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Quesito
Caro padre Angelo,
ad eccezion fatta dei Vangeli ispirati di Luca, Marco, Matteo e Giovanni e dei cosiddetti vangeli apocrifi, esistono altre testimonianze scritte in cui viene citato Gesù Cristo?
L’esistenza storica di Gesù ormai non è messa in discussione da nessuno (o quasi), tuttavia mi chiedevo se alcuni altri scrittori del tempo abbiano parlato di Gesù ed in che termini l’abbiano fatto.
La ringrazio per l’enorme disponibilità e la saluto con una preghiera.
A.
Risposta del sacerdote
Caro A.,
le informazioni che ti allego le ho tratte dalla monumentale opera di Giuseppe Ricciotti Vita di Gesù Cristo.
1. Questo grande esegeta riporta anzitutto quanto dice lo storico Giuseppe Flavio, che racconta come testimone oculare la distruzione di Gerusalemme avvenuta nell’anno 70 dell’attuale era.
Giuseppe Flavio, benché parli moltissimo di persone del mondo giudaico o romano nominate anche nei vangeli, non nomina mai né Gesù né i cristiani, salvo in tre passi. In uno parla con onore di Giovanni il Battista e della sua morte (Antichità giud. XVIII,116-119); in un altro riferisce, egualmente con onore, la morte violenta di Giacomo fratello di Gesù, chiamato il Cristo (ivi, XX, 200). E afferma che sull’autenticità di questi due passi, nonostante l’incertezza di pochi studiosi moderni, non vi sono ragionevoli dubbi.
Poi riporta quanto Giuseppe Flavio dice di Gesù:
“Ora, ci fu verso questo tempo Gesù, un uomo sapiente,seppure bisogna chiamarlo uomo: era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità.
E attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci.
Costui era il Cristo.
E avendo Pilato, per denunzia degli uomini principali fra noi, punito luidi croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato.
Egli infatti comparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i divini profeti queste e migliaia d’altre cose mirabili riguardo a lui.
E ancora adesso non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati i Cristiani” (Antichità giud., XVIII, 63-64).
Questo passo, conosciuto comunemente come testimonium flavianum, è contenuto in tutti i codici delle Antichità giudaiche, e nel secolo IV era già noto ad Eusebio che lo cita più d’una volta (Hist. eccl., I, II; Demonstr. evang., III, 3); né, fino al secolo XVI, alcuno studioso dubitò mai della sua autenticità.
In quel tempo furono mossi i primi dubbi, ma fondati soltanto su ragioni interne,in quanto cioè sembrava che il giudeo e fariseo Giuseppe non potesse parlare in modo così onorifico di Gesù: si concluse, quindi, che il passo era stato interpolato da un’ignota mano cristiana. La questione si è prolungata fino ai nostri giorni, e oggi esistono sia fautori sia avversari dell’autenticità in ogni campo: ad esempio, il razionalista Harnack ha difeso l’autenticità, mentre il cattolico Lagrange ha supposto l’interpolazione. Una soluzione incontrastabile non si troverà probabilmente mai, sia per mancanza di documenti, sia perché le ragioni addotte contro l’autenticità sono soltanto di ordine morale e quindi variamente giudicabili.
2. All’inizio del secondo secolo tre scrittori romani parlano di Cristo e dei cristiani.
2.1. La celebre lettera scritta verso il 112 da Plinio il Giovane all’imperatore Traiano (Epist., X,96) non dice nulla circa la persona di Gesù; attesta soltanto che nella Bitinia, governata da Plinio, erano molto diffusi i cristiani, i quali “erano soliti ad un giorno stabilito di radunarsi prima del sorgere del sole per dire preghiere a Cristo che considerano come Dio” (soliti stato die ante lucem convenire carmenque Christo quasi deo dicere).
2.2. Poco anteriori all’anno 117 sono gli Annali di Tacito, che è il meno avaro sull’argomento.
Trattando di Nerone e dell’incendio di Roma dell’anno 64, egli dice che quell’imperatore, per dissipare le voci che l’incendio fosse stato comandato, “ne presentò come rei e colpì con supplizi raffinatissimi coloro che il volgo, odiandoli per i loro delitti, chiamava Crestiani. L’autore di questa denominazione, Cristo, sotto l’impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; ma, repressa per il momento, l’esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo per la Giudea, origine di quel male, ma anche per l’Urbe, ove da ogni parte confluiscono e sono esaltate tutte le cose atroci e vergognose” (Annal., XV, 44); segue poi la descrizione dei supplizi usati contro i cristiani nellapersecuzione neroniana.
Come appare subito, questa testimonianza pagana della lontana Roma conferma alcune fondamentali notizie della vita di Gesù che circolavano in Palestina già nel secolo precedente
2.3. Qualche anno dopo, verso il 120, Svetonio conferma genericamente che sotto Nerone furono “sottoposti a supplizi i Cristiani, razza d’uomini d’una superstizione nuova e malefica” (Nero, 16).
Ma, quando tratta del precedente impero di Claudio, fornisce una notizia nuova, riferendo che costui “espulse da Roma i Giudei i quali, ad impulso di Cresto, tacevano frequenti tumulti” (Claudius, 25).
Questa espulsione,confermata da quanto dicono gli Atti 18, 2, avvenne fra gli anni 49 e 50. Non si può ragionevolmente dubitare che l’appellativo di Cresto di Svetonio sia il termine greco «christòs », traduzione etimologica del termine ebraico «messia»; tanto più che, come ha già fatto Tacito nel passo qui sopra riportato, anche in seguito i cristiani saranno chiamati crestiani (Tertulliano, Apolog., 3).
3. Possediamo anche una lettera dell’imperatore Adriano indirizzata verso l’anno 125 al proconsole d’Asia, Minucio Fundano, e conservataci da Eusebio (Hist. eccl., IV, 9) nella quale vengono impartite norme per i processi contro i cristiani.
Allo stesso imperatore è attribuita una lettera indirizzata verso il 133 al console Serviano (Flavio Vopisco, Quadrigee tyrannorum, 8, in Script. Hist. Aug.), ove sono incidentalmente nominati Cristo e cristiani.
È stato notato che questi scrittori romani non riportino mai il nome di Gesù, ma solo quello di Cristo (Cresto).
4. Da scrittori non romani dei primi due secoli non si ricava di più.
Il sarcastico Luciano, semita ellenizzato, beffeggia spesso i cristiani, ma fa rare allusioni a Gesù: le più sicure sono quelle contenute nel Peregrino (11 e 13), di circa l’anno 170, ove si ricorda che il primo legislatore dei cristiani, sofista e mago, fu crocifisso in Palestina.
Di un altro semita, Mara figlio di Serapione, abbiamo una lettera in siriaco, indirizzata a suo figlio Serapione, che contiene un’allusione a Gesù (in Cureton, Spicilegium syriacum, pag.43 segg.); insieme con Socrate e Pitagora vi è nominato, in maniera onorifica, un sapiente re dei Giudei messo a morte dalla propria nazione, la quale perciò è stata punita da Dio con la distruzione della capitale e con l’esilio. È chiaro, dunque, che la lettera fu scritta dopo gli avvenimenti palestinesi del 70; ma è impossibile una datazione più precisa della lettera, che può essere benissimo del secolo II molto inoltrato, come neppure risulta con sicurezza se l’autore sia un cristiano dissimulato oppure un pagano stoico ammiratore del cristianesimo.
Ecco le informazioni extrabibliche particolarmente preziose che possediamo.
Ti saluto, ti assicuro una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo