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Quesito

Caro Padre Angelo,
Sono una ragazza di 26 anni e sono fidanzata da 9 anni. All’inizio della nostra storia ero lontana da Dio ma lui ha aiutato molto la mia conversione e oggi faccio un cammino di fede che mi rende molto felice e insieme abbiamo anche delle responsabilità (siamo catechisti). Purtroppo la nostra storia è segnata dal peccato, non abbiamo vissuto la castità anche se il cammino mi ha aiutata a comprenderne l’importanza e abbiamo sempre cercato di limitarci quanto più possibile, soprattutto nei momenti dell’anno liturgico più importanti  (come la Quaresima). Ma questo non mi basta più, ogni caduta diventa un peso insormontabile, tanto da farmi venire crisi di pianto interminabili ma soprattutto mi fa sentire lontana dall’amore di Dio, per questo in quest’anno, quello in cui eravamo più proiettati verso il matrimonio, ho avuto la forza di negargli ogni cosa. Personalmente mi sono sentita ricca di una Grazia speciale, ma se devo dire che ciò ha giovato alla coppia direi una bugia perché sono nati problemi su problemi, problemi di incompatibilità, di fiducia, le nostre differenze sembravano schiacciarci. Soprattutto lui ribadiva con forza la sua difficoltà ad accettare la mia scelta che non ha mai accettato o offerto a Dio ma soltanto subito con rabbia. Sono stati mesi difficili in cui abbiamo temuto di perderci, ma dopo aver valutato ogni cosa abbiamo deciso di continuare il cammino di fidanzamento insieme, ma purtroppo dopo questo lungo periodo di astinenza abbiamo peccato di nuovo. Riconosco le mie colpe ma non posso far a meno di pensare che se non mi avesse fatto pesare così tanto la mia scelta, se fossi stata certa del suo amore incondizionato, forse non sarei caduta di nuovo. Ora la mia domanda è: come faccio a restare fedele a Cristo? So che la frequenza ai sacramenti aiuta, ma io desidero essere liberata completamente da questo fardello, mentre in passato sono riuscita ad ottenere solo periodi di libertà. Come faccio a credere che il mio fidanzato mi ami davvero, se rende difficile il mio rapporto con Dio? Come faccio a pensare che il nostro sarà un matrimonio felice, se ci siamo preparati nel peccato? Poiché anche dopo la Confessione lui non è disposto a cambiare radicalmente  (non ha come obiettivo la castità) mentre io sì, potremo comunque ricevere la Grazia di Dio per affrontare le sfide del futuro? Tutti dicono che la castità di coppia e la preghiera aiuta la coppia a crescere nell’amore, ma per noi non è stato così. Ciò non mi scoraggia perché so che in ogni caso si tratta di un peccato mortale, ma allora cosa possiamo fare in più però per crescere nell’amore e nella stima reciproca?
Grazie di cuore


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. mi domandi come fai a sapere se il tuo fidanzato ti ama veramente.
Amare significa volere il bene di qualcuno.
Anzi, significa desiderare di renderlo felice.
La conclusione potrebbe essere presto tratta: se il tuo fidanzato ti vuole veramente felice dovrebbe essere contento di mettere da parte la propria concupiscenza.
Invece succede il contrario.

2. Qui si vedono i limiti dell’amore del tuo ragazzo, il quale certamente ti vuole bene.
Ma il suo amore ha bisogno di maturare e soprattutto di purificarsi.
Il fidanzamento è fatto anche per questo.
Solo con fondamenta così salde e così pure si può sperare in un esito felice dell’edificio matrimoniale.

3. Se la sessualità manifesta il suo intimo significato nell’inclinare la persona al dono sincero di sé, va detto però che non è facile per l’uomo mantenersi in questo orizzonte.
La nostra capacità di amare abita in un corpo insidiato dalla concupiscenza della carne (1 Gv 2,16).
Ribelle a Dio col peccato, l’uomo è diventato ribelle a se stesso, come diceva S. Caterina da Siena, e ribelle anche al prossimo.
Il rapporto di comunione tra persone è insidiato dalla tentazione di possedere l’altro, di ridurlo da soggetto a oggetto.
L’inclinazione ad amare e a farsi dono non viene estinta, ma viene abitualmente minacciata, come diceva Giovanni Paolo II.
Urge allora la necessità di crearsi un atteggiamento interiore, un habitus, che aiuti a guardare e a trattare l’altro in una prospettiva di comunione, di dono.
Questo habitus è la castità, che in termini generali può essere definita come la virtù che mantiene l’esercizio della sessualità nella logica del sincero dono di sé.

4. La Sacra Scrittura dice che “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9,7).
Questo vale per l’amore di Dio.
Ma vale anche per l’amore vicendevole.
Chi ama veramente l’altro è pronto a rinnegare se stesso pur di rendere felice la persona amata.
Anzi, non solo è pronto, ma è felice di rinnegare se stesso.
E quando l’altro vede quest’atteggiamento nella persona amata, si può essere certi che da quel momento il vero amore stende le ali e comincia a volare.

5. La tua fedeltà nel fidarti del Signore e della sua santissima legge, che vuole unicamente che il nostro amore si sviluppi sempre più, ha manifestato i limiti del tuo ragazzo che ha bisogno di essere aiutato.
Certo non lo aiuti cedendo alla sua immaturità.
Mostragli con tutto il tuo comportamento che tu sai rinnegare te stessa per la sua vera felicità.
Ora la vera felicità non si identifica con la concupiscenza.
Anzi trova in essa tutto il suo contrario, perché spinge una persona a chiudersi nella ricerca della propria soddisfazione e nel proprio capriccio.

6. A questo aggiungi la tua preghiera e i tuoi segreti sacrifici, convinta anche tu di quello che ha detto Santa Teresina del Bambin Gesù: “Ah, preghiera e sacrificio formano tutta la mia forza, sono le armi invincibili che Gesù mi ha date, toccano le anime ben più che i discorsi, ne ho fatto esperienza spesso” (Storia di un’anima, 315).

Ti accompagno con la mia preghiera perché tu possa riuscire vittoriosa nella bella impresa di guadagnare il tuo ragazzo ad una capacità più alta di amare e di donarsi.
Vi benedico.
Padre Angelo