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Quesito
Caro Padre Angelo,
è la prima volta che le scrivo, e colgo l’occasione per ringraziarla di cuore per la sua disponibilità.
Mi chiamo A., ho 29 anni e vivo un’esistenza "normale", tipica dei trentenni di oggi, incentrata sulla ricerca di un lavoro (sono avvocato ma sto svolgendo altri concorsi, in particolare quello per diventare magistrato), sulla condivisione dei momenti più belli con amici cari, sullo sport…
Una componente essenziale della mia esistenza è data dalla fede, e dalla sua pratica in ambito parrocchiale. Vivo la Grazia di un legame estremamente solido e sincero col Parroco e con un bel gruppo di amici che frequentano la mia Parrocchia, con i quali condivido periodicamente e sistematicamente esperienze forti di preghiera, di approfondimento culturale e di carità.
Credo, e sono contento di testimoniare la mia fede laddove se ne presenti l’occasione.
Però, fin dall’adolescenza mi accompagna un "punto debole": si tratta – riprendendo la definizione di una e-mail che le è già stata inviata – del "vizio solitario".
Io so che si tratta di un comportamento disordinato e da evitarsi, ma – soprattutto in particolari periodi di "vulnerabilità" – vivo il confronto come una lotta impari e spesso ne esco sconfitto.
Ho letto il prezioso consiglio che lei ha già dato ad un altro fedele, e cercherò di farne tesoro.
Ma la domanda che vorrei porle ha un’angolatura leggermente diversa. Si potrebbe riassumere così: questo tipo di peccato rientra nel novero dei peccati "mortali"? O invece può essere considerato un peccato "veniale"?
Non si tratta di un quesito che nasca da una mia "pigrizia" nel confessarmi. Accedo al sacramento della Riconciliazione con una certa regolarità.
Piuttosto, il mio dubbio è "sostanziale": davvero un unico gesto disordinato può interrompere integralmente il rapporto con Dio e con il Suo Amore? E se io dovessi "ritardare" nel confessarlo, rischio di precludermi la salvezza eterna in caso di morte? Nella mia esperienza, avverto distintamente il carattere peccaminoso dell’atto, ma al tempo stesso non avverto un’interruzione nel mio rapporto con Dio e nelle mie attenzioni al prossimo che da tale rapporto prendono vita. E’ un "sintomo" del carattere veniale del peccato, o solo una mia falsa percezione?
La ringrazio fin da ora per l’attenzione che vorrà concedermi, e le assicuro la mia povera preghiera quale sostegno alla sua preziosa attività pastorale.
A.
Risposta del sacerdote
Caro A.,
1. ti ringrazio anzitutto per la bella testimonianza di vita cristiana che ci hai dato: la vita di grazia anzitutto, poi la vita nella comunità parrocchiale, la testimonianza e la condivisione di fede con i tuoi amici, la frequentazione del sacerdote che per te, da quanto arguisco, è anche un padre spirituale.
La vita cristiana va vissuta così: in profondità, all’interno della comunità, nel rapporto con colui che il Signore ha messo a pascere il suo gregge.
Sono contento anche del tuo desiderio di affermarti sempre di più nella vita sociale, così da mettere a disposizione di tutti e al meglio i talenti che il Signore ti ha dato.
È importante anche la tua condivisione dell’attività sportiva con gli amici.
Lo sport non è soltanto un hobby. È una necessità ed è anche un momento particolare per vivere la fraternità nella distensione e nell’agonismo.
L’amicizia e la vita cristiana hanno bisogno di questi momenti. Penso a Pier Giorgio Frassati e alla sua passione per la montagna…
2. Ti ringrazio anche per la sincerità nell’esporre una fragilità, che oggi purtroppo è comune a molti.
Sottolineo oggi, perché “non si può tacere che la masturbazione non è nota in tutte le culture, non essendo presente in ambienti dove esistono forti stimoli all’integrazione precoce dell’io e all’assunzione di responsabilità sociali e familiari; per cui non si può affermare che la masturbazione sia una fase obbligatoria della vita” (achille dedé, Gesti e parole espressivi dell’io, educazione alla maturità sessuale, pp. 120-121).
Ma non è di questo che tu vuoi parlare, perché sei profondamente convinto che si tratta di un disordine.
Mi poni invece il quesito sul piano dottrinale: se si tratti sempre di un peccato mortale, dal momento che tu poi vivi ugualmente la tua relazione con Dio e di carità verso il prossimo.
3. Ed ecco la risposta.
Sul piano oggettivo “sia il Magistero della Chiesa – nella linea di una tradizione costante – sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato” (Dichiarazione Persona humana, 9).
Il termine masturbazione non si trova nella Sacra Scrittura, ma “la tradizione della Chiesa ha giustamente inteso che questo peccato veniva condannato nel Nuovo Testamento quando parla di impurità, di impudicizia, o di altri vizi, contrari alla castità e alla continenza” (Dichiarazione Persona humana, 9).
Inoltre è interessante il riferimento al senso morale dei fedeli che viene fatto dalla Dichiarazione citata. Per quanto oggi si cerchi di banalizzare il gesto, tuttavia il soggetto che lo compie avverte che si tratta di un disordine che lo lascia per terra.
Giovanni Paolo II diceva che la sessualità tocca l’intimo nucleo della persona. E per questo uno si disorienta nel fondo di se stesso.
4. Ma anche su questo tu sei d’accordo.
E mi chiedi se di fatto sia un peccato grave quando uno sente che la relazione con Dio e con il prossimo non è integralmente interrotta.
Ebbene, caro Antonio, il peccato grave interrompe la relazione con Dio per quanto riguarda la carità, e cioè l’essere all’unisono col Signore, con la sua volontà.
Ma non interrompe la relazione con Dio per quanto concerne la fede e la speranza, perché anche col peccato mortale uno continua a credere in Dio, a relazionarsi con Lui domandandogli perdono e chiedendogli aiuto.
Non viene distrutta neanche l’opzione fondamentale per Dio, che può coesistere col peccato grave. Quando San Pietro ha rinnegato ripetutamente il Signore, non aveva smesso di stimarlo e, in qualche modo, anche di amarlo. Ma il suo rinnegamento è stato un peccato grave e ne pianse amaramente.
Il peccato grave dunque è quel peccato che distrugge la carità, vale a dire l’amicizia col Signore, l’essere con lui una sola cosa, possederlo nel proprio cuore e godere della sua presenza.
Ora la masturbazione è un peccato di questo tipo. Si continua a credere, ad avere una relazione con Dio. Ma questa relazione è bene diversa da quando ci si trova in grazia.
5. Tuttavia devo dirti ancora una cosa. Lo stato di grazia non si riacquista solo con la confessione. Lo si può raggiungere ben prima, attraverso un atto di sincero pentimento e anche attraverso atti di carità, fatti per amore di Dio e del prossimo e in espiazione dei propri peccati.
Allora sebbene il peccato del vizio solitario sia grave, tuttavia può succedere che la comunione con Dio si riallacci prima della confessione, ma non senza il suo desiderio almeno implicito.
E penso che sia proprio questo che capita a te sicché spontaneamente ti domandi se sia peccato grave o peccato veniale.
È dunque peccato grave, ma non di rado la comunione con Dio viene riacquistata prima della confessione.
Questo tuttavia non dà la possibilità di fare la santa Comunione, perché manca ancora la piena riconciliazione con Dio e con la Chiesa. Manca ancora l’espiazione del peccato, e questa viene attuata mediante il Sangue di Cristo che il Sacerdote versa sulla tua anima per purificarla, toglierle ogni macchia e santificarla.
Pertanto qualora di capitasse di cadervi ancora, accostati con umile perseveranza alla Confessione. La tua Comunione sacramentale sarà vera Comunione, ben diversa da quella preceduta solo dal pentimento, per quanto sincero.
Ti ringrazio per la domanda. E penso che ti ringrazieranno molti nostri visitatori che attraverso la risposta possono ricevere maggiore chiarificazione su una questione delicata della nostra vita cristiana.
Ti saluto, ti accompagno con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo