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Quesito

Carissimo padre Angelo, 
anzitutto le porgo i miei più cari auguri di una Santa Pasqua! 
Le scrivo in merito ad un fatto accadutomi nell’accostarmi al Sacramento della Penitenza. Fatta l’accusa dei miei peccati, il sacerdote ha recitato la formula di assoluzione ma in questo modo: “Io ti assolvo dai tuoi peccati: Padre e Figlio e Spirito Santo”. In pratica non ha detto “nel nome del”.
Io non so se tale omissione è stata volontaria o no. Non posso dirlo.  L’unica cosa è che mi è sembrato avesse fretta. Uscito dal confessionale mi sono inginocchiato dinanzi al tabernacolo con il dubbio sulla validità dell’assoluzione ricevuta. Avendo  confessato dei peccati gravi, ho ritenuto opportuno ripetere la confessione. Mi trovavo in cattedrale e non è stato difficile trovare un altro sacerdote disponibile in confessionale. 
Le chiedo un parere su quanto mi è accaduto. Il mio comportamento ha forse banalizzato il Sacramento della Penitenza? Come ci si deve comportare in casi di questo genere?
La ringrazio ancora una volta per il prezioso servizio che svolge attraverso il blog Amici Domenicani. Le chiedo di pregare per me e per il mio cammino di discernimento vocazionale. 
Il Signore Gesù, morto e risorto per la nostra redenzione, la benedica e custodisca sempre.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. nel Rituale della celebrazione del Sacramento della Penitenza, al numero 19, si leggono le seguenti parole: “Formula della assoluzione.
Dopo la preghiera del penitente, il sacerdote, tenendo stese le mani, o almeno la mano destra, sul capo del penitente stesso, pronunzia la formula dell’assoluzio­ne, nella quale sono essenziali le parole: Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Le parole essenziali dell’assoluzione non sono mutate rispetto al rito precedente, ad eccezione dell’Amen che adesso non è più previsto.

2. Il grande teologo moralista Dominicus Prümmer, dell’Ordine dei predicatori (domenicani), commenta: “Tutti ritengono che certamente è valida la formula: io ti assolvo dai tuoi peccati, perché con la parola assolvo vengono sufficientemente espressi il ministro e la sua azione, il soggetto con la parola ti e la materia con le parole dai tuoi peccati.
Anzi è probabile che siano valide le sole parole ti assolvo o ti assolvo dai peccati.
Non è lecito però in nessun modo proferire solo queste parole perché non c’è un motivo ragionevole perché si usi una formula solo probabilmente valida” (Manuale theologiae moralis, III, 328).

3. Per quanto dunque le parole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo vadano dette perché così impone che il Rituale, tuttavia la loro omissione non invalida il sacramento.
Sono parole essenziali tra quelle che obbligatoriamente si devono dire, ma non sono essenziali come le altre.
Si potrebbe dire che sono essenziali per l’integrità della formula sacramentale, ma non per la sua validità.

4. L’indicazione del Rituale di imporre le mani sul penitente, sebbene sia particolarmente significativa della grazia che viene infusa dall’alto e rimandi all’uso dei primi tempi della Chiesa, “non è obbligatoria né gravemente (sub gravi) né lievemente (sub levi)” (Ib.).

5. Venendo adesso alle parole usate dal sacerdote che ti ha confessato, va detto che senza dubbio la confessione era valida.
Non gli era lecito tuttavia cambiare le parole: nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo per dire semplicemente Padre Figlio e Spirito Santo.
Nel nome significa con l’autorità e con la potenza che viene dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito Santo.
Mentre dire semplicemente Padre, Figlio e Spirito Santo sembra un’invocazione del nome di Dio o una benedizione.

6. Pertanto non hai fatto bene a ripetere la confessione con un altro sacerdote, tanto più senza dire che ti eri confessato due minuti prima. Perché se tu l’avessi detto, il sacerdote non vi avrebbe assolto, garantendoti della validità della assoluzione ricevuta.
Inoltre ripetendo la confessione a così breve distanza di tempo ti sarà stato difficile ravvivare la contrizione che dei tre elementi obbligatori da parte del penitente (contrizione, accusa, soddisfazione) è l’elemento principale e indispensabile.
Poiché hai ripetuto la confessione in buona fede, non hai commesso peccato.

7. Molto volentieri ti assicuro la mia preghiera, soprattutto perché stai facendo discernimento vocazionale.
Se c’è la chiamata (come mi auguro), il Signore diriga decisamente i tuoi passi verso il sacerdozio e verso la forma più conveniente alle necessità della Chiesa e secondo le inclinazioni che Egli stesso ti ha dato e le forme che maggiormente ti attraggono.

Ti benedico e ti auguro ogni bene,
padre Angelo