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Quesito
Caro Padre.
mi chiamo E., sono russo, e anticipatamente Le chiedo scusa per gli sbagli.
Ho una domanda, che mi preoccupa molto, e già da parecchi anni non riesco a trovare la risposta.
Perché la Chiesa Cattolica sia orientale sia latina, fondandosi sulla tradizione e sull’ordine dei sacramenti, non permette di ricevere il sacramento del matrimonio ad uno al quale è stato conferito l’ordine Sacro?
Poi, perché il matrimonio celebrato da un sacerdote è valido, ma non è lecito?
Come funziona la tradizione nei casi, quando la Chiesa permette di tornare al servizio sacerdotale, ai sacerdoti che hanno ricevuto la riduzione allo stato laicale e contratto matrimonio?
Grazie mille, Padre, sono le domande personali e servono per la mia riflessione interna.
In Domino
E.
Risposta del sacerdote
Caro E.,
1. alla prima domanda rispondo facendo riferimento a quanto dice San Paolo: “Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare” (1 Tm 3,2).
Ciò vuol dire secondo l’interpretazione comune dei Padri che non è passato a seconde nozze.
2. La ragione di questa proibizione va cercata nel fatto che le seconde nozze, benché permesse, erano considerate indizio di incontinenza e molto più non rappresentavano bene l’unione di Gesù Cristo con la Chiesa, che è l’unione di un unico sposo con una sola sposa.
Dice altrove San Paolo: “Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta” (2 Cor 11,2).
È qui che si trova la risposta al quesito: il sacerdote è uno sposo, immagine viva di Cristo unico sposo della Chiesa.
Perché dunque per un prete sposarsi se è già sposato?
3. Il vescovo qui è un nome collettivo e indica sia i vescovi propriamente detti sia i presbiteri.
Poiché il vescovo rappresenta Gesù Cristo non può far ciò convenientemente qualora avesse avuto due mogli.
4. Questa norma vale anche per i diaconi: “I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie” (1 Tm 3,12).
5. Venendo alla seconda domanda mi chiedi in che senso se un prete si sposa, si sposa validamente ma non lecitamente.
A dire il vero si sposa invalidamente.
Infatti il Codice di diritto canonico dice: “Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono costituti negli ordini sacri” (CJC 1087).
6. Nella terza domanda chiedi come si esprime la tradizione della Chiesa nel consentire di riprendere il servizio sacerdotale ad uno che è stato ridotto allo stato laicale.
Premetto che non conosco le regole precise che la Chiesa segue in questi casi.
Ma alla luce di quanto ho avuto occasione di vedere mi pare di poter dire che la prima condizione è che al momento sia celibe, e cioè non abbia moglie.
In secondo luogo che sia libero nei confronti degli eventuali figli, e cioè che non debba provvedere alle loro necessità perché ormai autonomi.
In terzo luogo che dimostri serietà di vita e capace di essere fedele al ministero che riprende perché la precedente riduzione allo stato laicale ha mostrato l’infedeltà al ministero assunto, mentre San Paolo dice: “Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele” (1 Cor 4,2).
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo