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Don Juan de Porres era un cavaliere orgoglioso, allora governatore di Panama e ascoltava con grande fastidio le informazioni che gli giungevano del figlio. Per questo un certo giorno decise di partire subito alla volta della capitale del Perù.
– Voglio far vedere a questi frati chi è Don Juan de Porres disse – Hanno forse creduto di convertire mio figlio in uno schiavo del convento?
Poche settimane dopo la carrozza del governatore di Panama si fermò rumorosamente dinnanzi al portale del convento più popoloso tra tutti quelli che i domenicani hanno in America. Si diresse immediatamente alla portineria.
– Dove si trova?
– Chi? – domandò Frate Barragan
– Mio figlio.
– Scusi, chi è vostro figlio?
– Don Martino de Porres.
– Vado a informare il Superiore.
Lasciò don Juan de Porres con il viso accigliato che stava studiando il modo per portar via il figlio. Pochi minuti dopo, si trovò di fronte al Padre Provinciale.
– Sono il padre di Don Martino de Porres.
– Benvenuto in questa casa, Eccellenza.
Considerando il tono impiegato del Superiore, Don Juan si mise a sbraitare:
– Perché tenete qui mio figlio come se fosse uno schiavo? Ho nobiltà a sufficienza per non mendicare e mio figlio ne tiene abbastanza perché nessuna gli tolga il sangue dalle vene. Vengo a prenderlo.
– Non voglio trattenerlo, Eccellenza e se egli si dedica a umili lavori è perchè lo vuole e lo ha richiesto ripetute volte.
– E perché non studia come gli altri?
– Perché abbiamo, Eccellenza, dalle nostre leggi che dobbiamo rispettare. Queste leggi dicono che gli indios, i negri e i loro discendenti, non possono professare in alcun ordine religioso, per il motivo che si ritiene che queste razze siano poco preparate per la vita religiosa.
– Egli lo sa veramente?
– Sì, Eccellenza, lo sa, glielo abbiamo detto chiaramente al suo ingresso.
– Quindi chiedo di vederlo subito.
– Non vi è alcun problema.
Il padre stentò fatica a riconoscerlo. Quando era partito per il suo incarico, alcuni anni prima, Martino era un bambino. Ora era un uomo ben piantato, forte e nel pieno della sua giovinezza. Superata la prima impressione si lasciò vincere dall’affetto di padre e se lo strinse al petto.
Il Priore, che assisteva alla scena, disse a Martino:
Figlio mio, tuo padre mi ha chiesto se tu ti trovi bene nel convento.
– Sì, padre. Qui sono molto felice.
– Ma dimmi, Martino, ti basta essere un umile converso e restare così per tutta la vita?
– Sì, padre. La mia unica preoccupazione è di servire Dio in convento.
– La verità è che non riesco a capirti – esclamò il padre.
– Avrei ottenuto dal Re di farti nominare Gentiluomo, invece tu mi parli di cose che stento fatica a capire.
– Padre mio, ti supplico di non portarmi via, è l’ora di assistere i malati. Mi vuoi accompagnare?
Don Juan constatò la simpatia che il giovane mulatto aveva conquistato in ospedale. Appena lo vedevano, gli infermi non cessavano di chiamarlo, chiedendogli mille cose. Frate Martino aveva sempre una parola di consolazione per tutti. Andava e veniva felice di poter aiutare quei derelitti.
Suo padre restò attonito e in quel momento imparò moltissime cose.
– Figlio mio – esclamò – sono orgoglioso di te e non sarò io che renderò vana la tua vocazione all’umiltà. Lo strinse fra le braccia e gli disse: Addio, che il Signore ti illumini e guidi i tuoi passi. Quando Juan de Porres salì in carrozza, gli rimase impresso nella mente il sorriso luminoso di suo figlio, che si diresse alla cappella e, prostratosi dinnanzi all’immagine del crocifisso disse al Signore:
– Grazie per aver permesso che mio padre si senta orgoglioso di me.
Frate Martino sapeva quanto è difficile il cammino per il cielo, per questo si era imposto il proposito di fare tutto il possibile per arrivare il più possibile vicino al cielo.