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1. Il 28 maggio 1922 nella chiesa di San Domenico in Torino Pier Giorgio Frassati diventava terziario domenicano assumendo il nome di Fra Girolamo, in onore e in memoria del grande domenicano del XV secolo Girolamo Savonarola.
Tutti quelli che hanno conosciuto bene Pier Giorgio hanno testimoniato che da quel momento prese uno slancio ancora più deciso verso la santità.
Con i suoi confratelli terziari amava firmarsi fra Girolamo.
La sua decisione di entrare nell’Ordine domenicano come terziario nacque dalla frequentazione con un grande predicatore domenicano, Padre Filippo Robotti, che fu tra i pionieri del partito popolare in Torino.
Pier Giorgio andava a prelevarlo in convento e lo accompagnava nell’itinerario che doveva compiere per recarsi a parlare agli operai del Lingotto e poi lo riaccompagnava.
A quei tempi i “rossi” volevano avere il monopolio del mondo operaio e non sopportavano che padre Robotti andasse ad istruirli sulla dottrina sociale della Chiesa. In quegli anni postbellici, particolarmente caldi, era pericoloso per padre Robotti andare da solo a San Domenico fino al Lingotto.
Pier Giorgio si sentiva onorato di fargli da guardia del corpo e per questa sua fedeltà lo chiamavano “il robottiano”.
2. Il suo desiderio di farsi terziario crebbe quando Benedetto XV pubblicò un’enciclica in onore di San Domenico nel settimo centenario della sua morte ed esortava i laici ad entrare nelle file del terz’Ordine domenicano per ricevere una robusta e sana formazione cristiana.
Pier Giorgio si fece consegnare la regola. La meditò per un anno. Poi insieme ad altri giovani prese la decisione.
Era già legato alla famiglia domenicana per un doppio titolo: nel 1918 (aveva 17 anni) si iscrisse alla Confraternita del Santissimo Rosario.
E nel 1921 era entrato nella Milizia Angelica per mettere la propria purezza sotto il patronato di San Tommaso d’Aquino.
3. Il giorno della sua vestizione, oggi si chiama rito di accoglienza, fu memorando.
Qualcuno in seguito scrisse: “Fui colpito dalla compostezza, serietà e devozione di un giovane alto, robusto, elegantemente vestito, bello, che prese il nome di “fra Girolamo”. Ricordo anche l’allegria, la gioia di quel giovanotto, gioia che trapelava tra poro a poro. Ricordo anche il fracasso fatto in sacrestia coi compagni, terminate le funzioni: sembrava dovesse ruinare chiesa e sagrestia e convento».
Un altro testimoniò: “Ricordo che terminata la funzione, fui sorpreso di dare il rituale abbraccio a un giovane che aveva il volto segnato dalle lacrime!».
Far parte dell’Ordine domenicano, essere per sempre figlio di San Domenico, confratello di San Tommaso e di Santa Caterina da Siena e di uno stuolo immenso di Santi e di Sante è stata una grazia così grande che meritava ben quelle lacrime.
Padre Enrico Ibertis, che fu poi provinciale dei domenicani, disse di lui: “Frate, Pier Giorgio pensava, pregava, sperava da frate. Conosceva perfettamente la regola del Terz’Ordine, era assiduo all’adunanza mensile, al santo Rosario, recitava quotidianamente il Piccolo Ufficio Madonna, glorioso di portarlo sempre nel taschino. “Che fai, Pier Giorgio?”, gli fu chiesto un giorno, viaggiando in tram. ‘Recito l’Ufficio”, rispose sorridendo”.
Disse anche che tra Pier Giorgio e un frate domenicano passava solo questa differenza: il primo stava nel mondo, il secondo in convento. Ma per il resto (spiritualità, vita di preghiera, ardore apostolico) erano identici.
Pier Giorgio era un domenicano perfetto.
4. È ben nota la lettera che Pier Giorgio Frassati inviò ad un amico che gli aveva manifestato la volontà di farsi terziario domenicano.
In questa lettera si dichiara “figlio di San Domenico”.
Ma ecco le sue parole: “Sono contentissimo che tu voglia far parte della grande famiglia di San Domenico, dove come dice Dante, «ben s’impingua se non si vaneggia». Gli obblighi sono piccolissimi, altrimenti dovresti capire che io non potrei appartenere ad un Ordine che obbligasse molto.
Quando il Santo istituì il Terz’Ordine lo istituì come una milizia per combattere contro gli eretici; allora avevano delle regole molto severe – seguiva quasi l’antica regola del Primo Ordine -, ma ora stata trasformata, non v’è più rimasta traccia di obblighi severi. Bisognerebbe recitare ogni giorno l’Ufficio Domenicano della Madonna oppure il Rosario, ma anche questo senza commettere alcun peccato mortale se deliberatamente tu un giorno o parecchi giorni lo tralasciassi di recitare.
Spero che tu faccia la vestizione nel magnifico tempio di Torino ed allora sarò vicino a te per darti l’abbraccio fraterno: poiché tu, che già sei a me legato dai vincoli della fratellanza per il sangue di nostro Signore Gesù, lo sarai doppiamente anche per avere comune con me per padre san Domenico.
Mi piacerebbe molto che tu assumessi il nome di fra Girolamo, non perché è il nome che io ho come figlio di San Domenico, ma perché mi ricorda una figura a me cara e certamente anche a te, che hai comune a me gli stessi sentimenti contro i corrotti costumi: la figura di Girolamo Savonarola, di cui io indegnamente porto il nome. Ammiratore fervente di questo frate, morto da santo sul patibolo, ho voluto nel farmi terziario prenderlo come modello, ma purtroppo sono ben lungi da imitarlo. Pensaci e poi scrivimi le tue idee in proposito.
Ti ringrazio, anche a nome dei miei, delle buone parole, che in questi momenti giungono così gradite, specialmente quando vengono non solo pensate ma sentite col cuore, che come il tuo sento vicino a me in queste ore. Ossequi ai tuoi e a te mille cose in Cristo Gesù. Fra Girolamo”.
5. Chissà quante volte Pier Giorgio avrà ringraziato il Signore per la grazia di essere stato domenicano.
Di certo questo sentimento non gli è venuto meno in cielo.
E c’è da essere persuasi che in questo centenario del suo ingresso nell’Ordine domenicano otterrà per molti giovani in molte parti del mondo la medesima inestimabile grazia.
fr. Angelo Bellon, o.p.