Questo articolo è disponibile anche in: Italiano Inglese Portoghese

Quesito

Caro Padre Angelo 
Riconoscente del vostro lavoro e con stima per l’ordine domenicano rivolgo a lei un quesito.
La legittima difesa dal Catechismo della Chiesa Cattolica è ritenuta lecita, a patto che non superi l’offesa (CCC 2263).
Tuttavia il Catechismo afferma anche che essa può diventare “un grave dovere” a tal punto che l’omicidio può essere legittimato, nel caso in cui la propria vita sia in pericolo: “È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio” (CCC 2264).
Detto ciò dunque la Chiesa ha ritenuto anche la guerra una questione lecita, nel caso di difesa, e tale atteggiamento, a patto che ci siano motivi convalidati, è conforme alla morale naturale.
Tuttavia mi chiedo allora perché Giovanni Paolo II non ha attribuito anche all’aborto terapeutico tale principio (Cf. Evangelium vitae, n. 58)
Nel caso in cui la madre è in pericolo di vita (molto raro) e deve scegliere (ipoteticamente) tra la sua vita o quella del bambino, non sarebbe legittima difesa la soppressione della vita in questione per preservare quella propria? Caro Padre Angelo 
Riconoscente del vostro lavoro e con stima per l’ordine domenicano rivolgo a lei un quesito.
La legittima difesa dal Catechismo della Chiesa Cattolica è ritenuta lecita, a patto che non superi l’offesa (CCC 2263).
Tuttavia il Catechismo afferma anche che essa può diventare “un grave dovere” a tal punto che l’omicidio può essere legittimato, nel caso in cui la propria vita sia in pericolo: “È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio” (CCC 2264).
Detto ciò dunque la Chiesa ha ritenuto anche la guerra una questione lecita, nel caso di difesa, e tale atteggiamento, a patto che ci siano motivi convalidati, è conforme alla morale naturale.
Tuttavia mi chiedo allora perché Giovanni Paolo II non ha attribuito anche all’aborto terapeutico tale principio (Cf. Evangelium vitae, n. 58)
Nel caso in cui la madre è in pericolo di vita (molto raro) e deve scegliere (ipoteticamente) tra la sua vita o quella del bambino, non sarebbe legittima difesa la soppressione della vita in questione per preservare quella propria?
Posto che io, da cristiano, sono d’accordo con la legittima difesa (intesa dalla Chiesa) e con il diritto morale naturale alla vita, rispondo a tale domanda in questo modo (mi dica se sbaglio): 
La Chiesa intende la legittima difesa lecita, anche nell’omicidio, nel momento in cui è esercitata nei confronti di colui che sta aggredendo, ma non può essere ritenuta lecita nei confronti di chi non ti sta aggredendo direttamente (infatti non è la volontà del bambino ma il suo corpo a star provocando la morte della madre), pertanto la legittima difesa rimane valida ma solo esercitata nei confronti dell’azione diretta del colpevole, in grado di intendere e di volere (quindi uccidere per legittima difesa un bambino nel grembo o un handicappato violento è illecito).
Mi dica, sbaglio a rispondere così?


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. anch’io apprezzo il tuo desiderio di ricerca. 
È vero che la Chiesa riconosce il diritto e anche il dovere della legittima difesa.

2. Ma l’espressione da te usata: “la legittima difesa può diventare un grave dovere al punto che l’omicidio può essere legittimato” non è corretta.
L’omicidio è un male e in quanto tale non può mai essere legittimato o essere compiuto.

3. Ora, per precisare bene la questione, la legittima difesa non mira alla soppressione dell’aggressore, ma alla difesa di se stessi.
Se poi, perdurante l’aggressione, ne segue la morte dell’aggressore va ribadito che l’obiettivo dell’azione non era la morte dell’aggressore ma la difesa di se stessi.
La morte dell’aggressore non è l’obiettivo dell’azione della legittima difesa, ma la conseguenza di un’azione lecita e doverosa.
Tant’è che anche le forze dell’ordine nel tentativo di fermare l’aggressore non hanno l’obiettivo di ucciderlo, ma di intimidirlo, di impedirne l’azione, di vanificare gli effetti dell’aggressione.
Purtroppo tra gli effetti della vanificazione dell’aggressione potrebbe succedere che l’aggressore muoia, ma questa morte, si potrebbe dire, l’ha voluta lui attenuando ad esporsi, non colui che si è difeso.

4. In una seconda domanda chiedi come mai Giovanni Paolo II non abbia giustificato l’aborto terapeutico.
Ebbene, va detto chiaro che nel caso dell’aborto terapeutico non si può assolutamente invocare il principio della legittima difesa per tre motivi:
Primo, il bambino non ha alcuna intenzione di recare danno alla madre;
Secondo, perché non si trova nell’utero della madre per volontà propria;
Perso, perché non ha alcun interesse a danneggiare la salute della madre, anzi, potendolo, avrebbe ogni interesse a salvaguardarla, perché da essa dipende il suo personale futuro.

5. Pertanto nel caso in cui si obietta: “o salviamo la madre, o salviamo il bambino” si deve rispondere: il nostro obiettivo è quello di salvare tutte e due. Non possiamo decidere chi sopprimere perché nessuno di noi è padrone della vita di un altro.

6. Con questo viene meno anche la domanda finale che hai fatto. 
Non si può dire che è solo il corpo del bambino ad aggredire la madre perché quel corpo l’ha messo lì sua madre.
Dal momento del concepimento, la madre si mette a servizio del bambino.
La volontà della madre, anche nei momenti di difficoltà, deve esprimersi tanto a favore della propria vita quanto a favore della vita del figlio, sul quale non alcun potere circa la sua esistenza.

Ti benedico e ti ricordo nella preghiera,
padre Angelo