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Quesito

Caro Padre,
le scrivo perché mi faccia chiarezza dicendomi cosa significa esattamente offrire le nostre preghiere o anche la Santa Messa al Signore.
Non sono forse già implicitamente e intrinsecamente offerti tutti i nostri atti di preghiera a nostro Signore?
E poi per quanto riguarda le nostre sofferenze: è possibile offrirle quando non le desideriamo, quando siamo “costretti” ad accettarle perchè non ci è possibile evitarle? E’ possibile in questo caso, accettarle ma allo stesso tempo rimetterci alla bontà divina perché ce le allontani e comunque offrirle al Signore?…non vi è una certa contraddizione tra l’accettazione e il desiderare che ne veniamo liberati, tra il volerle offrire e il chiedere che ci venga risparmiata tanta sofferenza?
Sì, mi rendo conto che ho fatto un po’ di confusione: ho iniziato col dire “rimetterci alla bontà divina” per arrivare a “chiedere che ci venga risparmiata tanta sofferenza”, passando per “desiderare che ne veniamo liberati”…forse è questo il punto, è questo che fa la differenza tra una buona e una cattiva offerta…però è anche vero che spesso questi sentimenti e questi desideri si alternano e si accavallano…
La ringrazio anticipatamente e, confidando in una sua preghiera, le assicuro la mia,
Viola


Risposta del sacerdote

Carissima Viola,
1. Ti vorrei domandare: in forza di che cosa “sono già implicitamente e intrinsecamente offerti tutti i nostri atti di preghiera a nostro Signore”?
Se uno ha offerto la propria vita e la propria giornata al Signore, allora tutto è già anticipatamente trasformato in un’offerta al Signore.
Ma se quest’intenzione non è mai stata espressa, come si può dire che tutto è offerto anticipatamente?
Gesù ha detto: “Chi non raccoglie con me, disperde” (Mt 12,30).

2. Inoltre, sebbene già al mattino presto uno dica nella bella preghiera “Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore… Ti offro tutte le azioni della giornata”, è facile dimenticarsi di quest’offerta, soprattutto nei momenti della tribolazione.
Allora è molto utile rinnovare l’offerta delle nostre azioni durante la giornata perché tutto sia “per la sua maggior gloria e la sua santa volontà”.
Ci si accorge allora che certi sentimenti, certe parole e certe azioni non possono essergli offerti, perché sono palesemente contrari alla “sua santa volontà”. E anche questo serve a raddrizzare la nostra condotta.
Giova ricordare che la preghiera non serve ad istruire Dio, che sa già tutto, ma serve a edificare e a costruire noi, come dicevano sant’Agostino e San Tommaso.

3. Mi chiedi ancora: “è possibile offrire le sofferenze quando non le desideriamo, quando siamo “costretti” ad accettarle perchè non ci è possibile evitarle?”
Possiamo fare di necessità virtù.
Ho l’impressione che di fatto le offerte più belle e più comuni siano proprio quelle che facciamo perché non ci è possibile evitarle.
Allora ci rassegniamo e diciamo: sia fatta la tua volontà.

4. Ugualmente chiedi se possiamo offrire la tribolazione che stiamo subendo e nello stesso tempo domandare che sia allontanata.
Sì, anche questo è possibile e non vi è alcuna contraddizione.
Da una parte chiediamo che ci venga tolto un male e dall’altra, finché lo stiamo subendo, non lo sprechiamo facendone un’offerta.
Gesù stesso ce ne ha dato l’esempio. Durante l’agonia nel Getsemani ha detto: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!” (Mt 26,39).
“E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà” (Mt 26,42).

Ti ringrazio della preghiera che mi hai assicurato.
Anch’io ho pregato per te e lo farò ancora.
Intanto ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo