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Quesito
Caro padre,
grazie mille per tutte le volte che risponde alle mie domande.
Mi puo’ spiegare il significato di questa parte del Capitolo 13 dell’Apocalisse?
“Se uno ha orecchi, ascolti.
Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev’essere ucciso con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada.
Qui sta la costanza e la fede dei santi”.
La nuova Diodati lo traduce così: “Se uno ha orecchi, ascolti. Se uno conduce in cattività, andrà in cattività; se uno uccide con la spada, deve essere ucciso con la spada. Qui è la costanza e la fede dei santi”.
Non mi è chiaro questo rapporto tra compiere un’azione e ricevere la stessa azione nei propri confronti.
Grazie in anticipo!
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Ti riporto il commento della Bibbia di Gerusalemme e di tre autorevoli biblisti.
La Bibbia di Gerusalemme in termini molto concisi scrive quello che altri interpreti (esegeti) esprimono in maniera più diffusa: “Espressione di difficile interpretazione. Può significare che la Chiesa deve restare salda, senza resistere a ogni costo ai suoi persecutori o anche che il castigo di questi ultimi da parte di Dio sarà inesorabile”.
2. Il domenicano Marco Sales scrive: “I persecutori non mancheranno di pagare il fio dei loro misfatti, e i cristiani perseguitati hanno da ricordarsi che non devono opporre violenza a violenza, ma saranno salvi per mezzo della pazienza e della fede (cfr. Mt 26,52; Lc 21,19)”.
3. Alfred Wikenhauser scrive: “Quanto temibile sia per la Chiesa la bestia, si capisce dal fatto che il suo dominio si estende su tutti i popoli e tutte le nazioni; non vi è luogo in cui sia possibile sottrarsi alle sue pretese. Essa poi conseguirà effettivamente lo scopo a cui mira, e vedrà tutti piegare le ginocchia prima e infine anche il cuore al suo dominio. Solo gli eletti di Dio si rifiuteranno di riconoscere il suo potere anche sulle coscienze.
Si capisce dunque che a questo punto Giovanni inserisca una pressante esortazione ai lettori perché perseverino con costanza e conservino la fede.
I cristiani non sono chiamati a sollevarsi contro la bestia, ma non devono nemmeno prestarle adorazione, bensì opporsi con tenacia a tutte le lusinghe e minacce ed essere pronti ad affrontare le catene e la morte (cfr. Mt 26,52)”.
Poi afferma: “Il testo del versetto 10 è corrotto. La versione data rende quello che doveva essere il testo primitivo in cui si avverte un’eco di Geremia 43,11: ‘chi è destinato alla morte va alla morte; chi alla prigionia, in prigionia finisce; chi alla spada, cade sotto di essa’ (cfr. Ger 15,2).
L’invito a prestare attenzione mostra quale lo scopo preciso del libro”.
4. Il francescano Angelo Lancellotti riprende in parte quanto ha detto Wikenhauser: “La frase, tratta da Geremia 15,2, è di difficile interpretazione, anche a causa dell’incertezza della tradizione testuale.
Mentre in Geremia il detto ha un tono di minaccia per le infedeltà inguaribili del suo popolo, nel nostro testo racchiude forse un incoraggiamento ai fedeli perseguitati, affinché affrontino con rassegnazione e fede tutti i disagi della persecuzione, sicuri che le loro sofferenze non rimarranno invendicate; infatti, secondo le parole di Cristo che riecheggiano nel secondo emistichio del presente versetto, ‘coloro che pongono mano alla spada di spada periranno’ (Mt 26,52).
Ti auguro ogni bene, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo