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Quesito

Salve, ho 27 anni e alle volte mi vengono spontanee delle riflessioni e vorrei che Lei le esaminasse in modo da potermi correggere, nel caso in cui questo modo di pensare sia sbagliato.
Riguardo le richieste di grazie o favori spirituali, fisiche o materiali che ogni cristiano chiede attraverso le preghiere, e apparentemente esse non vengono esaudite, sono arrivato alla conclusione che è probabile che tali richieste non vengano esaudite direttamente, ma indirettamente, sotto altre forme perché Dio distribuisce i suoi doni come meglio crede, secondo la sua volontà. Naturalmente il fare un fioretto, devozione, voto, novena, preghiere per ricevere…, mette in risalto la rinuncia e il fare una determinata cosa che dovrà quindi prevalere fortemente sull’attesa o addirittura la pretesa del ricevere. Il ricevere il frutto, infatti, potrebbe manifestarsi direttamente o indirettamente. Mi piace pensare che non si riceve solo direttamente quello che uno chiede, ma alle volte anche indirettamente, sotto altre forme alle volte apparentemente invisibili, facendoci sembrare che quanto richiesto non sia stato esaudito. In un fioretto, ad esempio, ci si dovrebbe concentrare intanto sulla rinuncia, sfruttandola non solo come un modo di riuscire a dominare se stessi, ma come un’occasione per far fuoriuscire ancora più amore e fede, e quindi già si riceve la prima dose di grazia che è riuscire a fare una rinuncia per amore, per fede. Altre volte ci si accorge che la grazia richiesta, sia stata esaudita sotto una forma diversa di come si era formulata, Giobbe ad esempio, dopo che ne passò di tutti i colori, ad un certo punto dubitò che le sue richieste venissero ascoltate, 《Io grido a te, ma tu non mi rispondi; ti sto davanti, ma tu non mi consideri!”. Invece Dio stava preparando un bene ancora più grande da donargli. Il tempo, l’attesa, rivela tutto, non si può avere fretta ed è altrettanto importante anche l’insistenza.
Mi piace osservare la natura, il creato, attraverso cui si può scorgere ed ammirare la bellezza, la perfezione e l’onnipotenza di Dio. E allora pensando ad un laghetto, (naturalmente senza cadere nella blasfemia, perché è logico che gli animali non avente anima spirituale non pregano) mi è venuto in mente l’immagine di un pesciolino, il quale lamentandosi che l’acqua del laghetto sia troppo piena di alghe, esprime il desiderio di veder eliminate tutte le alghe che gli ostacolano la vita. Allora inizia un periodo di caldo e siccità, l’acqua inizia a evaporare e il livello dell’acqua si abbassa ulteriormente e diventa torbida. Il pesce come Giobbe pensa che la sua richiesta non solo non sia stata ascoltata, ma paradossalmente la sua situazione sia anche peggiorata ulteriormente. Ma fu proprio quel caldo e la tanta umidità evaporata da quel laghetto che poco tempo dopo fece scoppiare un bel temporale, il quale, non solo apportò acqua fresca al laghetto, ma ne triplicò la grandezza.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. Concordo pienamente sulla riflessione che hai fatto e posso dire semplicemente che la preghiera è sempre un momento di grazia che viene grandemente benedetta aldilà di ogni nostra aspettativa.

2. La liturgia della Chiesa nella colletta della 27ª domenica del tempo ordinario si esprime così: “O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo aldilà di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non oso sperare”.

3. Mettersi in preghiera è la stessa cosa che aprirsi a Dio e permettergli di agire nella nostra vita.
Il bene che ci comunica è sempre molto più abbondante di quello che chiediamo, anche se non ce ne accorgiamo.

4. Nel Salmo 80,11 il Signore dice: “Apri la tua bocca, la voglio riempire”. Ciò significa che Dio è contento di soddisfare i nostri più grandi desideri.
E proprio perché ci vuole colmare di ogni bene Gesù chiede “di pregare sempre senza stancarsi mai” (Lc18,1).
È chiaro che qui il Signore non chiede di esprimersi con la preghiera verbale permanente perché sarebbe impossibile. Chiede però di mantenersi in atteggiamento di preghiera. E noi ci manteniamo in atteggiamento di preghiera anzitutto vivendo in grazia.
Un antico anonimo commentatore medievale commenta le parole di Lc 18,1: “Vivete sempre in grazia: infatti chi è in grazia, non cessa di pregare a meno che non cessi di essere in grazia; sempre dunque prega chi sempre agisce secondo virtù” (Glossa ordinaria in Lc 18,1).

5. San Giovanni Crisostomo commenta: “Medita quanto grande è la felicità che ti viene concessa di poter parlare con Dio nelle tue preghiere e di fargli conoscere tutti i tuoi bisogni; egli, anche se fa silenzio con le parole, tuttavia risponde con le benedizioni; non disprezza quanto chiedi e non si annoia, a meno che tu non faccia silenzio”.

6. Dice Sant’Agostino: “Pregare a lungo non è un pregare moltiplicando parole.
Una cosa è un lungo discorso, e altro un affetto prolungato.
Del resto del Signore stesso si legge che passava la notte in preghiera, e che pregò a lungo, per darci l’esempio” (Epistola 130,9).
E aggiunge: “Eliminate dalla preghiera i lunghi discorsi; ma non manchi il prolungato supplicare, se permane una fervente tensione dell’animo.
Infatti parlare a lungo nel pregare è compiere un’azione necessaria con parole inutili. Spesso questo dovere si compie meglio coi gemiti che con le parole” (Ib.).

7. Infine, aldilà di quello che noi chiediamo e di quanto il Signore ci dona in sovrabbondanza, non va dimenticato che la preghiera, soprattutto se fatta in grazia, è meritoria per la vita eterna. Ciò significa che accresce il possesso e il gaudio del paradiso per tutta l’eternità.

8. È bello dunque poter giungere a dire insieme con Papa Giovanni XXIII: “La mia giornata deve essere in preghiera. La preghiera è il mio respiro”.
È una benedizione e un riversamento di grazie continuo su noi stessi e sul mondo intero.

Ti benedico, ti ricordo nella preghiera e ti auguro ogni bene. 
Padre Angelo