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Quesito

Caro Padre Angelo,
spero vada tutto bene, oggi vorrei chiederle un consiglio legato al gruppo giovani della mia parrocchia.
Sono il loro animatore da quasi 6 anni, un gruppo di circa 15 ragazzi dai 19 ai 30 anni. Il parroco me li consegnò in un momento di grande difficoltà, un gruppo quasi completamente sfaldato, erano rimasti solo 5 fedelissimi ma che ormai avevano perso quasi tutta la voglia di proseguire.
Sono anni che stiamo camminando, il gruppo è cresciuto e i ragazzi si impegnano in tantissime attività di servizio.
Per farla breve, purtroppo non si riesce ad estirpare un meccanismo che sono solito chiamare “il proprio orticello”. Come se ognuno guardasse a sè e alla propria attività. Malgrado le continue tematiche e formazioni su questo aspetto non si riesce ad uscire dall’egoismo. Al momento è come se fossero tornati quasi ad aver perso quella voglia che li ha animati durante questi anni, sembrano spenti, forse lo sono! È come se facessero le attività meccanicamente, non hanno spinte, non hanno idee, mi ritrovo sempre io a trascinarli e a creare, da parte loro nulla, solo una semplice esecuzione.
Vorrei evitare che questo accada anche perché le cose “calate dall’alto” non vanno mai bene. Vorrei tanto una bella condivisione. Mi metto in prima linea come esempio nel rimboccarmi le maniche e fare le cose, essere sempre presente per loro, proprio per dare l’esempio. Solo che al momento non so più come procedere, è come se non ci fossero più le forze.
Le chiedo un consiglio e un conforto. La ringrazio come sempre di tutto!


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. solo oggi sono giunto alla tua mail di quasi un anno fa. Me ne dispiace molto e te ne domando scusa.
Venendo al tuo problema, c’è già da ringraziare Dio perché questi ragazzi ci sono!
Giustamente però vorresti vederli più coinvolti, con più fuoco nel cuore.

2. Che cosa fare?
Da una parte sentiti stimolato dalla loro apatia a pregare ancora di più e a diventare ancora più santo.
Noi siamo portati a pensare che nella pastorale ci siano delle regolette o delle tecniche per far scattare la molla.
Certo, è necessario stare con i ragazzi, condividere le loro gioie, i loro problemi, ecc…
Ma per condurre gli uomini a Cristo rimane sempre insostituibile la grande regola che ci ha dato Nostro Signore: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
Gli apostoli avevano faticato invano quella notte quando andando a pescare non presero nulla.
Ma quando si sono trovati insieme col Signore e hanno obbedito alla sua parola, hanno preso una quantità enorme di pesci che quasi le reti si rompevano.

3. E poiché le anime non vengono regalate a nessuno, come diceva San Pio da Pietrelcina, ma si comperano tutte con la medesima moneta con la quale Cristo ha compiuto la nostra redenzione, alla preghiera è necessario aggiungere il sacrificio.
Proprio come ha scritto Santa Teresa di Gesù Bambino. Della potenza misteriosa del sacrificio ci lascerà queste preziose parole: “Ah, preghiera e sacrificio formano tutta la mia forza, sono le armi invincibili che Gesù mi ha date, toccano le anime ben più che i discorsi, ne ho fatto esperienza spesso. Una fra tutte queste esperienze mi ha fatto una impressione dolce e profonda” (Storia di un’anima, 315).
E: “Vedo che la sofferenza sola può generare le anime e più che mai le sublimi parole di Gesù mi svelano la loro profondità: in verità, in verità vi dico, se il chicco di grano caduto a terra non muore, rimane solo ma se muore produce molto frutto (Gv 12,24-25)” (Ib., 229).

4. Se non percorriamo queste due strade sarà fatale per noi concludere sempre come gli apostoli: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (Lc 5,5).
Forse riusciremo a fare una bella diagnosi sulla psicologia dei giovani d’oggi per poi concludere: “Non c’è nulla da fare, sono fatti così, non c’è nulla da sperare”,

5. Ci si dimentica che avere dei ragazzi “pieni di Spirito Santo” e desiderosi di fare il bene è un obiettivo di ordine soprannaturale.
Allora anche i mezzi devono essere proporzionati, e cioè di ordine soprannaturale.

6. Il nostro maestro, Cristo, ci ha insegnato la strada: prima di iniziare la sua predicazione, è andato nel deserto e lì ha pregato e digiunato per meritare che coloro che avrebbero sentito la sua parola, avessero la forza di aprire il cuore.

7. Giovanni Paolo II, nella lettera Novo millennio ineunte, nella quale traccia il cammino della Chiesa per il III millennio della sua storia, dice che bisogna ripartire da Cristo.
Ripartire da Cristo, significa fare ciò che ha fatto Lui, iniziando da quello che ha fatto prima della sua predicazione.
Anche a te il Signore chiede di meritare con la tua preghiera e con i tuoi sacrifici che i ragazzi del tuo gruppo abbiano la forza di aprire il cuore a Cristo che ha detto di sé: “Io sono la luce del mondo. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
Riparti dunque di qui, stando insieme a Cristo e in obbedienza alla sua parola: introdurrai segretamente nel cuore di questi giovani una vitalità nuova.

Ti sono vicino in questa impresa, che è la più bella e la più affascinante.
Ti benedico, ti ricordo nella preghiera e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo