
Volevo chiederti riguardo il passaggio nel quale è scritto che Cristo si è reso peccato per la nostra redenzione.
In che modo Cristo è divenuto peccato, considerando che se effettivamente a livello ontologico egli fosse divenuto peccato almeno per l’umanità vi sarebbe una completa separazione dalla deità, in quando dove c’è peccato c’è anche morte, mentre Dio è santità e vita. Dunque le mie conclusioni sono che se prendessimo alla lettera il passaggio cadremmo in eresia, o nestorianesimo/di-ousia, in quanto umanità e deità sono completamente separate, oppure una sorta di adozionismo, in quanto l’umanità sarebbe separata dalla deità durante il supplizio, fino alla resurrezione. Il sacrificio di Cristo dunque come pone propiziazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero, come san Giovanni scrive? È possibile che l’ira di Dio Padre si riversi sul Figlio/Gesù-uomo?
Ti ringrazio!
Dio ti benedica,
Martin
Risposta del sacerdote
Caro Martin,
1. a vantaggio dei nostri visitatori riporto il passo della Scrittura cui fai riferimento: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio” (2 Cor 5,21).
Ebbene in nessun modo Cristo divenne peccato sotto il profilo ontologico.
Il peccato è un male. E il male è privazione di bontà, privazione di essere.
Se Cristo fosse stato peccato sotto il profilo ontologico, che è quanto dire sotto il profilo dell’essere, sarebbe stato ridotto al nulla.
Cristo invece sotto il profilo ontologico è rimasto in tutta la sua perfezione divina e umana, salva la sua passione morte.
2. Sarebbero esatte le tue considerazioni se Cristo fosse stato reso peccato o peccatore nella sua anima e nel suo corpo.
Dovremmo concludere alla dualità delle persone in Cristo, come sosteneva Nestorio, o all’adozionismo (per cui Cristo non sarebbe Figlio di Dio della stessa sostanza del Padre, ma solo adottivo, come lo siamo noi). In tal modo è salva la santità di Dio, nettamente separata dall’umanità corrotta dal peccato.
Ma Cristo, ridotto ad essere solo un uomo, come avrebbe potuto compiere la redenzione dal peccato di tutti gli uomini?
3. L’espressione “lo fece peccato” fa riferimento, pertanto, alla solidarietà morale di Cristo con l’umanità peccatrice.
Anzi ad una solidarietà così forte per cui è impossibile immaginarne un’altra di simile: perché Cristo vedeva i peccati di tutti gli uomini di tutti tempi e li caricava sulle sue spalle per espiarli uno per uno.
4. A questo proposito è interessante ciò che dice la Bibbia di Gerusalemme: “Forse peccato qui è preso nel senso di sacrificio o vittima per il peccato; la stessa parola ebraica attat può avere i due sensi (cfr. Lv 4,1-5,13)”.
5. San Tommaso mostra di essere perfetto conoscitore della Sacra Scrittura anche in questo caso.
Infatti se la Bibbia di Gerusalemme dice timidamente “forse peccato qui è preso nel senso di sacrificio vittima per il peccato” San Tommaso dice che “questa affermazione “lo fece peccato” si può spiegare in tre modi.
Secondo un primo modo era usanza dell’Antico Testamento di chiamare peccato il sacrificio per il peccato. In Osea 4,8 si legge che “(i sacerdoti) si nutrono del peccato del mio popolo”, ossia delle offerte per il peccato.
Tale è il senso di lo fece peccato, ossia lo fece ostia o sacrificio per il peccato”.
6. Aggiunge poi un secondo modo di intendere tale affermazione: “Perché talvolta peccato viene preso per una rassomiglianza col peccato o per la pena del peccato. In questo senso in Romani 8,3 si legge: “mandò il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato…”, cioè: per la somiglianza col peccato ha condannato il peccato. E allora il senso di lo fece peccato è questo: gli fece assumere la carne mortale e passibile”.
7. Ed ecco il terzo modo: “Perché talvolta si dice di una cosa che è questo o quello non perché lo sia effettivamente, ma perché gli uomini credono che sia così. E allora il senso di lo fece peccato è questo: lo fece ritenere un peccatore, secondo quanto si legge in Isaia: “ed è stato annoverato tra gli empi” (Is 53,12)”.
Ti ringrazio non soltanto per il quesito che hai posto ma anche perché mi hai dato la possibilità di manifestare in poche parole la profondità di San Tommaso nella spiegazione delle Scritture.
Ti ricordo volentieri nella mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo