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Quesito

Caro Padre Angelo,
Le scrivo questa lettera per chiarire un altro dubbio.
Esso nasce dal fatto che ho letto proprio nel Suo sito che può essere doveroso difendersi nel caso di una ingiusta aggressione, fino ad esporre l’aggressore alla morte.
Il mio dubbio è se questa affermazione sia sempre valida, oppure se riguarda solo il fatto di eventualmente uccidere, come soluzione estrema e obbligata, chi attenta alla nostra vita.
Mi spiego meglio: se una persona, per salvare la vita ad un proprio caro, o comunque a uno o più innocenti, commette un’azione che sa che gli costerà la vita, fa bene?
La ringrazio per la pazienza prestata, come al solito Le chiedo di ricordare nella preghiera i miei cari, me e tutti coloro che ne hanno bisogno.
Francesco


Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
sì, fa bene.
Infatti chi si espone a perdere la propria vita per salvare la vita altrui non vuole minimamente compiere un attentato alla propria vita personale. Ma vuole perseguire un bene molto grande, che può comportare il sacrificio della vita personale.
La vita è un bene preziosissimo, certo, ma non è il fine ultimo dell’uomo. Questo significa che talvolta possono essere ­chieste prestazioni che implicano il sacrificio della salute e della vita stessa. Queste azioni non si oppongono alla vita perché ne rappresentano la per­fezione. La vita umana infatti trova la sua realizzazione in quella carità che è totalmente oblativa di sé, delle proprie energie, della propria salute, della vita.
Sicché il discorso sull’autoconservazione non può essere finalizzato a se stesso, ma va integrato con quello concernente il significato della vita umana. Rimane sempre vero quanto ha scritto la Congregazione per la Dottrina della fede: “La valutazione di un cristiano non può limitarsi all’orizzonte della sola vita terrena: egli sa che, in seno alla vita presente, se ne prepara un’altra, la cui importanza è tale che alla sua luce bisogna esprimere i propri giudizi. Da questo punto di vista non esiste quaggiù un male assoluto, fosse anche l’orribile sofferenza di allevare un bambino minorato nel corpo o nella mente. È questo il rovescia­mento dei valori annunciati dal Signore: “Beati coloro che piangono perché saranno consolati” (Mt 5,5). Sarebbe un volgere le spalle al Vangelo, se si misurasse la felicità con l’assenza di sofferenze e delle miserie in questo mondo” (congregazione per la dottrina della fede, Dichiarazione sull’aborto procurato, 18.11.1974, n. 25).

Ti saluto, seguo con la preghiera te e le persone che ti sono care e ti benedico.
Padre Angelo