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Quesito
Salve Padre.
Le scrivo per avere delucidazioni e magari avere i passi in merito agli argomento di cui vorrei potesse far chiarezza per un mio studio personale.
Partendo dalla prima, c’è una parte del vangelo di Giovanni ( credo ) dove viene chiesto a Gesù quando ci sarà il giorno dei giorni, ora: 1) mi piacerebbe sapere bene quale passo sia per poterlo rileggere ed utilizzarlo per il mio studio, e soprattutto 2) quando Gesù dice "Solo il Padre mio sa quando sarà, neanche io lo so" ( grosso modo, aspetto il passo preciso per rileggerlo ) se Gesù è stessa sostanza del padre, stessa ousia, perché non sa anche lui quando tornerà nella gloria per il giudizio finale? Non può essere un ostacolo alla pari identità delle figure trinitarie questo passo?
Seconda domanda, la mia curiosità si volge su un altro passo, l’atto finale della passione, dove Gesù si rivolge al Padre con la famosa frase, in punto di morte, "Perché mi hai abbandonato". Sempre sul concetto trinitario, come fa a sentirsi abbandonato da sé stesso, dalla sua stessa essensa? Non c’è contraddittorietà? Come si può spiegare qui l’identità trinitaria paritaria fra Padre e Figlio?
La ringrazio per le sue risposte, mi saranno molto utili per i miei studi accademici di Scienze Religiose e per la mia formazione teologica personale.
Cordiali Saluti.
Mirko
Risposta del sacerdote
Caro Mirko,
1. le parole Gesù cui fai riferimento sono riportate nel Vangelo di Marco e precisamente in Mc 13,32: “Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”.
2. La domanda sorge spontanea: è possibile che Gesù non la conosca? Proprio lui in cui sono nascosti tutti i tesori di sapienza e di scienza (col,23), Lui, l’intelligenza del Padre (Ap 19,13)?
3. Ecco la risposta che dà Sant’Ilario, dottore della Chiesa:
“L’ignoranza del giorno e dell’ora si oppone all’unigenito Dio, così che Dio nato da Dio non sia in quella perfezione di natura in cui
si trova Dio.
Ma secondo il giudizio comune, bisogna sentire se possa essere credibile che
ignori qualcosa colui che è l’autore di tutte le cose che sono e saranno.
In che modo, infatti, è
fuori della scienza della sua natura mediante la quale e nella quale è ciò che deve essere fatto?
Egli dunque ignora il giorno della sua venuta? (…) Ebbene, come si può ammettere che il Signore ignorasse il giorno della sua venuta gloriosa per un’imperfezione della sua natura, avendo la necessità di venire e non avendo la conoscenza della sua venuta?
E quanta occasione di empietà risulterebbe nell’attribuire a Dio
Padre la malignità di tenere nascosta la sua beatitudine a colui al quale aveva dato di conoscere la sua morte?
Se dunque in lui si trovano lutti i tesori della scienza, non ignora
questo giorno.
Ci conviene però ricordare che in lui i tesori della scienza sono occulti.
La sua
ignoranza rispetto a questo giorno proviene dal fatto che i tesori della sapienza sono occulti in
lui.
E sempre, quando manifesta di ignorare qualche cosa, ciò non va attribuito all’ignoranza,
ma al fatto che non è ancora giunto il momento di parlare o di agire.
Così, per mostrare che Dio voleva far conoscere ad Abramo che non ignorava il suo amore, si dice nel cap. 22 della
Genesi che Dio non lo celava ad Abramo.
Così si deve dire anche che il Padre conosceva quel giorno poiché non lo celava al Figlio. Se dunque il Figlio non conosce il giorno, è un mistero
che taccia; e al contrario si dice che solo il Padre lo sa poiché non tace” (De Trinitate, l. 9).
4. Se poi ci chiediamo perché non lo voglia rivelare, il motivo lo troviamo nelle parole che seguono: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»” (Mc 13, 33-36).
5. Per la seconda domanda ti riporto quanto ho scritto in una risposta pubblicata il 22.4.2007:
“Gesù ha sempre chiamato Dio con il nome di Padre. Non l’ha mai chiamato col Dio.
Solo una volta sulla croce ha detto: "Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato?". Ma queste parole sono l’inizio del Salmo 21 (22).
Citando quel Salmo Gesù, nel fondo della sua umiliazione, esprime il convincimento che il Padre lo risusciterà.
Se vai leggere questo salmo noterai proprio questo: dal versetto 1 al versetto 22 vengono descritte molti secoli prima che avvenissero le sofferenze e le umiliazioni di Cristo (“hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le ossa”). Dal versetto 23 in poi viene annunciata la sua glorificazione e il suo trionfo.
Questo Salmo veniva recitato in Israele nella festa dei Tumim. Questa festa ricordava quanto descritto nel libro di Ester e cioè che la condanna inesorabile degli ebrei allo sterminio si trasformò prodigiosamente nel loro trionfo.
Gesù, nell’abisso della sua umiliazione, proclama il trionfo della sua risurrezione. È pertanto un salmo pieno di speranza.
Sulla bocca di Gesù le parole “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” non significano che Dio lo abbia abbandonato, perché la Persona del Figlio è sempre unita con la Persona del Padre. Significano invece che il Padre, nei suoi arcani disegni, non ha sottratto l’umanità di Cristo all’odio e alla persecuzione dei nemici, né lo ha difeso dal dolore e dalla morte.
Sicché il calice dell’amarezza fu bevuto dal Signore fino in fondo. Per questo san Tommaso dice che il suo dolore fu superiore al dolore di tutti gli uomini messi insieme.
Fu questo dolore così grande, unito all’amore, la causa della nostra redenzione”.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo