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Padre Angelo, Pasquale e i volontari dello staff degli Amici Domenicani, augurano a tutti la buona Pasqua ed invitano a meditare con San Tommaso d’Aquino su questo grande mistero d’amore, affinché illumini le nostre anime e dei nostri cari.
Il terzo giorno risuscitò da morte
È necessario che gli uomini conoscano due cose: la gloria di Dio e la pena dell’inferno, perché essi, allettati dalla gloria e spaventati dalla pena, possano star lontani dal peccato ed evitarlo. Ma sono cose queste molto difficili da conoscere. Per cui, della gloria si dice: “A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo?” (Sap 9,16). Ed è questa un’impresa difficile per chi è terreno, perché, come dice Giovanni (Gv 3,31): “Chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra“; non è cosa invece difficile per chi è spirituale, perché “chi viene dal cielo è al di sopra di tutti”. Per questo il Signore è disceso dal cielo e si è incarnato: per insegnarci le cose celesti.
Era anche difficile venire a conoscere le pene dell’inferno. Il Libro della Sapienza pone sulla bocca degli stolti queste parole: “Non si è trovato alcuno che sia tornato dagli inferi” (Sap 2,1). Ma ora non si può più dire così, perché Cristo, com’è disceso dal cielo per insegnarci le cose celesti, così è risorto dai morti per insegnarci le cose degli inferi. È perciò necessario che noi crediamo non solo che egli si è fatto uomo ed è morto, ma anche che risuscitò dal morti. Perciò nel Simbolo viene detto: “il terzo giorno risuscitò dai morti“.
Caratteristiche della sua risurrezione
Sappiamo che molti sono risuscitati dai morti, come Lazzaro, il figlio della vedova e la figlia dell’archisinagogo. Ma la risurrezione di Cristo differisce da quella di costoro e degli altri per quattro motivi.
1 – Quanto alla causa.
Gli altri risuscitati non risorsero per virtù propria ma, o per quella di Cristo o per le preghiere di qualche santo. Cristo, invece, risuscitò per virtù propria, perché egli non era soltanto uomo ma anche Dio, e la divinità non fu mai separata né dalla sua anima né dal suo corpo. Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse l’anima e l’anima il corpo. Lo affermò lui stesso: “Io ho il potere di offrirla (la mia vita) e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,18). E, pur avendo subita la morte, questa non avvenne per infermità o per necessità, ma per propria volontà, spontaneamente: il che risulta anche dal fatto che egli, nel momento di emettere lo spirito gridò ad alta voce: cosa che non possono fare gli altri che muoiono a causa della loro infermità. Fu questo il motivo che fece dire al centurione: “Davvero costui era Figlio di Dio” (Mt 27,54). Pertanto, come per virtù propria depose l’anima, così per virtù propria la riprese, per cui giustamente si dice che egli “risuscitò” e non che “è stato risuscitato“, come se ciò fosse avvenuto per intervento altrui. Egli può dire di sé quanto dice il salmista: “Io mi corico e mi addormento, mi sveglio (perché il Signore mi sostiene)” (Sal 3,6). Né questo è in contraddizione con quanto si legge negli Atti: “Questo Gesù Dio l’ha risuscitato” (At 2,32), perché il Padre lo risuscitò e il Figlio risuscitò se stesso, essendo unica la potenza del Padre e del Figlio.
2 – Quanto alla nuova vita del risorto.
Cristo risuscitò a una vita gloriosa e incorruttibile. Lo afferma l’Apostolo quando dice: “Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre” (Rm 6,4), mentre gli altri tornano alla medesima vita di prima, come sappiamo di Lazzaro e degli altri risorti.
3 – Quanto ai frutti che ne derivarono.
Tutti gli altri risorgono in virtù della risurrezione di Cristo. Infatti, dice il Vangelo che, alla risurrezione di lui, “molti corpi di santi morti risuscitarono” (Mt 27,52) e S. Paolo afferma che “Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15,20). Non sfugga, però, che Cristo giunse alla gloria attraverso la passione, come egli stesso dichiarò ai suoi discepoli: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26).
Così ci insegnò come anche noi potessimo giungere alla gloria, perché – come afferma S. Paolo – “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14,22).
4 – Quanto al tempo.
La risurrezione degli altri viene, infatti, differita alla fine del mondo, a meno ché ad alcuni non sia stata anticipata per privilegio, come alla Beata Vergine e, come piamente si crede, al beato Giovanni Evangelista. Cristo, invece, risuscitò al terzo giorno. La ragione è che la nascita, la morte e la risurrezione di lui erano ordinate alla nostra salvezza, e pertanto egli volle risorgere appena la nostra salvezza fu compiuta. Ma se fosse risorto subito dopo la morte, non si sarebbe creduto che egli fosse veramente morto; e se l’avesse differita di molto tempo, i suoi discepoli non avrebbero perseverato nella fede e di conseguenza la sua passione non sarebbe stata di alcuna utilità, come dice il salmo: “Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba?” (Sal 30,10). Risuscitò perciò il terzo giorno affinché fosse creduto morto e i suoi discepoli non perdessero la fede.
Quattro insegnamenti da ricavarne
Da quanto si è detto della risurrezione di Cristo possiamo ricavare a nostra erudizione quattro insegnamenti.
1 – Dobbiamo impegnarci per risorgere spiritualmente dalla morte dell’anima, in cui incorre l’uomo col peccato, alla vita di grazia che si riacquista mediante la penitenza. Dice infatti l’Apostolo: “Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef 5,14). È questa quella prima risurrezione cui allude l’Apocalisse quando dice: “Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione” (Ap 20,6).
2 – Non dobbiamo differire questa nostra risurrezione al momento della morte, ma dobbiamo attuarla subito, perché Cristo è risorto al terzo giorno. A tanto ci invita anche il Siracide: “Non aspettare a convertirti al Signore, e non rimandare di giorno in giorno” (Sir 5,8). Come potresti, infatti, pensare alla salvezza dell’anima quando sarai oppresso dalla malattia? Inoltre, perché perseverando nel peccato, vorresti privarti della partecipazione di tanti beni che si fanno nella Chiesa e incorrere in tanti mali? Il diavolo, inoltre, – come dice Beda quanto più a lungo possiede un’anima, tanto più difficilmente la lascia.
3 – Dobbiamo risorgere a una vita incorruttibile, per non morire di nuovo, cioè col proposito di non peccare più, come Cristo che “risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,9). Perciò, “Anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri; non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti” (Rm 6,11-13).
4 – Sforziamoci di risorgere a una vita nuova e gloriosa, tale cioè da evitare tutte quelle cose che prima ci erano state occasione e causa di morte e di peccato. “Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4), e questa vita nuova è una vita di grazia che rinnova l’anima e porta alla vita di gloria.
Alla quale dobbiamo tutti aspirare.